Laura Curtale: “Racconto Corrado Alvaro e quei viaggi con la Magnani e Pirandello”

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Saggista, poetessa, filologa, ma prima di tutto innamorata della scrittura: Laura Curtale è una delle penne più sofisticate che, con grande cura dei dettagli, nei suoi romanzi racconta sempre qualcosa di estremamente storico. Questa volta lo ha fatto con Corrado Alvaro – saggista nella memoria, un libro dedicato a uno dei più importanti giornalisti italiani, ingiustamente troppo spesso dimenticato. Soldato della Grande Guerra, firmatario del Manifesto antifascista di Croce, promotore della Repubblica al referendum 1946, Corrado Alvaro (scomparso nel ’56) è una figura fondamentale della nostra cultura. Ne abbiamo parlato con Laura Curtale.

Laura, la vita della tua famiglia si interseca con quella di Corrado Alvaro, giusto?

Proprio così, anzitutto per la parentela, perché il cugino di mio padre sposò la sorella più piccola di Corrado. E poi Corrado torna spesso nei ricordi di famiglia perché era molto legato a mio papà: lui, sottufficiale di Marina, era in affitto a Roma in via Borgognona e praticamente di fronte, in Piazza di Spagna, abitava Corrado Alvaro. Questi non aveva la patente e quindi capitava spesso che fosse proprio mio padre ad accompagnarlo, anche per eventi importanti, come per esempio quando nel 1951 vinse il Premio Strega (con Quasi una vita, ndr).

Come viene descritto da chi lo conobbe?

Persona leale, intelligente, profondamente legata agli affetti che si rispecchiavano nelle persone come nei luoghi. Non aveva mai dimenticato la sua Calabria, che aveva lasciato nel ’41, dopo la morte di suo padre.

Cosa rappresenta Corrado Alvaro per la sua terra?

È una figura fondamentale, perché ha aiutato a farla conoscere nella sua bellezza umana oltre che morale. Lui era di San Luca (provincia di Reggio Calabria, ndr), un paese difficile purtroppo e anche in questi giorni commissariato per i problemi derivanti dalla ‘ndrangheta. Corrado Alvaro seppe raccontare la società nella sua verità, ma sempre con l’ottimismo chi crede nelle potenzialità di ciascuno, a prescindere dal ceto sociale di provenienza. La povertà e la miseria, anche nei suoi saggi e romanzi, diventano quasi dei punti di forza morali in una Calabria che si esprimeva come una piccola comunità, dove le famiglie si aiutavano vicendevolmente.

Giornalista elzevirista, saggista, romanziere: come va ricordato?

Tutti e tre i ruoli gli appartengono: i suoi saggi sono piccoli meravigliosi romanzi e, infatti, scriveva appunto anche sulla Terza pagina dei quotidiani più importanti d’Italia, tra cui il Corriere della Sera. Il suo è un giornalismo colto, in cui si trova sempre l’anima del romanziere, poeta e drammaturgo. È  completo, perché si occupò anche di cinema neorealista, di arte: era molto amico di Anna Magnani, dei pittori Guttuso e De Chirico, con cui frequentava molti salotti letterari. Quei salotti che Corrado fu uno dei pochi a frequentare coraggiosamente anche durante il periodo fascista con l’obiettivo ben chiaro di continuare a essere ciò che rappresenta ancora oggi: un indagatore dell’animo umano.

Parli di lui al presente.

Sì, perché è un Maestro che ha ancora molto da insegnare al mondo di oggi. Parliamo di un giornalista molto contemporaneo, una penna eccezionale che già nei suoi saggi profetizzava la società di oggi, fatta di una volgarità entrata in tutte le mode. Raccontava prima di tutti gli altri ciò che sarebbe accaduto con il consumismo frenetico degli anni ’80. Ne parlava rivolgendosi sempre ai giovani. Nei suoi scritti Alvaro si dimostra preoccupato per il futuro dei ragazzi, tartassati da mass media e educatori che in realtà non si rivelano tali. Non solo, è pioniere anche in quanto mitteleuropeo più di ogni altro giornalista già a fine anni ’20: basti pensare ai tantissimi viaggi che lo vedono protagonista tra Russia, Germania e Turchia.

