Hanno chiesto alla giuria di dimettersi, agli invitati di disertare il premio, al pubblico di non partecipare. Il nome di “Almerigo Grilz” proprio non è piaciuto a qualcuno, per il suo passato di militanza nel MSI. Ma nonostante queste polemiche, lunedì 6 maggio, nella sede della Regione FVG si è tenuta con successo la presentazione del Premio Giornalistico Almerigo Grilz rivolto ai giornalisti under 40. Un evento caratterizzato da un riconoscimento altrettanto importante in quanto è stato assegnato il “Premio Speciale della Giuria destinato ai giornalisti over 40” a Franco Di Mare, inviato di guerra nell’ex Jugoslavia. Un premio più che meritato visto che Di Mare, come ha recentemente dichiarato, essendo stato esposto all’amianto mentre si trovava in quei luoghi ha ora il mesotelioma. Una delle tante prove che confermano come il giornalismo sia passione e rischio. Una passione che porta ad armarsi di quel pizzico di follia che è la miccia della curiosità, dell’ambizione e dell’audacia, che portano l’inviato di guerra a sfidare la sorte a costo della stessa vita.
Proprio come si può riscontrare nelle parole dello stesso Almerigo Grilz nel descrivere il suo lavoro, in realtà una vera e propria missione: “Uno nel momento in cui si trova in quelle circostanze, in mezzo alla battaglia, pensa che non gli potrà mai succedere di essere colpito. Succederà ai soldati, ai guerriglieri che sono accanto a lui, ma tu che sei in mezzo, sei lì per riportare, per capire la situazione. Non partecipe della battaglia. Quindi non verrà colpito”.
Parole che, da un lato, sembravano lanciare un guanto di sfida alla morte e, dall’altro, un modo per esorcizzare la stessa. Uno scudo che Grilz sembrava essersi creato per difendersi dalla paura, dall’angoscia, dallo sconforto. Stati d’animo che la guerra fa vivere non solo a chi la combatte ma anche a chi la racconta.
Uno scudo che, sì, riuscì a difendere Almerigo da sentimenti più che umani, ma non bastò a salvarlo dalla barbarie umana che solo la guerra sa partorire. Infatti, il 19 maggio 1987, in Mozambico, nella provincia di Sofala, il giovane reporter fu colpito da un proiettile vagante, morendo sul colpo. Tutto questo mentre stava vivendo la sua “dannata e maledetta passione” armato di cinepresa, intento a documentare una violenta battaglia fra i miliziani anticomunisti della RENAMO e i fedeli al governo in carica della FRELIMO, di stampo marxista. Il corpo fu sepolto nei pressi del luogo dove fu ucciso a soli 34 anni.
Lo scopo del Premio in suo onore è proprio questo: ricordare il giornalista triestino, in quanto primo inviato di guerra italiano caduto su un campo di battaglia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Aspetto questo ricordato anche da Toni Capuozzo, a seguito delle critiche sollevate contro il Premio Giornalistico Almerigo Grilz, per via del colore politico di quest’ultimo. Infatti, prima di dedicarsi completamente al giornalismo di guerra, Grilz aveva alternato questa sua inarrestabile passione con quella della militanza politica.
Era stato un dirigente del movimento studentesco Fronte della Gioventù (FdG) e del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, nonché consigliere comunale a Trieste. Nel 1977 era diventato dapprima capo del FdG triestino, poi vicesegretario nazionale per volontà dell’allora segretario Gianfranco Fini. Ma, alla fine, lo spirito della militanza lasciò completamente il posto al furore giornalistico, portando Grilz a rinunciare alla politica e alla carica di consigliere comunale missino a Trieste per partire all’estero, rimanendo, per almeno dieci mesi, lontano dall’Italia.
Una vita breve ma intensa, dedicata completamente al giornalismo di guerra. Il suo modo di vivere questa passione sfrenata, con corrispondenze scritte unite dapprima foto e poi video, lo portò a diventare uno stimato fotoreporter freelance. Una fame sempre più affamata, che portò Grilz a fondare, nel 1983, l’agenzia giornalistica Albatross.
Un progetto a cui diede vita con Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, coi quali aveva condiviso la militanza nel Fronte della Gioventù. Con l’Albatross le qualità del giovane reporter presero completamente il volo. Infatti, l’agenzia produsse servizi (scritti, fotografati e filmati) da gran parte delle aree del mondo interessate da eventi bellici, di guerriglia o rivoluzionari. L’agenzia vendette vari servizi a grandi emittenti televisive internazionali. Mentre in Italia i reportage dell’agenzia vennero pubblicati sia su riviste specializzate, come Rivista italiana difesa, sia su periodici di larga tiratura come Panorama e furono anche mandati in onda dal TG1.
