Quando, nel febbraio del 2018, sul palco del teatro Manzoni di Milano ho riunito giornalisti, intellettuali, artisti e imprenditori per lanciare il Manifesto di CulturaIdentità, molte cose sono cambiate, non soltanto a livello nazionale, ma soprattutto nel panorama geopolitico. Le nostre proposte, alcune azioni da compiere per rilanciare il Paese, sono diventate in breve tempo il centro del dibattito politico e sociale: sovranizzare, liberare, difendere, detassare, educare. Per noi obbiettivi da raggiungere, per altri ideali da abbattere. Sta di fatto che la valorizzazione del nostro patrimonio artistico, il sostegno a chi fa impresa, la difesa della famiglia, della nostra identità culturale, la defiscalizzazione, l’educazione a scuola dei nostri figli, da sempre nostri cavalli di battaglia, sono oggi terreno di scontro politico e di diverse visioni della vita. Il gruppo, nato quasi tre anni fa, intanto si allarga ogni giorno su tutte le province italiane e racconta con i vari Responsabili distribuiti in tutte le Regioni i nostri straordinari territori. La narrazione dell’Italia più bella, quella poco valorizzata e da scoprire, ci interessa più di ogni altra cosa e nella grave crisi che le nostre grandi città stanno vivendo a causa della pandemia può essere anche una risposta costruttiva per rilanciare il Paese attraverso i piccoli centri. In quest’ottica è nata la nostra Rete delle Città Identitarie, che sta unendo tantissimi Comuni, da nord a sud, che hanno deciso di fare sistema per uscire da questa palude burocratico-sanitaria e fare del proprio borgo, del proprio centro urbano, un nuovo modello economico e sociale. Il futuro, a nostro avviso, sta proprio nel recupero della propria identità, nella difesa delle piccole e medie aziende, nel racconto della bellezza e della qualità di vita che i nostri centri più piccoli hanno come in poche altre parti del mondo. La nostra Associazione è tutto questo, insieme al mensile cartaceo che con passione e follia, nell’epoca dello smart-working, distribuiamo in edicola ogni mese. Alle nostre spalle non c’è nessun partito (non siamo mica Sardine), non c’è il sostegno di nessuna lobby, ma una sincera partecipazione di altri italiani, che come noi hanno capito che non possiamo lasciare il nostro bel Stivale nelle mani di una élite globalista che impartisce ordini a quelle nazioni che hanno perso la propria sovranità. Lo facciamo col sorriso e con la forza delle idee che diventano azioni.
” Il futuro, a nostro avviso, sta proprio nel recupero della propria identità, nella difesa delle piccole e medie aziende, nel racconto della bellezza e della qualità di vita che i nostri centri più piccoli hanno come in poche altre parti del mondo.” Tutto questo è bello e vero ma purtroppo si scontra con una cruda realtà, un popolo sordo, e non c’è più sordo di chi non vuol sentire. La politica, ormai da tempo, non è più conseguenza di scelte democratiche ma imposta o infiltrata da lobby che esulano dalle necessità e gli interessi del Paese. Le Istituzioni hanno perso ogni credibilità cominciando proprio dalla Giustizia e la burocrazia invece di tutelare e favorire gli interessi dei Cittadini e di conseguenza della società è diventata uno strumento di oppressione, e qualche volta di “estorsione”. Servirebbe un nuovo “Risorgimento” ma non basteranno quattro chiacchiere per liberarsi delle “CASTE”.