La nuova destra di Daniele Capezzone: un discorso di libertà ai ceti dimenticati dalla sinistra

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Daniele Capezzone è un liberale riformatore che “guarda a destra”, ma a un nuovo modello di destra che non fornisce alcun appiglio agli avversari per poterla incastrare nelle vecchie polemiche ideologiche, anzi li sfida sul terreno della modernizzazione. È una destra che non c’è? Intanto però come saggio (“Per una nuova destra. Antitasse, pro libertà, dalla parte dei dimenticati della sinistra”, Piemme edizioni) è in testa in due classifiche di Amazon dedicate alla politica, lasciandosi alle spalle in entrambi i casi Romano Prodi con le sue fondamentali memorie di statista…

Daniele, allora “si può fare”: affermare un primato nella elaborazione delle idee senza consegnarlo alle sinistre come per pigrizia si è fatto negli ultimi decenni?

Non vorrei esagerare l’importanza di questi primati: sono solo due miniclassifiche provvisorie di Amazon, né mi faccio l’illusione di aprire una breccia nel muro della sinistra culturale, però mi permetto di contribuire – questo sì – ad un approccio diverso, proprio di una destra liberale.

Una destra fondata sul valore dell’individuo non rieschia di essere una destra “esotica” per l’Italiano medio abituato ad attendersi un’ampia tutela dallo Stato anche a costo di sopportare una fiscalità oppressiva?

Non sono così presuntuoso da voler dettare la linea e nemmeno il tono alla destra semmai nel libro c’è l’indicazione di un modello da partito repubblicano americano o da partito conservatore britannico nei quali convivono sotto una stessa tenda culture politiche diverse. Io non ambisco ad altro se non a dare un contributo ad una delle tante culture politiche che possono convivere.

Dopodiché, per non eludere la domanda, penso che in Italia ci siano tutti i presupposti per promuovere una mentalità pro individuo e pro impresa: non esiste altro paese al mondo con sette otto milioni di piccole e medie imprese e con il 70% di proprietari immobiliari come l’Italia. Quindi c’è una attitudine al fare e anche alla tutela della proprietà come presidio di libertà rispetto all’invadenza dello Stato.

Nello stesso tempo tu dici che una vera destra può parlare anche ai lavoratori dipendenti come è riuscito a fare Trump in passato

… o anche Johnson. Il punto è che la sinistra ha dimenticato gli stessi lavoratori dipendenti. A me pare che oggi tutto il discorso della sinistra sia rivolto per un verso agli intellettuali e all’élite urbane e per un altro verso a una minoranza di garantiti Si apre allora un grande spazio per la destra.

Proponendo cosa?

Proponendo come un mantra: meno tasse, meno tasse. Tutti devono sapere – lavoratori autonomi o dipendenti – che l’obiettivo di un governo di centrodestra nell’arco di cinque anni deve essere un alleggerimento fiscale. L’obiettivo di lasciare più soldi in tasca a ciascuno non è solo una soluzione economica, ma è una visione della vita: non lasciare che si allunghino le mani sulla casa e nel portafoglio.

E cosa direbbe una nuova destra a una vasta categoria di cittadini sempre più insofferenti nei confronti del Green Pass?

In questo caso basterebbe invitare a dare uno sguardo alla cartina geografica del mondo: c’è solo un paese che sciaguratamente adotta questo provvedimento. E sono abituato a credere che se tutto il mondo fa una cosa e noi facciamo un’altra…

guidiamo contro mano in autostrada.

Eh sì!

E sulla questione calda del Green Pass si è innescata l’ennesima polemica sul pericolo fascista.

Mi sembra molto stanco e prevedibile il rituale con cui gli esponenti della sinistra tirano fuori questa arma nella settimana preelettorale; si cerca di suscitare un riflesso pavloviano da parte dell’elettore di sinistra che secondo loro non può essere mobilitato se non con questo tipo di stimolo: oddio, arrivano i fascisti! Francamente mi sembra un’arma molto logora che forse potrà funzionare in ballottaggi già segnati per altre ragioni, ma non in vista di obiettivi più importanti.

Tipo le elezioni politiche, dove il centrodestra dovrebbe conservare un vantaggio complessivo.

