Se lo spirito della Duse interpreta il ruolo di Valeria Bruni Tedeschi

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Alla fine si esce dalla sala dopo oltre due ore di film e sembra di aver visto la Duse che interpreta il ruolo di Valeria Bruni Tedeschi. Sì, proprio così ti accorgi che è lo spirito della Divina, l’attrice più famosa al mondo tra fine ‘800 e inizio ‘900 che si cala nei panni dell’attrice italiana più lodata dalla critica e dal pubblico delle prime degli anni Duemila.

Il regista Pietro Marcello in una sovrapposizione psicologica di ruoli cerca di raccontare gli ultimi anni di vita di Eleonora sullo sfondo ossessivo del nascente regime fascista, come se il Fascismo fosse la cornice della sua  esistenza quando in realtà Mussolini si insedia appena due anni prima della morte della Divina. Ne esce una seduta terapeutica per la Bruni Tedeschi che grazie allo spirito della Duse, (del resto lo ha evocato lei in conferenza stampa alla Mostra di Venezia), la libera da quella comfort zone interpretativa alla scoperta di nuovi registri. E a volte alla Duse le riesce di farci vedere una Bruni Tedeschi diversa, aiutata da alcuni intensi primi piani e dagli avvolgenti costumi firmati da Ursula Patzak.

Non c’è quasi nulla di storico nel film, a parte le suggestive immagini documentaristiche del Milite Ignoto. I fatti sono spesso inventati come  la Duse che recita l’opera di un drammaturgo mai esistito, Giacomo Rossetti, o il presunto incontro con d’Annunzio a letto ferito e fasciato dopo il “Volo dell’Arcangelo”, la famosa caduta dalla finestra avvenuta pochi mesi prima della Marcia su Roma dove il poeta rischia la vita. Ecco nel rapporto complesso con d’Annunzio, qui ancora una volta, secondo la tradizione di tanti (troppi) cineasti italiani, dipinto come una macchietta psicotica, appaiono i limiti maggiori di questa pellicola. La Duse decide di smettere di recitare dopo la cocente delusione della fine del rapporto con il Vate e il loro amore travagliato, teso, travolgente segna profondamente l’attrice fino ai suoi ultimi giorni di vita. Eppure questo incontro nel film viene liquidato con una scena in overacting per entrambi gli attori, (d’Annunzio è Fausto Russo Alesi, truccato malissimo), con dettaglio di un’eiaculazione precoce di quello che per la Storia è colui che ha scritto capolavori come la Pioggia nel pineto e compiuto azioni eroiche come il Volo su Vienna e l’impresa di Fiume, per gli sceneggiatori evidentemente un pirla fascistoide.

E’ un peccato perché mentre questi due protagonisti calcano la mano nell’interpretazione, in altri ruoli come quello di Enrichetta, la figlia della Duse, interpretata da Noémie Merlant o in quello dell’eterna rivale della Divina, Sarah Bernhardt, magnificamente disegnata da Noémie Lvovsky, ci si crede senza bisogno di fronzoli. Anche il cameo di Giordano Bruno Guerri, Presidente del Vittoriale degli Italiani che debutta come attore è sorprendente per la sua sobrietà. Insomma il talento di un regista come Pietro Marcello che arriva da importanti esperienze anche nel documentario avrebbe potuto dare un taglio più biografico al film senza farsi ingoiare dal solito nome da cartellone ingombrante e da una sceneggiatura debole che ancora una volta ha puntato più al giudizio politico senza scandagliare a fondo la vita di una donna che sul palco come nella vita è stata essenza di verità.


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