Addio Alitalia, perdiamo un pezzo di italianità

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Si, è vero, è stata per decenni la mangiatoia dei partiti, la quintessenza di una politica clientelare, un postificio che andava dall’ultimo uscire al top manager. Ma oggi che Alitalia finisce nessuno, che non sia in mala fede o interessato, potrebbe gioire. Viene meno infatti un patrimonio di bellezza e al tempo stesso di italianità.

La bellezza, l’estetica, per noi, è assai importante e per lunghi anni Alitalia è stata la compagnia più bella del mondo, per le linee degli aerei, per i coloro e le forme degli interni e delle divise, e anche, diciamo pure, per la grazia della hostess. E’ stata poi la compagnia in cui si viaggiava meglio, in tutti i sensi. Probabilmente Alitalia non ha potuto reggere la concorrenza in un’epoca, quella della globalizzazione, in cui il viaggiare appare più simile a una transumanza bovina, e il viaggiatore ha preso il posto dell’atroce turista. Nell’epoca della turistizzazione del mondo, di cui parla Roberto Calasso ne L’innominabile attuale, l’eleganza e il confort di Alitalia erano diventati troppo anti economici. Non per questo possiamo dire che il passaggio da Alitalia alle compagnie low cost sia un progresso. Anzi, sì, è un progresso, nel senso che tipico del progresso è aumentare la quantità a discapito della qualità. Ma non certo un miglioramento.

E viene meno un pezzo di italianità. Perché possedere una compagnia di bandiera, per un grande paese (non siamo il Belgio o la Svizzera) è fondamentale, e ancor più per uno che possiede il maggior giacimento turistico del mondo. O sono forse imbecilli francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli, nel proteggere la loro? Controllare gli asset delle rotte è un mezzo per difendere la propria sovranità: e noi ne abbiamo buttato via un pezzo, oggi.

Bisogna infatti chiedersi se questo destino fosse segnato. Se la narrazione della “mangiatoia” non abbia impedito di cercare altre strade, se alcuni leader politici e ministri non abbiano volutamente fatto nulla per favorire altri paesi, avvantaggiati da una uscita di scena di Alitalia. In fondo, è la stessa narrazione che portò alla svendita delle imprese pubbliche realizzate dal governo Amato nel 1992 e da quello Ciampi nel 1993. Do you remember Britannia?

Del resto non è un caso che a seppellire Alitalia sia stato uno dei governi più anti italiani di sempre, il Conte II, e che il ministro che gesti l’operazione, Roberto Gualtieri, si senta più europeo che italiano (e probabilmente lo è). Oggi Gualtieri è candidato sindaco di Roma: i lavoratori in procinto di essere licenziati da Alitalia si ricordano bene di lui, ed è bene che se ne ricordino domenica e lunedì prossimi.

Addio Alitalia, al tuo posto arriva Ita, piccola, meschina e brutta, come l’estetica (anzi, l’anti-estetica) post comunista e grillina che ti ha creato.

2 Commenti

  1. Ah Professore, lei ci azzecca sempre. Non ho ancora capito come fa a combaciare esattamente con me. Legge nel mio pensiero? Forse per i caproni va bene questo passaggio.. viaggi stratosferici senza conoscere dove sono nati o forse senza neanche saperlo:))

  2. Peccato che insieme al patrimonio di bellezza e al tempo stesso di italianità non venga meno anche un pozzo di miliardi (di debiti) sprecati in una azienda il cui solo torto è stata quella di essere “amministrata dalla politica”.

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