Quel Jacopo Dondi che consegnò al mondo l’orologio

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Foto Abbag, CC 4.0 sa by

Poche invenzioni possono dire di aver cambiato davvero il volto del mondo, ma una di queste è sicuramente l’orologio. O ancora meglio, un orologio che sia veramente preciso, in grado di segnare lo scorrere del tempo con un margine di errore molto basso.

Si può infatti dire che la modernità entro cui viviamo – in cui il tempo è misurato da sofisticati orologi atomici che sgarrano di circa 1 secondo ogni 4,5 miliardi di anni – non sarebbe stata possibile se qualcuno non avesse concepito e costruito uno strumento in grado di misurare con precisione il tempo.

Questo qualcuno si chiama Jacopo Dondi, al cui nome da secoli si lega l’appellativo “dall’Orologio”, tanto sono universalmente noti i suoi meriti in questo delicato aspetto della tecnologia. E il luogo in cui Dondi espletò il suo genio è Chioggia, città identitaria. Non per caso, ma per via di Dondi, nella torre campanaria della chiesa di Sant’Andrea, su corso del Popolo, la via principale della città vecchia, è conservato quello che con ogni probabilità è l’orologio più antico del mondo. Batte infatti le ore, e come vedremo non solo quelle, dal lontano anno del Signore 1386. Neppure Venezia, nella cui orbita per secoli Chioggia ha gravitato, pur cercando sempre con orgoglio di ritagliarsi una propria identità, possiede un orologio tanto pregiato e tanto antico.

Nato probabilmente a Bologna intorno all’anno 1293,ma molti attribuiscono la sua nascita a Chioggia, da un padre medico, a soli vent’anni Jacopo Dondi era diventato lui stesso medico, con l’incarico ufficiale di occuparsi della salute della ricca città lagunare. Compito tutt’altro che semplice, se si considera che la sua epoca fu quella in cui la città fu raggiunta dalla terribile Peste Nera, che qui come altrove uccise circa metà della popolazione. Dondi doveva essere un buon medico: i suoi trattati sulla salute e la farmacopea sono rimasti in uso fino al 1600.

Ma per quale ragione l’inventore dell’orologio fu un medico? Bisogna considerare che ai tempi di Jacopo la cura della salute non era disgiunta dallo studio dell’astrologia, in quanto vigeva la convinzione che lo stato del corpo, i suoi equilibri e disequilibri, fossero legati e influenzati da quello che avveniva in cielo tra pianeti ed astri. Senza contare che nessuna attività veramente importante, dai matrimoni ai viaggi, dagli affari alla costruzione di un importante edificio, poteva essere intrapresa senza consultare l’oroscopo.

Per rendere utile un’oroscopo, infatti, era, ed è, fondamentale conoscere l’ora esatta. Fu dunque l’esigenza di conoscere la posizione nel cielo stellato dei cinque pianeti allora conosciuti a spingere Jacopo a costruire un orologio degno di questo nome.

Jacopo sapeva che l’unico modo per conoscere l’ora esatta era appellarsi alla ciclicità dei fenomeni naturali. In questo lo aveva messo sulla giusta strada la sua conoscenza delle maree, che sono un fenomeno ciclico, e che hanno un’influenza tutt’altro che banale nella vita di una città lagunare come Chioggia. Alle maree, tra l’altro, Jacopo aveva dedicato uno dei suoi trattati, il De fluxu et refluxu mari, in cui aveva correttamente evidenziato che il fenomeno dipendeva soprattutto dalla posizione reciproca del Sole e della Luna. Una teoria che avrebbe trovato conferma, e sistematizzazione matematica, soltanto tre secoli dopo, ai tempi di Newton, il padre della fisica moderna.

Ma le maree, per quanto cicliche, non sono abbastanza regolari. A essere impeccabilmente regolari sono invece i moti celesti, dalla corsa del Sole intorno alla Terra (all’epoca vigeva il sistema tolemaico) alla rotazione dei pianeti e del firmamento.

Ma a meno di fermarsi continuamente a scrutare il cielo e a fare calcoli complicati, era necessario costruire una macchina, fatta di ingranaggi e ruote dentate, che fosse sincronizzata sulla regolarità dei movimenti astrali. A quel punto sarebbe stato sufficiente mantenere bene in funzione la macchina, e i suoi quadranti ci avrebbero fornito in continuazione tutte le informazioni che ci servivano. Tra cui anche le ore, che noi consideriamo l’unica informazione che ci aspettiamo da un orologio.

Ai tempi di Jacopo esistevano già orologi meccanici rudimentali, in genere azionati ad acqua, ma oltre ad essere poco pratici e scarsamente precisi, erano soggetti al cattivo tempo. Quando ad esempio la temperatura scendeva, e l’acqua si ghiacciava, smettevano semplicemente di funzionare, esattamente come le antiche meridiane smettevano di fare il loro lavoro se la luce del sole veniva velata dalle nuvole.

Nel 1355 Jacopo installò un orologio interamente meccanico sulla torre principale della reggia dei Carraresi, a Padova, che oggi non esiste più. Al suo interno un ingegnoso meccanismo convertiva l’accelerazione di un peso in una oscillazione costante. Questo lo rendeva estremamente efficace e preciso, senza contare che una macchina come questa poteva essere collegata alle campane, cosa impossibile con gli orologi ad acqua. Con la sua invenzione, Jacopo apriva a un mondo nuovo, quello in cui le comunità facevano riferimento per la loro vita quotidiana al loro orologio. Di cui peraltro andavano fierissime.

Anche uno dei figli di Jacopo, Giovanni, fu un medico di grande prestigio, al punto di avere tra i suoi clienti nientemeno che Petrarca. Continuando gli studi del padre, Giovanni riuscì a realizzare l’Astrarium, un orologio astronomico che non si limitava a calcolare lo scorrere del tempo, indicare le festività, prevedere le eclissi e quindi a fornire dati accurati per gli oroscopi. Ma era anche un calcolatore analogico rudimentale.

È molto probabile che l’orologio oggi custodito nella torre campanaria di Chioggia sia stato costruito da Giovanni. Ma non c’è alcun dubbio che sia merito di Jacopo e di Giovanni aver creato una cultura dell’orologeria, facendo della Chioggia di allora una vera calamita per gli innovatori in campo meccanico, e dando al mondo una meravigliosa invenzione.

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