“Palestina libera, giudei porci assassini“. “Lotta contro lo Stato fascista“. “Sbirri maiali, servi del potere”.
Sono questi alcuni slogan usati in questi giorni, nelle recenti manifestazioni di cui tutti parlano, anche senza troppa cognizione di causa, pensando di usare i giovani nelle piazze e nelle strade per fare campagne politiche e ideologiche.
La storia la conosciamo tutti. Ce l’hanno sbattuta in faccia per giorni con immagini eloquenti, che non dovrebbero lasciare spazio a interpretazioni diverse da quelle che inducono alla condanna mediatica di alcune persone in divisa che danno manganellate a “inermi giovani”.
I fatti: alcuni studenti si mettono in marcia urlando quei loro straordinari slogan. Non hanno autorizzazioni e i promotori non avevano raccolto l’invito della questura di mediare sui percorsi da seguire. Mentre urlano, ad un certo punto vedono dei poliziotti schierati, che hanno ricevuto l’ordine di non far passare i manifestanti per quella via. Gli studenti realizzano che chi hanno davanti sono “il punto 3” dei loro amati slogan, e allora iniziano a irridere i loro odiati “sbirri di merda”. Qualcuno sputa, altri lanciano sassi. Gli odiati, in realtà, sono ragazzi e uomini che di mestiere fanno i celerini. La maggior parte di loro, entrando in Polizia, pensava di contrastare il crimine, la corruzione, lo spaccio di droga, le rapine o i crimini via web. Sono stati assegnati, invece, ai reparti mobili, che si occupano dell’ordine pubblico. Qualcuno deve pur farlo il lavoro sporco. Che è quello di ricevere insulti, sputi e sassi per garantire la sicurezza di edifici, esercizi commerciali, monumenti e cittadini.
Quando finalmente hanno ricevuto l’ordine di ‘carica’, qualcuno di essi non è riuscito a conservare la calma e ha reagito, utilizzando gli strumenti dati loro in dotazione, contro chi poco prima li aveva insultati, irrisi, sputato addosso, lanciato sassi. Per inciso, tale lancio aveva provocato tre feriti tra gli agenti.
Ora, è giusto che chi ha sbagliato paghi. Ma se esco dal politicamente corretto dico, anche, che posso comprendere lo stato d’animo di quei poliziotti, che si trovano ad affrontare situazioni di rischio cercando di mantenere tutta la loro professionalità, anche se umiliati e derisi gratuitamente. Poi, si sa, le manganellate alla fine sono sconfitte, per tutti noi.
Nella comfort zone del politicamente corretto, diciamo che è giusto aprire indagini e punire gli agenti coinvolti. Lo pensiamo tutti, chi scrive articoli e chi li legge. Chi ha visto le immagini e chi dovrà prendere decisioni sulle responsabilità. Uscendo dalla comfort zone, invece, dovremmo dire che sono state mostrate solo le immagini del dopo. Dovremmo parlare di ideologie pericolose inculcate ad acerbi ragazzi delle scuole e delle Università e, volendo esagerare in conservatorismo, si potrebbe dire che l’educazione di una volta prevedeva che i figli che ricevevano una bacchettata dal maestro, prendevano “il resto” a casa.
Le cose vanno dette e spiegate bene, per il bene di tutti. Perché in molte situazioni di protesta o di manifestazioni, l’impiego dei manganelli da parte della polizia può essere interpretato come un eccesso di forza o una risposta sproporzionata alle situazioni di tensione. Ma dopo i recenti fatti, alcuni politici e alcuni media hanno usato questo pretesto per attaccare le nostre forze dell’ordine e per fare politica becera, dimenticando di divulgare cosa ci fosse dietro quell’eccesso. E dimenticando anche un altro elemento fondamentale, il diritto di tutti noi di avere piazze e strade libere da pericoli.
A prescindere dal caso Pisa, l’uso della forza spesso è una misura necessaria per prevenire gravi disordini, per proteggere la sicurezza pubblica, per garantire il rispetto delle leggi. Le forze dell’ordine spesso si trovano ad affrontare situazioni estremamente complesse nel corso di manifestazioni, dove la gestione e il mantenimento dell’ordine pubblico possono diventare sfide altamente pericolose. Se passasse il concetto che sono mostri in divisa, tutto sarebbe perduto.
Non solo, perché anche di questo si tratta, questi vituperati operatori garantiscono la pacifica convivenza tra le persone in corteo e quelle che non vogliono manifestare perché dissentono o non ne sentono il dovere o semplicemente preferiscono passeggiare con la famiglia. O la sicurezza degli anziani che vogliono fare un giro al bar con gli amici, e di chi deve lavorare, anche nelle vicinanze di una piazza o di una strada con una manifestazione in corso, per non parlare dei negozi che rischiano di dover abbassare le saracinesche per paura che tutto degeneri. Se queste persone, cittadini come tutti gli altri, cittadini come i manifestanti, si trovano di fronte individui o gruppi che violano la legge, i disordini rappresentano una minaccia anche per la loro incolumità. Quindi, le forze dell’ordine proteggono tutti, anche chi scende nelle piazze a dire la sua (anche se inveisce, offende, e prova ad accendere scintille pericolose pronte a diventare fiamme ingovernabili). E proteggono anche chi, invece, vuole continuare a fare la propria vita, chi non è d’accordo con altri ideali, chi sta dall’altra parte della barricata e del pensiero ideologico e politico.
La partecipazione dei giovani alle manifestazioni può essere vista come un segnale di salute per la democrazia. Dimostra che non sono indifferenti alla politica e alle questioni sociali. E questo è un bene. Ma allo stesso modo, manifestare il proprio dissenso attraverso la provocazione è un comportamento che non solo mina la sicurezza e la stabilità della società, ma compromette il potenziale per un dialogo costruttivo. Ora, è dovere di alcune forze politiche e alcuni organi di stampa evitare quella demonizzazione delle nostre forze dell’ordine e di alcuni pilastri della democrazia e delle Istituzioni, esacerbando lo scontro. Questa si chiama responsabilità.
In sostanza, occorre rispetto per chi la pensa diversamente da noi.