L’arte sacra non è morta. Lo dimostrano i tanti artisti figurativi che ancora vi ci cimentano e anche altri che ne reinterpretano i contenuti in chiave simbolica. Uno di questi è Ennio Bencini, nato nel 1942 a Forlì e che attualmente risiede in Brianza, a Bellusco, anche se le sue origini sono in realtà toscane: per questo è forte il suo legame con Montevarchi, dove ancora possiede la casa, e anche con Cortona, con cui non manca l’appuntamento ogni anno partecipando a mostre organizzate dal Circolo Gino Severini di Lilly Magi.
Bencini parte dal figurativo per poi approdare alla poetica che lo contraddistingue, l’Arte Tetrista, termine misterioso che ha a che vedere con la forza simbolica delle sue opere, dette “pittosculture”. Ci troviamo negli anni Settanta, quando l’autore comincia a trattare i temi biblici in modo particolare, iniziando a porre determinati elementi all’interno dei suoi lavori. Il primo ad apparire è l’ovulo, simbolo della nascita e della vita, che si specchia in un’altra sfera posta in alto, che è l’obiettivo al quale la vita umana ambisce: Dio. In un secondo tempo vengono inseriti elementi, come cancelli, tabernacoli, pietre, chiodi, spine, che di volta in volta racchiudono il concetto dell’opera, dove il Maestro, oltre a quelle spirituali, mostra le doti tecniche, riuscendo a creare lavori dall’armonia perfetta, con cromie e sabbie colorate usate con grande abilità. Ennio Bencini è capace di parlarci dell’Uomo e di Dio, lo fa da artista, ma anche da persona guidata e illuminata.