E provino a dirci che non si può più correre…

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Eccolo, eccola che si sistema la mascherina sul naso, premendo la linguetta metallica perché stia bella aderente. Il gesto che ti ricorderai, di quest’anno in cui hai scoperto tante cose nuove sul mondo e sulle specie che lo abitano. Tante veramente. Ma non voglio sfottere. È difficile, lo so. Lo so benissimo. Rischio quasi di perdonare l’anziana che esplode tutta la sua carica vitale contro il ventenne con la mascherina sotto il naso. Perdonarla così, solo perché è tanto difficile, sempre, e se già lo era prima, figuriamoci adesso.

Invento il dolore degli altri a ogni passo, anche se a tratti mi viene da rabbrividire di antipatia. Siamo goffi, eh, con tutta questa paura sulle schiene, mentre andiamo a prendere a scuola bambini con gli occhi che si adattano al colore della mascherina chirurgica, e fortunati quelli che ce l’hanno biancazzurra. Anzi, no. Basta anche quello. Troppo bruttino per essere vero. Adesso Dad. Praticamente la morte. Con l’obiettivo di non rischiare di restare indietro rispetto a un mondo che non ha più idea di quale punto cardinale dica “avanti”. Facciamo finta che si tratti solo di resistere. Sollecitiamo la più moderna delle virtù: lo spirito di adattamento darwiniano, e scopriamo che un ragazzo su due adesso dice che è meglio la didattica a distanza. Beati loro, gli accontentabili.

Si può correre? Beh, io corro. E corro. E corro. E mi sembra che il mondo lo facciano girare i miei piedi che corrono. E so molto bene quale direzione dice per me “avanti”. Ho la mappa stampata dentro, precisa precisa. I due mandorli: quello un po’ più grande e quello piantato da poco, che hanno cominciato una settimana fa, finalmente, la rivolta e adesso sotto i tronchi c’è già un tappeto bianco, che questa elettricità dolce fa volare. Il Giappone eroico moriva per i ciliegi. Io personalmente mi batterei anche per il mandorlo: il più spettacolare sulle medio-lunghe distanze. Un legno più scuro e nodoso e boccioli grossi, pieni di luce, che quando sono nel punto massimo di freschezza non ci credi che non li abbiamo inventati noi, uomini mascherati, nei sogni di quando ci togliamo la maschera.

Seconda tappa, necessaria: i ciliegi. Purtroppo senza poter fare come gli uomini del Giappone eroico, che impazzivano per campi interi di ciliegi uno accanto all’altro, con quei petali delicatissimi, che diventavano milioni, con quegli stami sottilissimi, che esaurivano le combinazioni dei numeri.

Da noi i ciliegi sono per lo più guerrieri solitari e la loro evidente superiorità è quasi insolenza. Certo, i peschi: soprattutto per come, a volte, quelli molto giovani, buttano fuori un bocciolo qua e uno là sui rami lunghi e sottili, senza paura di esibire un folle amore della perfezione – misura, sorpresa, coraggio, slancio, gentilezza. Che risposta, che rivolta contro l’anno delle mascherine nel secolo della postmodernità.

E provino a dirci che non si può più correre.

1 commento

  1. Tutte le volte che vado a correre, sai che casualmente mi viene in mente?

    1 – Una frase dal film “Papillon”: Maledetti *astardi, sono ancora vivo!!

    2 – Un titolo: “Chiedi al torrente”.

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