Milano e Roma le città più violente d’Italia

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Foto: Il Gilo, CC 2.0

Evviva, ci stiamo modernizzando! Il nuovo rapporto sulla criminalità stilato da “Sole 24Ore” ci informa che finalmente anche le città italiane stanno raggiungendo i livelli paragonabili a quelli dei cosiddetti “paesi civili”, per esempio Londra o Portland in Oregon. Il parametro in esame è quello della criminalità, con l’aumento dei reati denunciati.

La classifica mostra un balzo della crescita della criminalità fra il 3 e il 5%, con la Milano di Sala in cima al poco invidiabile podio, con un aumento del 4,9% dei reati denunciati. Segue la Roma di Gualtieri e Firenze della gestione Nardella. Tre città a guida PD di cui tutti i resoconti, a partire da quello dello stesso quotidiano rosa, si premurano di far notare essere “a vocazione turistica”. Già, perché il trend del momento è dare al turismo la colpa di tutte le colpe del mondo, dall’inquinamento al “riscaldamento globale” all’aumento degli affitti per i poveri studenti fuorisede. E ora, giustamente, anche del crimine.

In pratica una versione aggiornata e politicamente corretta del “se l’è cercata, vestiva provocante…”. Del resto, il criminologo della “Transcrime” (Cattolica di Milano) Marco Dugato, intervistato da “Il Giorno” afferma che le rapine in casa sfruttano la distrazione di chi non chiude bene la porta di casa quando scende a buttare il sacchetto dell’immondizia (eh, questi padroni di casa sbadati…).

Eppure ci sarebbe un altro parametro a unire queste grandi città, capitali del crimine in Italia. Un parametro che con soverchio pudore viene accuratamente evitato di pronunciare nell’analisi del “Sole 24Ore” e di tutti i commentatori che l’hanno ripreso (peraltro, nemmeno troppi, come invece ci si sarebbe aspettato…): l’immigrazione.

Milano, Roma e Firenze sono le città con il più alto tasso di stranieri ufficiali presenti, e si tace per carità di Patria sui clandestini. Anche Rimini entra nella classifica, e si nota come l’impennata dei reati sia correlata all’arrivo dei “giovani” dall’entroterra durante i mesi estivi, evitando però di fare un’analisi della composizione etnica di queste frotte di allegri gitanti che sciamano dalle metropoli padane verso la riviera romagnola a ritmo di “musica” trap.

Se infatti si incrociano i dati del “Sole 24Ore” con quelli forniti da Istat e Ministero degli Interni, si scopre che ad aumentare sensibilmente sono i reati correlati a truffe informatiche, atti violenti (rapine, bullismo, pestaggi) e spaccio di droga, ossia quelli più correlati alle minoranze “importate” in Italia negli ultimi vent’anni. Sulle violenze sessuali il “Sole 24Ore” può tirare invece un sospiro di sollievo: i dati sono essenzialmente stabili (“fiuuu!!”). Interessante però notare che negli anni passati, – dati Ministero Interni – lo stesso “Sole 24Ore”, commentando l’oggettivo andamento statistico (aumento delle violenze, diminuzione degli omicidi di donna, quest’ultimo pudicamente nascosto sotto la cifra nuda e cruda, senza commenti) riesce a non usare mai né il termine “stranieri” né “immigrati” (o variazioni sul tema), annettendo la responsabilità a una generica “cultura di disparità” e ovviamente alla “famiglia”. Eppure quello delle violenze sessuali (90% delle vittime donna) è il reato in cui il delta fra italiani e stranieri è il più alto: detto fuori dai denti, se non ci fossero gli immigrati, e fra questi in particolare quelli provenienti da ben definite culture, l’Italia sarebbe un vero paradiso per le donne, uno dei paesi in assoluto più sicuri al mondo per l’altra metà del cielo. È un dato oggettivo ed è ora che qualcuno lo dica a gran voce.

Ma torniamo alle nostre splendide aree metropolitane progressiste.

Il commento del “Sole 24Ore” al di là del titolo d’acchiappo, cerca di vedere un “bicchiere mezzo pieno”: l’aumento dei reati sarebbe solo un rimbalzo dopo il calo del covid, in cui eravamo tutti consegnati in casa, delinquenti compresi, dallo stato di polizia, e comunque una piccola inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, in cui i reati denunciati erano già generalmente in calo. Ma la cosa non ci consola affatto, poiché quello che vorremmo non è un paese “insicuro come 10 anni fa” bensì uno “più sicuro che 10 anni fa”.

La realtà è un’altra e non fa piacere a nessuno: è la diversità, bellezza! Le città che si trovano in cima alla classifica del crimine sono quelle che brillano per “diversità”, questo “valore” tanto caro alla sinistra e che consiste in decine di migliaia di stranieri non assimilati né assimilabili, ma anche nella presenza di realtà come i centri sociali e i quartieri della “movida” universitaria. Ambiti tollerati se non coccolati da molti sindaci progressisti come forma di “espressione della cultura giovanile”, ma dove invece abbondano situazioni come lo spaccio e l’abuso di droga, il vandalismo, il disturbo impunito della quiete pubblica, vendita d’alcolici a tutte le ore nei “minimarket” (grazie Mario Monti per aver abolito l’orario di chiusura dei negozi!) e la ricettazione. Si crea così quel brodo di coltura in cui sguazzano le altre fattispecie di reato: cosa ben presente ai criminologi che consigliarono Rudolf Giuliani quando da sindaco di New York riportò la Grande Mela a livelli di vivibilità decenti: la battaglia si inizia combattendo senza quartiere i graffitari che imbrattano la città… (e prima di storcere il naso andatevi a leggere cos’è la “teoria delle finestre rotte”, poi ne riparliamo).

L’esperienza di ciò che è accaduto nei cosiddetti “paesi più avanzati”, là dove l’ideologia woke ha potuto lavorare indisturbata per anni, dimostra come quella “cultura” di sinistra fatta di scarabocchi sui muri, “ribellione” all’autorità un tanto al chilo, “musica” trap e rap – coi devastanti messaggi che essa veicola, indirizzati specialmente a una particolare categoria, quella dei “maranza”, tali per etnia o per emulazione – droga e alcool, stile di vita debosciato e infine “diversità” etnica grazie all’importazione di decine di migliaia di stranieri. Tutto ciò, ben stagionato, costituisce le palate di concime puzzolente che alimentano la malapianta del crimine nelle grandi città. In questo senso, Londra come laboratorio sociale è illuminante: città ultraprogressista, dove gli inglesi sono oramai in minoranza, un vero e proprio “lager di 15 minuti” fatto di telecamere e ZTL, ma anche la capitale europea degli accoltellamenti.

Così, mentre i nostri sindaci si baloccano con ZTL e telecamere, divieti e recinzioni ai danni dei cittadini già martoriati dal crimine per far diventare le nostre città sempre più simili ai modelli “più avanzati”, la loro benevola condiscendenza verso l’ambiente settico in cui il crimine prolifera sta facendo rapidamente avvicinare le nostre città più “moderne” agli standard di quelle capitali del “nuovo stile di vita che presto sarà di tutti noi” come Detroit, Chicago, Portland, Londra, Seattle, i “santuari” della sinistra woke dove l’immigrazione clandestina è “benvenuta” e la droga – con tutti gli stili di vita annessi – tollerata se non direttamente legalizzata.

La china, insomma, è chiara a chiunque voglia vederla. E fra questi non sembrano esserci molti di coloro che stilano e commentano le analisi su un fenomeno che deve preoccuparci. E molto. 

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