Paola Frassinetti: “L’educazione civica torni ad insegnare il rispetto per il prossimo”

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Parla la Frassinetti, Sottosegretario combattivo del Ministero dell’Istruzione e del Merito

Per il sottosegretario all’Istruzione onorevole Paola Frassinetti lo Stato può e deve fare di più per fermare la ”via crucis” della violenza che interessa in questi ultimi anni molte città italiane: non solo femminicidi e violenza contro le donne, ma anche il fenomeno preoccupante delle baby gang: occorre assolutamente prevenirne le azioni criminose. Fondamentale l’educazione civica nelle scuole, per insegnare non solo il valore della conoscenza ma anche il rispetto per gli altri.

Onorevole Frassinetti, lei è nata a Genova, vive da tempo a Milano e viaggia spesso a Roma. Ma qual è la sua città identitaria?

Sono tre città che amo per ragioni diverse. Genova rappresenta le mie radici, la terra dove sono nata, i miei nonni e la mia infanzia. Roma rappresenta il mio percorso politico nelle diverse fasi della mia militanza prima e dei miei ruoli istituzionali poi. La mia città identitaria è però Milano, dove mi sono trasferita con la famiglia a 4 anni. Lì ho frequentato scuole e università, ho incontrato gli amici più cari e ho iniziato fin da ragazzina la mia attività politica nel Liceo. Dal vento e dal mare di Genova mi sono subito abituata ai nebbioni padani.

Il 5 aprile ha presentato in Senato la conferenza stampa nella quale Unione Nazionale Vittime ha riproposto la Mostra Itinerante “Sui passi della violenza”. Come donna e come politico cosa pensa del progetto?

Penso che sia una mostra di grande impatto per riflettere sulla violenza in tutte le sue forme: dal bullismo alla violenza di genere finanche alle stragi, come nel caso del Ponte Morandi o del Tribunale di Milano. Una violenza che colpisce nel profondo ogni persona sensibile, non solo chi ha vissuto direttamente l’avvenimento, ma pure chi ha il coraggio di ascoltare, riflettere e immergersi nel dolore senza voltarsi dall’altra parte.

Siamo nel periodo di Pasqua. Anche i quadri della mostra parlano di un Via Crucis, quella delle vittime. Spesso, infatti, chi rimane vive un vero e proprio percorso di dolore tra lunghe attese giudiziarie e stress psicologico. Lo Stato dovrebbe e potrebbe fare di più?

La Via Crucis di nostro Signore è sofferenza prolungata, è un percorso lungo e tortuoso che porta alla Croce. Senza voler fare paragoni irriverenti molto spesso le donne subiscono violenze reiterate nel tempo che sono per loro delle vere e proprie Vie Crucis. Lo Stato potrebbe certamente fare di più prevenendo delle violenze e delle morti troppo spesso annunciate. Questo è il problema, bisogna poter intervenire con tempestività mettendo la salvezza della vittima davanti a tutto.

A marzo ha partecipato ad un incontro con i ragazzi dell’Istituto Nautico di Genova con cui si sono affrontati i temi caldi del bullismo e cyber bullismo, oltre che della violenza in generale, partendo proprio da alcuni di questi quadri. Che ruolo hanno l’educazione civica e la realizzazione di progetti attivi nella scuola che lei immagina ed andrà a forgiare?

L’educazione civica ha un ruolo fondamentale e deve servire soprattutto ad insegnare il rispetto per l’altro da sé. Troppo spesso la famiglia non è capace di trasmettere questi valori e la scuola in quei casi diventa l’unico luogo dove è possibile riflettere su queste cose. L’educazione Civica serve ad insegnare i principi costituzionali, la forma dello Stato, il valore dell’ambiente ma soprattutto il rispetto per gli esseri viventi e per le loro diversità.

Quale Sottosegretario all’istruzione, cosa vede nel futuro dei ragazzi e cosa pensa possa fare lo Stato per migliorarne la formazione?

Per migliorare il futuro dei ragazzi ci vuole una scuola dove non ci sia più livellamento verso il basso e dove i capaci e meritevoli senza possibilità economiche possano affermarsi con facilità. Una scuola dove l’insegnante sia rispettato nella sua autorevolezza dagli studenti e dalle loro famiglie. Una scuola dove la trasmissione delle conoscenze torni ad essere prioritaria.

Le baby gang sono un problema sempre più preminente in diverse città italiane, da Genova a Milano crescono i casi e spesso le amministrazioni locali si trovano a gestire veri e propri moti di violenza collettiva che coinvolgono giovani di diversi gruppi e i cittadini che si trovano sul loro percorso. Strade e stazioni, zone specifiche delle città diventano loro territorio e le persone si vedono limitare spostamenti in orari serali, ma anche durante il giorno. Come affrontare il problema? Quanto incide l’arrivo di minori non accompagnati in questo panorama?

Le baby gang stanno diventando uno dei maggiori problemi di ordine pubblico soprattutto nelle grandi città. Solitamente sono formate da stranieri, per lo più sudamericani con una forte dose di violenza innata favorita dall’uso smodato di alcol. Risulta difficile, pertanto, individuare queste bande e prevenire le loro azioni criminose. L’arrivo di minori non accompagnati incide molto sulla pericolosità di queste bande. Per contrastare questo fenomeno ci vorrebbe maggiore capacità di prevenzione e uno studio meticoloso dei loro spostamenti e delle loro modalità di vita.

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