L’orrore comunista e lo sterminio silenzioso di cittadini italiani

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fonte rossoistria.it

Niente spiega l’orrore delle foibe meglio dei racconti dei sopravvissuti. Pochissimi uscirono vivi da quella barbarie. “Dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell’alba, sentì uno dei nostri aguzzini dire agli altri: ‘Facciamo presto, perché si parte subito’. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un fil di ferro, ci fu appeso alle mani legate un sasso di almeno venti chilogrammi. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, ci impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il fil di ferro che teneva legata la pietra, cosicché quando mi gettai nella foiba, il sasso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 metri e una profondità di 15 fino alla superficie dell’acqua che stagnava sul fondo. Cadendo, non toccai fondo, e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole – Un’altra volta li butteremo di qua, è più comodo – pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott’acqua schiacciandomi con la pressione dell’aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e a guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutivi, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese per timore di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo”, raccontò uno di loro.

Di ignobile non ci sono solo i fatti, ma la volontà di tenerli taciuti. Le vicende dell’esodo giuliano-dalmata sono un pezzo di storia censurata per decenni. Un vizio anti-italiano che ha umiliato i nostri concittadini discriminati dall’Italia stessa e svenduti dalla cecità antifascista alla prepotenza Titina. Con i partigiani vicini al Pci che collaboravano con gli infoibatori perché volevano che un pezzo di Italia fosse annesso alla Jugoslavia. Un fatto che ebbe un macabro culmine nell’eccidio di Porzus, in cui i partigiani bianchi (fra i quali il fratello di Pasolini) furono trucidati da quelli rossi.

“Bisogna che si sappia come un italiano è stato trattato. […],nel 1945 il Tribunale di Trieste, che era sotto il Governo alleato, mi ha bollato come collaborazionista e sono finito in galera per due anni. Non hanno guardato se avevo combattuto per salvare i miei connazionali e le nostre famiglie. Sono stato umiliato”, ha raccontato in un’intervista a “Famiglia Cristiana” Graziano Udovisi, ultimo superstite delle foibe scomparso nel 2010. E poi “quella ragazza sequestrata dai partigiani”, della quale “per tutta la notte si erano sentite le urla mentre la seviziavano e la stupravano in branco”, prima di gettarla viva in una foiba. Era Norma Cossetto, studentessa universitaria figura simbolo del martirio degli infoibati. Uno sterminio che ha provocato decine di migliaia di morti ed oltre 200 mila deportati.

Con questa verità ancora oggi la sinistra fa fatica a fare i conti. Oggi invocano l’arrivo dei profughi stranieri, ma quando nel ’47 i profughi italiani furono privati di tutto e costretti ad abbandonare i loro paesi e le loro abitazioni in Istria, Quarnaro e Dalmazia, deportati in treno in condizioni indegne furono accolti a sassate, sputi e lancio di pomodori alla stazione di Bologna dai giovani che sventolavano la bandiera rossa. In Toscana da consigliere regionale feci approvare un viaggio studio rivolto agli studenti presso il Monumento nazionale della Foiba di Basovizza (Trieste): oltre al viaggio del Treno della Memoria, che ogni anno accompagna centinaia di studenti in visita nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau, grazie alla mia mozione  la Regione ne organizza uno anche per far conoscere ai giovani il dramma delle foibe. Peccato che il Pd che vi governa da sempre abbia affidato l’organizzazione dell’iniziativa all’Anpi e non alle associazioni di riferimento delle vittime. Grottesco, come se facessero raccontare la storia di Berlinguer a un ex dirigente del MSI, o quella di Almirante a un comunista. La memoria condivisa purtroppo è ancora lontana.