“Diin” e mettiamo la mano in tasca per prendere lo smartphone, una mail? un WhatsApp? Telegram? Notifica di Facebook? Ah no un semplice sms dell’operatore telefonico; d’altronde, non è facile distinguerli perché in mano abbiamo in ogni momento tutta la gestione tecnologica della nostra vita. Già, in mano… in ogni momento.
Quasi fosse un arto aggiuntivo il cellulare, un oggetto che fa parte della nostra vita, tanto che per molti è la prima cosa che si afferra al mattino e l’ultima che si posa alla sera.
Inutile dire che la maggior parte del tempo al cellulare lo si trascorre sui social media, come tanti piccoli autonomi dipendenti dai social.
Diversi studi medici spiegano come negli ultimi anni quella dalle piattaforme social sia diventata una vera e propria malattia.
Certo, non uccide come la cocaina e l’alcol o non fa sprofondare immediatamente nei debiti, come invece capita ai ludopatici, a conti fatti però la compulsione a estrarre dalla tasca lo smartphone si apprende allo stesso modo in cui si impara a bere, a giocare d’azzardo e a consumare sostanze stupefacenti, e il cervello si abitua a reagire in modo consimile.
Il termine “dipendenza da internet” venne coniato da Ivan Goldberg nel 1996 ed è classificato come un disturbo da controllo degli impulsi.
Lo stesso Goldberg ha argomentato le sue tesi grazie a uno studio dallo stesso realizzato su un campione di persone di differenti età, riportando come l’utilizzo eccessivo di internet causi un considerevole aumento di attacchi d’ansia e depressione, casi di insonnia e una diffusa ossessione per l’immagine di sè agli occhi degli altri.
Non sembra proprio “il migliore dei mondi possibili” quello in cui i social sono la nostra vetrina.
La nostra vita non può e non deve essere schiava del giudizio altrui, sottomessa ai dettami di un mondo smaterializzato che ci bombarda quotidianamente di video e immagini.
Inoltre, grazie ad un sistema di stimoli e risposte immediate che provocano un rilascio di dopamina, il nostro corpo sarà sempre più portato a fare uso dei social media, tanto che soprattutto i più giovani, ma non solo, ne sono catturati in ogni momento della propria vita.
É arrivato il momento che ci rendiamo conto di quanto la nostra vita dipenda ormai da un oggetto apparentemente insignificante e che iniziamo a dedicare più tempo all’esercizio della mente e del corpo, inseguendo l’ideale Greco della “Kalokagathia” (perfezione fisica e morale dell’uomo): smettiamola di ridurci a codici.















