Che siano presidenti ascesi al potere con elezioni dubbie, attivisti a pugno chiuso che devastano città nel nome di un pregiudicato o sostenitori del motto “ammazzare [nome del nemico] non è un reato”, la sinistra continua a praticare la logica della violenza. L’ultimo attentato a Donald Trump, il secondo nel giro di pochi mesi, è l’indice di una interiorizzazione del doppiopesismo della sinistra, che ritiene sempre “legittima” la propria violenza e “criminale” ogni azione dell’altra, fino ad arrivare all’estremizzazione di criminalizzare l’esistenza stessa del loro nemico politico. La cui eliminazione fisica sarebbe così “giustizia”.
Il mondo dunque è pieno di questi “giustizieri” della domenica, il cui profilo psicologico sarebbe degno di studi clinici e che invece riempiono governi, parlamenti e redazioni, incitando, giustificando, coprendo la violenza politica ai danni dei loro avversari. Non è dunque un caso che nell’ultimo trentennio, da quando l’ideologia politica del marxismo culturale è diventata religione di Stato in sempre più paesi dell’Occidente Allargato, che un numero notevolissimo di politici di destra (o populisti, nazionalisti o comunque “non allineati”) è stato fatto oggetto di aggressioni, spesso dagli esiti mortali (il tutto per tacer delle teorie del complotto attorno al buon numero di incidenti stradali che hanno visto protagonisti attivi o passivi diversi politici di destra, da Nigel Farage a Jörg Haider, dal leghista Gianluca Buonanno a Victor Orban durante la visita a Stoccarda lo scorso maggio… ma naturalmente sono solo coincidenze e honi soit qui mal y pense).
Il tutto ovviamente mentre il fronte liberal non fa altro che starnazzare ogni giorno che passa al “fascismo” e allo “squadrismo”, alla “violenza”, ai “discorsi d’odio” e ovviamente al “problema delle armi libere” (questo, beninteso, solo in America. Da noi – per fortuna! – sono vietate e infatti non ci sono mai state cose come un presidente del consiglio rapito da un commando armato…).
Se si fa un elenco dei politici colpiti a vario titolo da fanatici fomentati dall’ideologia marxista-culturale – secondo cui la violenza politica delle “minoranze” è sempre progressiva e giustificata mentre le “maggioranze” sono sempre e comunque “fasciste” – c’è da restare a bocca aperta.
Partiamo dall’esempio del giorno, che è Donald Trump, il più odiato dei presidenti americani da parte dell’establishment. Il presidente contro cui si sono scatenate le orde del Black Lives Matter, con le città devastate, i monumenti distrutti e i tanti morti lasciati a terra, morti per i quali nessuno ha mai pensato di doversi inginocchiare e chiedere scusa come per il pluripregiudicato George Floyd. Trump l’ha fatta franca due volte, la prima oggettivamente per miracolo. Le scene dei social justice warriors coi capelli fluo che urlavano isterici perché il cecchino lo mancò di soli 7 mm entrano a pieno diritto nella storia della vergogna.
A non scamparla è stato invece Shinzō Abe: l’8 luglio 2022 l’ex premier giapponese venne assassinato da due pistolettate durante un comizio elettorale. Abe era stato il protagonista del tentativo di rinascita conservatrice dell’Impero, con politiche per la demografia senza apertura all’immigrazione e di riscoperta della tradizione nazionale. Inoltre aveva aperto alla possibilità di una revisione costituzionale che restituisse al paese la sovranità completa anche in campo della Difesa. Sul fronte della politica anti-covid invece Abe fu molto liberale, rifiutando di seguire alla lettera le indicazioni dell’establishment. Così, nell’agosto 2020 Abe viene costretto alle dimissioni, ufficialmente per motivi di salute, e il suo successore, Yoshihide Suga, è stato molto più attento alle direttive dell’OMS.
Il colpo è andato a vuoto invece col primo ministro slovacco Robert Fico, che lo scorso maggio ha ricevuto quattro colpi di pistola al tronco da un certo Juraj Cintula. Fico è critico verso l’Europa e l’OMS e ostile alla ridistribuzione degli immigrati, specialmente islamici. Inoltre si è smarcato dalle politiche più anti-russe di Bruxelles e ha ottimi rapporti con l’Ungheria di Orban. Interessante è il profilo dell’attentatore dato dai media, che l’hanno dipinto come un “poeta”, un “pacifista” e un “non violento”. Mancava solo “santo subito”.
Non altrettanto fortunato fu l’olandese Pim Fortuyn, personaggio peculiare, omosessuale conservatore, poi convertito al cattolicesimo. Fortuyn sosteneva che l’Olanda dovesse chiudere le frontiere all’immigrazione e soprattutto fare appello alla propria identità nazionale contro l’Islam. Venne assassinato il 6 maggio 2002 da un fanatico ambientalista, animalista e vegano, Volkert van der Graaf, che agiva “in difesa dei mussulmani olandesi”.
Torniamo negli USA, dove l’altra vittima della violenza di sinistra è stato l’italoamericano Steve Scalise. Deputato repubblicano, Scalise venne preso a fucilate durante una partita di baseball il 14 giugno 2017 da James Hodgkinson, un estremista di sinistra già noto alle forze dell’ordine per violenza domestica. Scalise è un politico conservatore duro e puro: avversario dell’immigrazione, delle istanze arcobaleno, del controllo sulle armi da fuoco e dell’isterismo climatico. Un docente universitario del partito dei “buoni”, commentando l’attentato, disse: “lasciate crepare i bianchi e fatevi una risata quando muoiono”.
Anche Jair Bolsonaro se l’è vista brutta il 6 settembre 2018, quando fu accoltellato durante una manifestazione elettorale a Juiz de Fora da uno squilibrato. L’attentato gli provocò un’emorragia all’intestino, fortunatamente arrestata in tempo. Bolsonaro, nonostante la sua politica fosse per moltissimi aspetti in conflitto con i diktat del globalismo, è stato pesantemente attaccato in patria e all’estero solo per essere “di destra”. A farlo fuori dal potere uno spoglio elettorale incredibilmente simile a quello che aveva portato al potere Biden in America e che avrebbe riconfermato Maduro, col testa-a-testa fra i candidati e poi il rush finale del progressista. È notevole che appena scalzato dal potere, con il ritorno di Lula a Brasilia, il Paese carioca è stato immediatamente allineato alle direttive dell’OMS con alcune fra le leggi filo-vacciniste più dure del mondo, mentre si sono scatenate le procure per eliminarlo definitivamente dalla vita politica del Brasile. Oggi il Brasile sta rapidamente scendendo la china della dittatura, con la censura al social di Elon Musk, X.
Ultimo ma non ultimo, Silvio Berlusconi. Oggetto della più feroce campagna d’odio dal dopoguerra, il Cavaliere durante un comizio a Milano il 13 dicembre 2009 venne violentemente colpito al volto da un pesante souvenir a forma di Duomo di Milano scagliato da un certo Massimo Tartaglia. Berlusconi si stava godendo un bagno di folla al termine del comizio e venne ferito brutalmente. La sua espressione di dolorosa sorpresa negli attimi immediatamente dopo l’attentato e le reazioni della fetta più radicalmente antiberlusconiana dell’opinione pubblica sono una delle fotografie più eloquenti del clima d’odio creato contro i politici conservatori. Non era nemmeno la prima volta che il Cav. veniva aggredito. Il 31 dicembre 2004 un giovane mantovano gli lanciò il treppiedi di una macchina fotografica mentre passeggiava a Piazza Navona, a Roma, colpendolo al collo.