Liguria: vince Bucci e il PD si mangia i 5Stelle

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Foto Cecilia Bermond - CC 4.0 sa by

La vittoria è di misura, ma in Liguria il centrodestra tiene. Nonostante tutto e contro tutto. Al di là degli alti lai dei moralisti un tanto al chilo, non è stato sufficiente l’attacco incrociato della macchina giudiziaria e dei signori dei media, Report in prima linea, per convincere gli elettori liguri a far cambiare linea alla loro regione, dopo gli evidenti risultati positivi dell’amministrazione Toti.

Anche la macchina del fango contro l’ex governatore della regione ha lasciato indifferenti i liguri, che – fra sano cinismo e concretezza – hanno ritenuto che quand’anche potesse essere vero qualcosa nei teoremi accusatori delle toghe, il metodo impiegato è peggiore del male che intendevano combattere. Ammesso e non concesso poi che l’intento fosse colpire il peccato e non il peccatore (del resto, che certa giustizia applichi la legge al nemico politico e la interpreti per l’amichetto è cosa nota).

Allo stesso modo, l’intervento a gamba tesa di Report, che in pieno silenzio elettorale sciorina le sue inchieste dove la confezione è molto più importante del contenuto (e che ora rischiano di finire sotto inchiesta dell’AGCOM per la loro inopportunità a urne aperte) non ha spostato molti voti. Ha senza dubbio fornito un ottimo argomento giaculatorio per gli ultras degli sconfitti – il leitmotiv del giorno è “ma come? I liguri hanno votato Bucci nonostante quello che dicono a Report!” – ma non ha intaccato la base elettorale del centrodestra. Per gli identici motivi di cui sopra.

L’analisi del voto però dimostra la tendenza all’astensionismo, cosa che dovrebbe preoccupare assai più il centrodestra vittorioso che non il centrosinistra all’inseguimento. Come i fatti elettorali dei cosiddetti “paesi più avanzati” dimostrano, le sinistre riescono a procacciarsi i votanti fabbricandoseli a colpi di immigrazione e lavaggio del cervello woke dei giovani, grazie al completo controllo delle scuole e dei canali media di tendenza (musica, social, piattaforme streaming). Un’inversione di tendenza in questo senso è necessaria, pena fare la fine di Gran Bretagna o Francia e come invece dimostra l’andamento della campagna elettorale in USA, dove le chances di vittoria di Trump poggiano proprio sull’essere riusciti a riportare alle urne quella “maggioranza silenziosa” che invece in Italia pare proprio rassegnata a lasciare nel cassetto la tessera elettorale.

All’interno degli schieramenti, non deve ingannare il frazionamento dei voti fra FDI e la lista di supporto diretto a Bucci: in un panorama elettorale in cui l’attività del sindaco è ciò che più tocca da vicino la sensibilità dei cittadini, non stupisce che pur nell’ambito della stessa maggioranza una certa parte di elettori possa aver deciso di premiare direttamente il candidato anziché uno dei partiti della sua coalizione.

Al contrario, il primato ottenuto (o ri-ottenuto) dal PD è una sorta di vittoria di Pirro, e non perché il suo candidato non ce l’abbia fatta – comunque Orlando ha realizzato un risultato lusinghiero – ma perché va letta solo in chiave interna ai rapporti di forza del cosiddetto “campo largo”: il PD, in sostanza, ha finito di cannibalizzare il M5S, per il quale il destino appare oramai segnato. L’ex partito di Beppe Grillo – che non è neppure andato a votare – ha da tempo esaurito la sua forza propulsiva, o meglio la sua funzione di “sindacato giallo”: aver funzionato da raccoglitore del dissenso più qualunquista come una “vasca di laminazione” durante un nubifragio. Raccolto e disperso il malumore delle masse, che avrebbe invece potuto essere intercettato da movimenti molto più pericolosi per un certo establishment, i pentastellati l’hanno gentilmente porto su vassoio d’argento a tutte le politiche dell’agenda globalista e liberal, sgravando peraltro il PD dall’onere di portare avanti certe istanze non esattamente popolari fra gli elettori (si pensi all’abolizione del reato di immigrazione clandestina, ottenuto nel 2014, con perfetto tempismo per spalancare le porte alle ondate dalla Libia).

Esaurito dunque il compito di smorzare l’onda populista in Italia, il M5S può tranquillamente scomparire. La gran parte dell’astensionismo, infatti, deriva dall’ala più qualunquista dell’elettorato ex grillino, delusa una volta di troppo, mentre i sostenitori del CinqueStelle ideologicamente più connotati verso sinistra non stanno facendo altro che tornare all’ovile, mercé anche l’astuta e lungimirante scelta del partito di affidare la presidenza alla wokeista Elly Schlein: un’esca appetitosa per un elettorato più sensibile ai “problemi” dell’agenda woke-arcobaleno che a quelli della vita reale.

Problemi che invece, a quanto pare, riescono ancora a mobilitare una parte consistente di elettorato verso il centrodestra. Le quotidiane sofferenze dei pendolari, bloccati sull’asfittico sistema stradale e ferroviario ligure che il programma di Bucci, in continuità con quello di Toti, promette di modernizzare e adeguare alle esigenze dei liguri, fanno ancora più presa delle istanze woke e gretine. Così come il supporto alla cultura popolare e all’identità locale dato da Bucci nella sua gestione di Genova ha attratto l’elettorato più delle suggestioni mondialiste e globalizzate.

La vittoria del centrodestra in Liguria dunque da un lato conferma il trend di generale consenso verso l’azione di governo della maggioranza, a livello centrale e locale. Dall’altra parte, l’astensionismo crescente e il rafforzamento del PD come azionista unico del centrosinistra pone nuove sfide.

Il ristrettissimo margine con cui Bucci s’è assicurato la vittoria su Orlando e la cavalleresca ammissione di sconfitta da parte di quest’ultimo pongono infine un’ultima considerazione: l’evidente superiorità del sistema di controllo elettorale italiano, rodato in ben 78 anni di vita repubblicana. Scheda cartacea, urne, liste e commissioni elettorali composte da cittadini e rappresentanti di partito al seggio garantiscono il pieno controllo del risultato di voto da parte del popolo. E mettono a riparo la nostra democrazia dalle insidie di brogli e veleni in agguato in tutti quei paesi dove voto elettronico e postale sottraggono ai cittadini il diritto di controllo diretto delle schede. Un messaggio importante per la maggioranza, affinché respinga con la più recisa fermezza le sirene che – guarda caso – da sinistra chiedono l’introduzione di questi sistemi elettorali anche in Italia.

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