In occasione dei centosessant’anni dalla proclamazione del Regno d’Italia vogliamo ricordare i personaggi di Frosinone e della sua provincia che hanno partecipato al Risorgimento e che si trovano oggi raffigurati in un monumento di Frosinone intitolato al patriota Nicola Ricciotti. Come vedremo, si tratta di persone che si sono tutte impegnate nel “Fare l’Italia” sacrificando, nella maggior parte dei casi, la loro vita per questo scopo.
Il personaggio più importante, che dà il suo nome al monumento citato, è sicuramente Nicola Ricciotti il quale costituisce una figura di assoluto rilievo del Risorgimento. Basti pensare che Garibaldi, per onorare la sua memoria, ha chiamato Ricciotti uno dei suoi figli. Nel gruppo di statue del monumento la statua di Ricciotti è collocata in primo piano e raffigura il patriota incatenato che offre il suo petto, non ad un plotone di esecuzione, ma ai raggi del sole. La statua, infatti, guarda verso Oriente in modo da ricevere le prime luci dell’alba.
Ricciotti partecipò ai moti insurrezionali del 1821 e, fallita l’insurrezione, dovette fuggire a Pontecorvo, dove si era formato un governo provvisorio costituzionale. Combatté contro gli Austriaci, come Ufficiale dell’esercito napoletano di Guglielmo Pepe, e, dopo la sconfitta di quest’ultimo, si consegnò alla polizia pontificia. Fu condannato a morte, pena poi commutata nel carcere a vita da scontare nella Fortezza di Civita Castellana. Nel 1831, a seguito di un’amnistia. fu liberato e andò in esilio.
In esilio conobbe Mazzini e Garibaldi, partecipò ad altri moti e, nel 1833, aderì alla “Giovine Italia”. Successivamente combatté in Spagna contro i Carlisti, come Ufficiale dell’esercito di Navarra, ottenendo riconoscimenti ed onori. Nel 1844 partì, assieme ai fratelli Bandiera, per la spedizione delle Calabrie della quale rappresentò, di fatto, il vero Capo. Basti pensare che negli archivi del Regno borbonico si parlava della spedizione dei “Ricciottiani”. Fallita la spedizione, mori fucilato nel Vallone di Rovito, presso Cosenza. Fu colpito da una palla che lo centrò nella bocca lasciata aperta nell’atto di gridare: “Viva l’Italia !”.
Si può magari discutere del suo progetto politico e dell’inadeguata preparazione della spedizione, ma non si possono mettere in dubbio il suo coraggio e la generosità con cui ha lottato, fino alla fine, per la causa nazionale dell’indipendenza d’Italia.
Tra le altre statue, si nota una figura con un tamburo. Si tratta di Domenico Subiaco, di Ripi, che nel 1849, appena sedicenne, si arruolò tra i difensori della Repubblica Romana. Per la sua statura, non fu ritenuto adatto al combattimento, ma fu nominato tamburino. Partecipò alla battaglia del Gianicolo, durante la quale suonò l’allarme e la carica. Poi, al grido di “‘Viva l’Italia! Viva Roma!”, raccolse il fucile di un soldato caduto al suo fianco, spianandolo contro il nemico, ma fu colpito da una palla francese. E’ ricordato da una scalinata che si trova al Gianicolo, detta appunto la “Scalea del Tamburino”.
Le altre statue del monumento raffigurano :
Nino Stoppani e Domenico Dandini di Anagni, entrambi Garibaldini. Il secondo è caduto a Mentana e il suo nome viene ricordato su una lapide al Campidoglio.
Pietro Stermini: Ministro della Repubblica Romana.
Carlo Guglielmi, di Frosinone: Capitano di Stato Maggiore della Repubblica Romana, morì a Porta San Pancrazio a 27 anni.
Sisto Vinciguerra di Alatri: deputato alla stesura della Costituzione, fu tra i migliori e più ascoltati oratori della Repubblica Romana.
Francesco Arquati di Filettino: partecipò ai moti rivoluzionari del 1867 di Roma, durante i quali venne ucciso insieme alla moglie che era in attesa di un figlio.
Rocco Antonio Pacioni, di Pofi, che partecipò alla repubblica Romana e morì dopo 15 anni di carcere.
Nicola Marra, di Frosinone, partecipò alla difesa di Roma e di Venezia, e combatté alle guerre del 1866-67 e del 1870.
Domenico Diamanti, di Frosinone, esiliato dopo la Repubblica Romana.
L’ultimo personaggio, non certo in ordine di importanza, è Luigi Angeloni, le cui spoglie si trovano sepolte alla base del monumento, assieme alle spoglie di Ricciotti. Si tratta di una delle massime figure culturali e politiche italiane degli inizi dell’Ottocento. Fu, inizialmente, amico di Napoleone Bonaparte con cui però successivamente entrò in contrasto. Dopo la caduta di Napoleone si attivò, con successo, per ottenere la restituzione all’Italia delle opere d’arte trafugate. Morì in esilio a Londra nel 1842, lasciando un ultimo desiderio (realizzato nel 2012): che le sue spoglie mortali potessero un giorno essere accolte da quella terra che gli diede i natali. Oltre che politico di spessore fu anche un importante letterato. Infatti è l’autore di molti articoli di linguistica e di alcune opere di carattere politico in cui ha sostenuto la tesi, successivamente ripresa da Cattaneo e da Gioberti, della necessità di dar vita ad una confederazione italiana.
Questi sono gli eroi ciociari del Risorgimento che, oggi, si trovano raffigurati tutti insieme in uno stesso monumento e che, nel corso della loro vita, sono stati accomunati da unico sogno: quello dell’Indipendenza e dell’Unita d’Italia.
Un sogno che alla fine è diventato realtà, anche grazie al loro contributo di idee e di sangue.