A patto che i suoi leader si rendano conto che non è affatto scontata una vittoria, che il tentativo di fascistizzare la destra proseguirà e si incattivirà e che comunque per vincere non basta avere voti: quella è una precondizione, ma non è sufficiente.


Forse la maledizione del centrodestra è quella di interpretare il buonsenso dell’elettore e pertanto di avere un vasto serbatoio di consensi, ma con un deficit nella capacità di progettare una vera e propria egemonia culturale.

Mettiamola così: avere un rapporto forte con la common people è straordinario e in un sistema democratico degno di questo modo sarebbe l’asset principale, ma in Italia non basta per cui è necessario costruire una egemonia alternativa. La destra si è concessa per troppi decenni il lusso di essere subordinata e marginale nel dibattito culturale, nell’editoria, nell’accademia adesso perfino su internet: è il momento di cominciare a lavorare su questi fronti, senza fare lagne, ma in maniera propositiva.

Ad esempio sul fronte dell’ecologia, cosa proporre in alternativa al “modello Greta”?

Tutti abbiamo l’ambizione di favorire sistemi che siano maggiormente rispettosi dell’ambiente, ma sinora è stata la sinistra a dettare la musica e per conseguire gli obiettivi “green” si sono seguite le strade più stataliste: più tasse e più regolamentazioni. Invece occorre seguire la strada del mercato, che probabilmente ha più chance di funzionare.

Cioè bisogna rendere vantaggiosa l’innovazione ecologica. Mentre invece il vertice dell’UE ha impostato il discorso all’insegna di un dirigismo tipo Germania Est…

e con il retropensiero che siano i ceti medi e i ceti bassi, con le loro case e le loro automobili a dover pagare il conto per tutti.

Anche per la Cina che continua ad usare le centrali a carbone

Certo.

Ora tra un’Europa a guida franco-tedesca e l’Anglosfera è facile capire per chi batta il cuore di Daniele Capezzone, però nella UE ci siamo: come trovare una quadra tra presenza nella Europa istituzionale e alleanza occidentale?

Non faccio spoiler, ma nel libro ci sono delle proposte concrete di rinegoziazione della nostra presenza nella UE.

Neanche io faccio spoiler però a un certo punto tu scrivi che il momento della Brexit sarebbe stata l’occasione più propizia per ripensare l’Europa.

I ventisette membri rimanenti invece di demonizzare chi legittimamente usciva avrebbero fatto bene a cogliere questa occasione per ripensare le proprie regole di convivenza.

Ma questa nuova destra che tu prospetti non sarebbe più facilmente realizzabile nel perimetro che tradizionalmente occupa Forza Italia?

Penso che non ci siano più i confini tradizionali: c’è un vasto elettorato di centro-destra che al proprio interno è molto più omogeneo di quanto non siano i rispettivi rappresentanti politici. Quindi sta alla fantasia al coraggio e all’intelligenza dei protagonisti attuali e futuri elaborare una offerta politica che sia convincente.

L’intervistatore ti vieta di essere umile e ti chiede di dare un consiglio alla Meloni e un consiglio a Salvini, i due politici che vengono identificati come i leader delle “destre”.

Consiglierei di dedicare un pomeriggio del loro tempo alla lettura di questo libro non perché io abbia la pretesa di indicar loro un percorso: proprio perché conosco la politica ammiro la grande e buona fatica con cui l’uno, Salvini, ha preso un partito al 4% e ha moltiplicato i voti per cinque e l’altra, Giorgia Meloni, ha inventato un partito e l’ha portato al 20%. Entrambi sono però in una fase in cui possono concedersi il lusso di una riflessione strategica. Il libro non pretende di monopolizzare questa riflessione, ma qualche indicazione utile può venire dalle sue duecentocinquanta pagine.

Ultima riflessione a sguardo allargato. Siamo nel mezzo di uno scontro in atto tra USA e Cina: una parola chiara riguardo a quello che si prospetta come l’antagonismo fondamentale del XXI secolo?

Sconsiglio, con la esse, anche solo di pensare di praticare furbizie levantine in questa partita geopolitica, immaginando di stare un giorno con l’uno, un giorno con l’altro: di ammiccare alternativamente di qua e di là. Sarebbe deleterio per l’Italia

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