#boicottaRummo è questo l’hashtag lanciato dai social contro l’azienda beneventana. La pecca del pastificio? Aver aperto le porte al leader della Lega Matteo Salvini. Una visita che lo stesso vicepresidente del Consiglio ha riportato sui suoi profili social. Gli utenti, indignati, hanno contestato all’azienda di avere dato spazio “promozionale” al ministro delle Infrastrutture e Trasporti che, per di più, in passato, non aveva adottato una condotta amorevole verso il Mezzogiorno.
Una reazione che ha sconvolto Cosimo Rummo, patron dell’azienda, che ha così commentato l’accanimento del web: «È una vicenda che si commenta da sola e voglio chiuderla qua. Non sono abituato a chiedere la tessera di partito a nessuno quando entra a casa mia. Le aziende hanno un valore sociale e la mia impresa lavora in tutto il mondo», aggiungendo «Non ho nulla da aggiungere e da temere perché le persone capiscono benissimo e continueranno a comprare la nostra pasta».
Un panificio che, ahimè, non si è fatto mancare momenti drammatici come l’alluvione che, nel 2015, aveva colpito il panificio. Una vicenda che aveva messo in ginocchio l’azienda ma non la solidarietà popolare che, infatti, con tanto di petizione su change.org si era mobilitata per spingere le scuole ad acquistare il prodotto del pastificio per far sì che l’impresa uscisse da quella situazione disastrata.
Ed è per questo motivo che Cosimo Rummo ha commentato con amarezza la furia social contro la sua azienda: «Ricordo con grande emozione il sostegno e l’affetto di migliaia di italiani, da Nord a Sud, che in quelle drammatiche ore, mentre spalavano il fango nei capannoni, sui social ci testimoniavano il loro affetto invitando tutti a ’salvare Pasta Rummo’».
Lo stesso Rummo che, nel 2017, aveva aperto le porte del suo stabilimento all’ allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, all’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando e alla ex segretaria della Cgil Susanna Camusso. Eppure, in quell’ occasione, non si mosse nessun hashtag al veleno. Un doppiopesismo che fa riflettere, e non poco, sul senso di democrazia di una certa sinistra.
Ma c’è anche chi ha abbracciato una politica intellettualmente onesta come Nicola Caputo, assessore dem all’agricoltura nella giunta regionale guidata da Vincenzo De Luca, che ha pubblicato la foto di una sua passata visita nello stabilimento: “La pasta unisce, non ha colore politico”. Purtroppo, non è così, visto che più di una volta la pasta, uno dei prodotti d’eccellenza dell’arte culinaria italiana, è stata oggetto di veri e propri dibattiti politici.
Basti pensare a quanto successo nel 2021 a La Molisana di Campobasso, finita nel linciaggio mediatico per i nomi dati ad alcuni formati e la descrizione fatta (poi cancellata) sul sito dell’azienda e sui canali social. “Negli anni Trenta l’Italia celebra la stagione del colonialismo con nuovi formati di pasta: Tripoline, Bengasine, Assabesi e Abissine” – aveva scritto l’azienda, che, in seguito, per via delle polemiche degli antifascisti da tastiera, aveva fatto marcia indietro scusandosi con un messaggio riportato su Facebook. “Ci scusiamo per il riferimento riguardante i formati di pasta Abissine rigate e Tripoline che hanno rievocato, in maniera inaccettabile, una pagina drammatica della nostra storia. Cancellare l’errore non è possibile, ci stiamo impegnando a revisionare i nomi e i contenuti dei formati in questione, attingendo alla loro forma naturale”.
Ma andiamo al 2013, quando Guido Barilla non osò chinare la testa all’ideologia arcobaleno. “Non faremo pubblicità con omosessuali perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri”, è così che l’imprenditore aveva risposto ai microfoni di Radio24 alla domanda sul perché l’azienda non avesse mai fatto spot con protagonisti omosessuali.
Affermazione che aveva inevitabilmente scatenato #boicottabarilla. E che si è conclusa poco tempo dopo con la capitolazione della nota marca di pasta, passata armi e bagagli in campo arcobaleno, fra pubblicità woke tanto di ballon d’essai filo-farina di insetti qualche tempo fa.