Premio Dante Alighieri, vince Luigi Borgognoni

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Uomo senza volto, Olio su tela, 2021, 50x70 cm

Con Uomo senza volto Luigi Borgognoni (1960, vive e lavora a Milano) ha vinto il primo premio Dante Alighieri nell’ambito della quarta edizione del Festival di CulturaIdentità (Casale Monferrato, 2-4 luglio). Allievo di Carlo Franzini, il pittore “bohemien” milanese al quale Palazzo Reale dedicò un’antologica nel ’75, Borgognoni è pittore figurativo che esprime una corporeità ridotta all’essenziale: nei suoi soggetti l’identità è estrusa, mentre quel che emerge è quella sensazione di forza enfatizzata da vene e muscoli in tensione a difendere (o a nascondere?) un volto che in realtà c’è, perché noi esistiamo e  resistiamo.

Nei tuoi soggetti le mani sono spesso le protagoniste, mentre quel che normalmente contribuisce all’identità, come volto e occhi, scompare: perché?

La missione delle mie opere è quella di guidare lo spettatore in una profonda immedesimazione; per fare in modo che avvenga, evito di tracciare un perimetro troppo definito di ciò che si sta osservando. Un volto, con i suoi occhi, le sue espressioni e le emozioni che lascia inevitabilmente trasparire, metterebbe troppi paletti tra il messaggio che le mie opere vogliono trasmettere e chi le osserva. Le mani, al contrario, così come l’espressione corporea, permettono di approfondire le sensazioni e il significato che ognuno di noi può conferire a ciò che sta osservando

Possiamo allora dire che il corpo ci rivela molto di più di un volto?

Piuttosto direi che è un punto di vista diverso; i corpi che rappresento mostrano una bellezza idealizzata. Così facendo, ancora una volta offro la possibilità di trovare se stessi dentro le opere, indipendentemente dalla fisicità di ognuno di noi.

L’opera vincitrice del premio è Uomo senza volto:  perché questo contrasto fra un corpo muscolare e il gesto coprirsi il volto? O è forse una difesa prima dell’attacco?

Uomo senza Volto racconta molto di me. Il momento storico a cui si riferisce parla di un periodo delicato e particolare della mia vita. Parla di un percorso che ho fatto quando ero un culturista e affermato body builder. La corazza che ho costruito attorno a me mi ha riparato dalle avversità della vita che ho sempre dovuto affrontare. Posso dire che, a tutti gli effetti, è un autoritratto senza volto.

Nei tuoi lavori enfatizzi le vene, che sono il sintomo di uno sforzo, di un’energia, ma nello stesso tempo delinei  la corporeità e le anatomie ai minimi termini, perché?

Da ex culturista agonista ho sempre focalizzato la mia attenzione su ogni singolo dettaglio del corpo; la definizione di ogni muscolo con i giochi di luci e ombre, così come le vene in evidenza, fanno parte del mio vissuto. Ecco perché nelle mie opere è inevitabile per me curare ogni singolo dettaglio anatomico

Ma anche i relativi titoli sono molto significativi, spesso hanno anche un sottotitolo, spiegaci questo elemento “letterario”.

Sarò sincero: sono un appassionato di aforismi. Credo che conferiscano maggiore forza ad un titolo che già di per sé dice molto. Il titolo di un quadro è come il titolo di un libro: puoi deciderlo a priori, ma solo alla fine saprai se rappresenta appieno l’opera conclusa.

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