Rocky, lo stallone italiano con il marchio vincente di Cannito

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È in scena fino al 9 febbraio, al Teatro Nazionale di Milano, “Rocky the musical” (produzione Fabrizio Di Fiore), tratto dall’omonimo film. Libretto di Thomass Meehan e Sylvester Stallone, traduzione e adattamento di Luciano Cannito. Durata 130 minuti più intervallo. Ecco la recensione.

IL CAST

Pierpaolo Pretelli, Giulia Ottonello, Robert Ediogu, Giancarlo Teodori, Matteo Micheli, Laura Di Mauro, Simone Pieroni, Francesco Paolo Verratti. Regia di Luciano Cannito, direzione musicale di Ivan Lazzara e Angelo Nigro.

IL TARGET

Per tutti

LA TRAMA

Rocky Balboa è un giovane pugile scapestrato che, per guadagnarsi da vivere, lavora come esattore per conto di un personaggio poco raccomandabile. Il ragazzo paga la sua vita dissoluta con l’impossibilità ad allenarsi costantemente con il preparatore Mickey, che volendo affiancare uno sportivo dedito soltanto alla boxe, consegna l’armadietto della palestra a un altro aspirante pugile. Eppure il nome di Rocky e soprattutto il titolo con cui si fa chiamare, “lo stallone italiano”, creano grande curiosità in Apollo Creed. Il campione di pesi massimi si è ormai sfidato con chiunque e, dopo aver battuto tutti, sta esaurendo le sue motivazioni per combattere: decide quindi di fare un incontro contro Rocky, che viene quindi richiamato in palestra da Mickey. Il talento della boxe percepisce un atteggiamento opportunistico da parte dell’allenatore, in cui però vede altresì un aiuto quasi paterno. A convincerlo a salire sul ring contro Apollo, c’è anche una spinta emotiva importante: l’amore. Rocky è infatti innamorato di Adriana, sorella del suo amico Paulie e commessa in un negozio di animali, dove il pugile va di tanto in tanto a comprare cibo per le due tartarughe con cui condivide la sua solitudine da single. Nascerà una storia appassionata, che diventerà in fondo il principale motore della leggendaria sfida tra Apollo e Rocky.

LA MORALE

A vincere, nello sport come nella vita, sono i valori. Arbitri esterni possono solo decretare risultati utili a chi ha bisogno di numeri, ma il vincitore morale viene determinato dalla passione e dall’impegno che ci mette, tutto il resto è mera apparenza. Rocky supera se stesso due volte: quando si sfida contro Apollo Creed in una gara che finirà solo ai punti dopo il quindicesimo round e quando scopre che esiste una vita autentica, senza cacciarsi nei guai. Lo aiuta l’amore per Adriana che, a sua volta, grazie a Rocky si accorgerà di quanto sia bello aprirsi al mondo.

IL COMMENTO

Nell’immaginario anche di chi non ha mai visto il film (c’è davvero qualcuno che abbia questa imperdonabile lacuna?), Rocky è un’icona per frasi e gesti divenuti memorabili: la corsa sulla scalinata, l’urlo d’amore dedicato ad Adriana, il tema principale della colonna sonora di Bill Conti (Gonna fly now) tanto potente quanto commovente. Luciano Cannito mantiene tutto questo, non tradendo le attese del pubblico che ha voglia di lasciarsi travolgere nuovamente dal pugile cinematografico più leggendario di sempre. Aggiunge, però, anche nuove canzoni in italiano che fanno esprimere al meglio il lato più umano di ogni singolo personaggio. Così la storia si concentra su tratti romantici oltre che sportivi, specie nel primo atto. La seconda parte è un climax di emozioni inesauribile, con la platea assolutamente coinvolta come parte integrante del ring. È lì che anche sul palcoscenico si vede una concreta fatica sul volto degli attori, più che mai calati nei loro ruoli. Nessuno aveva mai osato finora proporre Rocky in Italia, forse con un po’ di paura del confronto con la pellicola di Avildsen: lo ha fatto Cannito, che con intelligenza ha adattato il testo a un musical nuovo e originale, senza deludere gli appassionati del film. Vengono così sottolineati gli aspetti più morali di una storia che racconta davvero tanto, con un finale strepitosamente da applausi. E poi non dimentichiamolo, Rocky è per definizione lo stallone italiano: vedere lui come vero vincitore morale, sia un monito a non dimenticarci mai che se noi guardiamo spesso all’estero come un modello, ci sono stati momenti in cui sceneggiatori americani seppero riconoscere noi come esempi di valori da seguire. Ricordiamocelo senza vergogna.

IL TOP

Le coreografie (di Cannito e Fabrizio Prolli) e le scenografie (di Italo Grasso) sono il valore aggiunto di uno spettacolo avvincente, con una trama che tuttavia tutti conosciamo a memoria. Alla vigilia c’era ovviamente molta curiosità di vedere come sarebbe stata tradotta in un testo teatrale: esperimento riuscito, proprio grazie a ballerini eccellenti e cantanti fortissimi. A cominciare da Giulia Ottonello (Adriana), una delle voci più calde e perfette del musical italiano. Pierpaolo Pretelli nel ruolo di Rocky è credibile e al posto giusto: scanzonato ma romantico, fisicato, buona presenza scenica. Prova decisamente superata. Benissimo anche tutto il resto del cast: Teodori (Mickey) su tutti, riesce a commuovere e a dare personalità a un personaggio molto più centrale di come non risulti descritto nel film.

LA SORPRESA

Proiezioni video trasportano lo spettatore in una dimensione ultramoderna (la pellicola, va ricordato, è di cinquant’anni fa). Così oltre a quello che accade sul palcoscenico (e in platea), si osserva anche lo schermo su cui compaiono un telegiornale che fa da sfondo narrativo e la famosa scalinata di Filadelfia. Il Nazionale di Milano applaude al coraggio con cui si crea sorpresa anche in una storia vista e rivista e ormai conosciuta da tutti.

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