Cosa ti affascina di più della sua scrittura?

Mentre nei romanzi a volte appare triste e morboso a volte, nei saggi è assolutamente moderno e scorrevole per la sua ironia. Trovo straordinari alcuni racconti che fa, come quando scrive di un viaggio in macchina con Anna Magnani che, agitandosi alla guida, urla parolacce dal finestrino mentre lui le è di fianco impaurito. O quando racconta di Pirandello, anche lui senza patente e quindi costretto a girare con l’autista: un giorno erano in viaggio verso il mare di Ostia e rimproverarono l’autista perché troppo lento. Con l’ironia descrive aneddoti e intanto traccia personalità con tanta attenzione che, a fine racconto, è come se quei suoi amici li conoscesse anche il lettore.

Fu anche una figura importante per la Resistenza.

Certo, infatti la sua reazione all’arrivo del fascismo viene raccontata anche attraverso un documento rarissimo che sono riuscita a recuperare: si tratta di una lettera in cui Alvaro sottolineava: “Non mi sono mai sottomesso a nessuno, per carità!”.  Lui non fu certo quello partito dalla Calabria con la valigia di cartone, ma è partito comunque da solo all’avventura, facendosi conoscere in tutto il mondo e partecipando alla Resistenza francese contro Mussolini. Difese moglie e figli in tutti i modi, venendo picchiato per le sue idee. In questo libro si racconta anche qualcosa di storico che spesso non è specificato: il punto di vista dei giornalisti italiani costretti a tesserarsi al fascismo per non morire di fame.

Giornalista fondamentale che dovrebbe essere apprezzato da ogni colore politico e invece non lo ricorda mai nessuno. Scrivere un libro su Alvaro appare addirittura un’operazione coraggiosa.

Questo davvero è incredibile: mi sono domandata spesso se non circolasse qualche bestemmia su di lui per arrivare a dimenticarlo! Era traduttore, anche sceneggiatore perché collaborò alla scrittura di di Riso Amaro e ha portato in Argentina tantissime commedie e tragedie. Enzo Biagi lo riconosceva come un grande maestro, che ha fondato la cassa previdenza di giornalisti e scrittori italiani. Sosteneva economicamente anche tanti giovani scrittori, che incoraggiava a non mollare la loro passione. Però ho avuto una soddisfazione particolare con questo libro: un francese mi ha scritto di essere contento che così si parli finalmente di Corrado Alvaro. Ecco, lo capiscono all’estero ma noi facciamo fatica. Anche per questo ho voluto studiarne anzitutto la figura di saggista mitteleuropeo.

Possiamo definirla una biografia romanzata?

Precisamente: non mi definisco saggista o romanziera, perché quando si ama scrivere si può essere un po’ tutto. In questo caso il saggio si confonde col romanzo, con  un filo di giallo che racconta questa immensa figura.

Un lavoro che inizia da lontano.

Ho iniziato a studiarlo nel 1993, sapendo di voler scrivere prima o poi un libro su di lui: ho finito pochi mesi fa, mi sono dovuta concentrare sulla parte storica, che era la più difficile da recuperare. mancava la parte storica che era difficile.

Quando hai capito che scrivere sarebbe stata la tua vita?

Ho un poster gigantesco di quando avevo 3 anni e avevo in mano una penna e un taccuino. Ricordo che mio zio mi chiese cosa volessi fare e io risposi convinta: “Il critico letterario”. In me convivono un po’ la giornalista che indaga e un po’ la sociologa che si interroga su perché siano accadute certe cose. Ecco, anche in questo libro c’è tutta la mia sofferenza in questo senso.

La tua città identitaria?

Roma. Assolutamente e profondamente Roma. La parte più ludica della mia vita è senz’altro qui, quella un po’ più sofferta ma tanto amata resta la Calabria.

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