Una carriera giornalistica che però, ancora oggi, continua a passare in secondo piano per motivi politici al punto da far intervenire uno dei membri della giuria del Premio Giornalistico in onore di Grilz: “Io voglio intervenire su una questione che mi auguro resti del tutto secondaria. E sono le critiche forti, dure, fatte al premio Almerigo Grilz dall’associazione stampa del Friuli-Venezia Giulia. Critiche con l’invito ai giurati ad abbandonare la giuria, di non presenziare all’evento, ai cittadini di disertare le mostre e i dibattiti”, ha dichiarato Capuozzo,
Il giurato ha proseguito mettendo in chiaro la sua posizione antifascista dimostrata dal suo passato da militante e da tutta la sua carriera professionale. “Voglio dire che questo premio non è intitolato alla memoria di Almerigo Grilz militante, alle sue idee e alla sua ideologia. È un premio che non vuole nascondere – anche dissentendo da quelle idee, da quella militanza, da quella ideologia – la verità che è sotto gli occhi di tutti: È stato il primo giornalista italiano ucciso dal dopoguerra in poi sul fronte”.
Proprio “in nome di questo fatto, a lungo ignorato proprio in ragione delle sue idee politiche”, è nato “un premio dedicato ai giovani che intraprendendo il difficile mestiere di raccontare le guerre”, ha precisato.
Alla fine, Capuozzo, rivolgendosi ai colleghi dell’AssoStampa, ha voluto far chiarezza anche su quali siano, a suo avviso, le vere problematiche concernenti il giornalismo, soprattutto quello di guerra: “Io devo dire, e sono convinto, che per il giornalismo, oggi, il problema non sia tanto quello delle nostalgie neofasciste, quanto invece un pericolo molto più pervasivo. Ed è quello di un grande conformismo dell’informazione nel raccontare i conflitti da Medioriente all’Ucraina”.
Il giurato ha puntato il dito contro “un conformismo che spesso rasenta la propaganda, che spesso rasenta la ripetizione acritica dei comunicati della Farnesina o degli Stati maggiori delle Forze armate o delle posizione dei partiti di maggioranza e anche di opposizione”. Un conformismo che, a detta di Capuozzo, “rende difficile il racconto della guerre”, che, infatti, “dovrebbe essere senza impegnare le bandiere, con pietà nei confronti di tutti ma con spirito critico nei confronti di tutti quanti”.
Il giurato ha concluso rimarcando la sua onestà intellettuale, specificando, infatti, che: “il giorno in cui il premio Grilz diventasse un premio che premia i candidati in nome della loro appartenenza politica, in nome delle loro tessere, in nome del loro passato politico, in nome di elementi ideologici all’interno dei loro servizi, quello sarebbe il giorno in cui la giuria rassegnerebbe le dimissioni a cominciare da me stesso”.
Una giuria formata da giornalisti di notevole spessore, tra quali, oltre a Toni Capuozzo, comprende: Maurizio Belpietro, Fausto Biloslavo, Giovanna Botteri, Gian Marco Chiocci, Peter Gomez, Mauro Mazza, Gian Micalessin, Gabriele Micalizzi, Alessandro Sallusti, Francesco Semprini e Gabriella Simoni.
Il primo appuntamento del Premio Giornalistico Grilz, che si svolgerà tra Trieste e Milano, si aprirà, tralasciando le critiche inutili e polemiche sterili, oggi, 9 maggio, alle ore 12, presso l’Atrio della Camera di Commercio di Trieste con la mostra multimediale “GLI OCCHI DELLA GUERRA” concernente foto, video e testi di Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz.
Un montaggio di immagini recenti e non solo, in un continuum ideale con la passata “Gli Occhi della Guerra”, storica mostra con gran parte delle immagini realizzate da Almerigo nei suoi numerosi reportage, la cui essenza si può sintetizzare in queste parole:
«Ma gli occhi della guerra siamo anche noi, giornalisti, fotografi, cineoperatori fatalmente attratti da conflitti esotici, dimenticati o alle porte di casa. Talvolta non sappiamo starne lontani, perché reportage e guerre non sono più un mestiere, ma la nostra vita e la nostra dannata, maledetta passione».