La fiorentissima Vercelli, fra storia e cultura

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Città romana e medievale, fu la prima ad abolire la servitù della gleba

«Una città fiorentissima». A scriverlo è stato Publio Cornelio Tacito, filosofo e storico romano del I secolo dopo Cristo. In quel periodo Vercelli è protagonista di un imponente fenomeno edilizio urbano di cui stiamo riscoprendo importanti testimonianze architettoniche come l’anfiteatro. Quest’ultimo sta riemergendo, grazie anche ai fondi del PNRR, nell’area compresa fra viale Rimembranza, corso de Rege e corso Tanaro. Secondo gli esperti ha un diametro simile all’Arena di Verona. La struttura risulta più estesa del “piccolo” Colosseo di Pola nel quale, su una carta geografica, la nostra città è identificata fra i principali centri dell’allora “Via del sale”. Un’altra traccia della «città fiorentissima» sono i resti delle terme in via Simone di Collobiano. Si tratta di un grande complesso pubblico che si estendeva su una superficie superiore ai 1.000 metri quadri e di cui ne restano visibili oggi circa 300. Le terme, che erano di concezione avanzata, prevedevano stanze per bagni caldi e freddi, saune e palestre.

Vercelli torna a essere «una città fiorentissima» nel Medio Evo. È la prima, in tutta Italia, il 10 luglio 1243, ad abolire la servitù della gleba, rendendo uomini liberi coloro che, seppure non ufficialmente in schiavitù, godevano di pochissime libertà fondamentali come la possibilità di scegliere il luogo dove vivere o il proprio lavoro. Quest’abolizione è il culmine del percorso volto al riscatto sociale basato su ideali culturali e sociali già ampiamente diffusi. Nel 1219 c’è infatti la posa della prima pietra della Basilica di Sant’Andrea (terminata nel 1227), primo monumento gotico in Piemonte e uno dei più precoci in Italia. Nel 1228 ecco la creazione del settimo Studium in Italia e dodicesimo in Europa, oggi Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.

La città e la grande epoca del Medio Evo sono eternamente legate dal Vercelli Book. È un manoscritto risalente alla fine del X secolo con una serie di opere di carattere religioso in versi e in prosa in ancient english. Le origini del Vercelli Book sono ammantate dal mistero: non è mai stato chiarito come il testo sia stato trasferito dall’Inghilterra. Si ipotizza sia stato il lascito di un pellegrino diretto verso Roma. Va infatti sottolineato che nel Medio Evo la «fiorentissima Vercelli» è una delle fondamentali tappe della Via Francigena essendo la sede di uno dei primi ospedali, oggi Salone Dugentesco, fondato nel XIII secolo. Il Vercelli Book è l’unico di quattro analoghi manoscritti a essere conservato fuori dai confini delle isole britanniche. Gli altri tre sono a Exeter, alla British Library di Londra e alla Biblioteca Bodleianadi Oxford.

La cultura non si arresta nemmeno nel Rinascimento grazie, fra i tanti, al pittore Gaudenzio Ferrari il cui nome veniva garantito niente meno che dall’affermato Gerolamo Giovenone che aveva bottega a Vercelli. Nella chiesa di San Cristoforo si possono trovare gli splendidi risultati di un suo lavoro d’affresco durato all’incirca cinque anni. Si compone di più effigi e scene sacre tra le quali: la Madonna degli Aranci (l’olio su tavola che si trova nell’abside), la Cappella della Maddalena e la cappella della Beata Vergine. Oggi vediamo presente come prezioso scrigno di resti storici il Museo Leone, in via Verdi, nel cuore del centro storico cittadino, fondato nel 1910 nella cinquecentesca casa Alciati. Custodisce una collezione di armi preistoriche, corredi di tombe egizie, vasi etruschi, mosaici medievali, porcellane, argenti e dipinti di epoca moderna. C’è poi il Museo Borgogna, seconda Pinacoteca del Piemonte. Le collezioni comprendono opere di pittura (tra i quali una notevole sezione di dipinti murali strappati e staccati oltre a pale d’altare tra il XV e XVI secolo), scultura, grafica, arti decorative, lastre fotografiche e una biblioteca (storica e corrente). Le opere esposte su tre piani espositivi sono circa 800, coprono un arco cronologico dal XV al XXI secolo. Il percorso espositivo permanente è oggetto di rotazione degli allestimenti favoriti dai prestiti a mostre di opere, da nuovi restauri, da recuperi dai depositi del Museo o da comodati o doni da enti e privati.

Infine c’è Arca, prima scuderia napoleonica, poi mercato coperto, e oggi sede di importanti mostre. Grazie all’impegno dell’amministrazione, guidata dal sindaco Roberto Scheda, a settembre ospiterà infatti la pittura del Novecento con nomi illustri come Renato Guttuso e Lucio Fontana. Le opere arriveranno dalla collezione della Fondazione Iannaccone di Milano. In Arca, da ammirare assolutamente, c’è un ricco ciclo di affreschi che riguardano la Vita di Maria, databile verso il 1480 e con ogni probabilità opera di una bottega novarese. Una lunetta conserva un Albero di Jesse, purtroppo mutilo. Risalgono alla fine del Quattrocento gli affreschi della volta della terza campata destra con un ciclo che narra la Vita di Sant’Agostino. Molto ben conservato e leggibile, risale quasi certamente a un periodo tra il 1470 e il 1480, di autore di scuola lombarda in ambito lodigiano.

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