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Questa è l’indegna vignetta di Natangelo che Il misFatto Quotidiano pubblica oggi e a parte invertite nel giro di due secondi avremmo avuto la sinistra sulle barricate. Sono senza ritegno, rosicano perché il primo leader di un partito e il primo Presidente del Consiglio non è dei loro e anzi sta esattamente dalla parte opposta, passano come un Caterpillar sulle parole di cui essi stessi si riempiono la bocca e fanno lo sfregio. Parlano, giustamente, della lotta contro il sessismo ma scommetto che quando pubblicano vignette come queste ghignano. O, nella migliore delle ipotesi, stanno muti. Ipocriti! Mentre fingiamo di aspettare che qualche voce di condanna si levi da qualche parte a sinistra, cioè dai 5 Stelle al PD al resto della sinistra in cerca d’autore nonostante la Schlein (o proprio grazie a lei, che non sa che pesci pigliare sulle decisioni strategiche per il Paese), ci illudiamo che almeno una parola di circostanza arrivi dal direttore del Fatto Quotidiano, qualcosa di simile a una mezza scusa nei confronti di Arianna Meloni, sorella di Giorgia Meloni e moglie del ministro Francesco Lollobrigida. Intanto la gioiosa macchina da guerra della legione barricadera che va dai grillozzi ai sinistri è stata messa in moto all’indomani del voto alle politiche e ne vedremo ancora delle brutte. A proposito: scommettiamo che prima di ieri nessuno dei Saviano e del resto degli indignati speciali sapesse a cosa si riferisce l’espressione “sostituzione etnica”? Ciarlano di anni Trenta e di nazisti e di fascisti e di razzisti, mentre deriva da un romanzo di Jean Raspail uscito nel ’73 e intitolato Le Camp des saints (in traduzione italiana: Il campo dei santi) e di riffa o di raffa è un fenomeno che, proprio a sinistra, inquadravano positivamente nel “meticciato: “Si profila come fenomeno positivo, il meticciato, la tendenza alla nascita di un popolo unico” (Eugenio Scalfari, il maître à penser della sinistra pensante, su L’Espresso il 6 agosto 2017). Se volessimo ridere diremmo con Briatore che questi sono matti, ma non c’è niente da ridere.















