Addio a Giuseppe Parlato, storico delle Destre e del “fascismo rosso”

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Giuseppe Parlato durante l'intervista con Edoardo Sylos Labini nella puntata di "Inimitabili" dedicata a Giovannino Guareschi

Ci ha lasciato a soli 73 anni Giuseppe Parlato. Storico contemporaneista, Parlato è stato non solo uno dei più apprezzati studiosi del nostro paese, in particolare sulle Destre politiche in Italia di cui era il massimo esperto, ma anche un formidabile organizzatore culturale e formatore. La sua scomparsa, avvenuta ad poco più di un anno dalla nomina a direttore dell’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea e di vicepresidente della Giunta Storica Nazionale, ha scosso il mondo della ricerca storica e anche il ministro Alessandro Giuli ha espresso il suo cordoglio per la perdita di “un punto di riferimento di cui sentiremo la mancanza” e promettendo che il Ministero ne onorerà la memoria.

La carriera universitaria

Nato il 29 maggio 1952 a Milano ma con radici siciliane e piemontesi, si laurea a Torino con un lavoro sui Moti del 1821. Nel 1981 si trasferisce a Roma, anche perché, come raccontò anni dopo a Giampaolo Pansa che ne scrisse ne “La Grande Bugia”, nel capoluogo piemontese si trova all’angolo, in un ambiente dove l’intolleranza della sinistra è totalitaria e lui, giovane laureato e frequentatore della gioventù cattolica dei Comitati Civici di Gedda, aveva ben poche possibilità di fare ricerca (e di non finire all’ospedale, visto il clima del tempo…), anche per non aver accolto il consiglio di Galante Garrone di prendere la “tessera giusta”.

Nella Capitale Parlato invece diventa ricercatore sotto la guida di Renzo De Felice iniziando una carriera di docente che lo porterà prima alla LUISS e all’ateneo di Camerino, poi di nuovo a Roma, fino ad assumere l’incarico di preside e poi magnifico rettore tra il 2006 e il 2009 della Libera Università San Pio V.

Un intellettuale di razza

Come detto, oltre all’attività universitaria, Parlato è stato un infaticabile organizzatore e animatore culturale, fra l’altro come direttore (dal 1991) e poi presidente (dal 2008) della Fondazione Ugo Spirito, istituzione che proprio lui porterà ad assumere la denominazione di “Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice”, in omaggio al grande storico che aveva fatto parte del direttivo dell’ente fin dal 1986. La Fondazione raccoglie non solo l’archivio e la biblioteca del filosofo a cui è intitolata, ma proprio sotto la direzione di Parlato inizia a espandersi, raccogliendo numerosi altri fondi, tanto da diventare il punto di riferimento nazionale per la storia delle Destre italiane e del Fascismo.

La personalità gioviale e mai sopra le righe di Giuseppe Parlato gli ha consentito di essere apprezzato in ogni ambiente, anche fra coloro che per pregiudizio politico avrebbero volentieri fatto a meno dei suoi fondamentali contributi di studioso nel solco del revisionismo storico. Fra gli allievi di De Felice, Parlato sarebbe stato quello che nel 1996, quando lo storico reatino scomparve, meglio d’ogni altro avrebbe potuto completare la monumentale biografia di Mussolini, ma – con rammarico più volte espresso dallo stesso Parlato – venne escluso dal lavoro di pubblicazione postuma dell’ultimo volume dell’opera, rimasto allo stato di bozze e appunti sparsi.

Parlato comunque ha consolidato il lavoro di Renzo De Felice, estendendo le sue intuizioni oltre che allo studio del Regime anche al neofascismo postbellico e suggerendo nuove interpretazioni che oggi sono lo stato dell’arte sullo studio di questi ambiti storici. Di fatto, Parlato è il principale esperto del Movimento sociale italiano e degli altri movimenti di destra italiani nel secondo dopoguerra. A lui si devono analisi fondamentali sul sindacalismo e la sinistra fascista, sul rapporto fra l’amnistia Togliatti e l’afflusso di ex fascisti repubblicani nel Partito comunista. Inoltre Parlato è stato una preziosissima e insostituibile guida per la storia del confine orientale, contribuendo al Comitato 10 Febbraio come presidente del comitato scientifico e collaborando con le diverse associazioni e fondazioni degli esuli giuliano-dalmati. Fra le sue numerose opere vanno ricordati La sinistra fascista: storia di un progetto mancato (Il Mulino, 2000), Fascisti senza Mussolini: le origini del neofascismo in italia (1943-1948), (Il Mulino, 2006), La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale, (Luni, 2017), La Nazione dei nazionalisti. Liberalismo, conservatorismo, fascismo (Fallone, 2020) e Le destre nell’Italia del secondo dopoguerra. Dal qualunquismo ad Alleanza Nazionale (con Andrea Ungari) (Rubbettino, 2021).

Il ricordo personale

Nel compiangere la prematura scomparsa di uno studioso di così rare qualità, non può mancare il ricordo personale: Giuseppe Parlato aveva infatti collaborato col direttore Edoardo Sylos Labini nella realizzazione della puntata di “Inimitabili” dedicata a Giovannino Guareschi, personaggio che Parlato amava profondamente e che proprio grazie a lui è stato possibile per molti giovani studiosi approfondire alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice con gli archivi che era riuscito a raccogliere e conservare sul papà di “Don Camillo” e il suo giornale, il Candido.

Personalmente, chi scrive deve a Giuseppe Parlato tantissimo: dai primi incoraggiamenti e consigli a un giovane dal carattere non esattamente simpatico come il sottoscritto, la possibilità di rientrare nel giro della ricerca storica dopo le porte sbattute in faccia all’università fino all’incontro con Fabio Andriola e “Storia in Rete”, realizzatosi grazie a Parlato e ai convegni da lui organizzati fra 2004 e 2005.

Parlato è stato davvero un maestro di professionalità nel campo della storia, nonché persona squisita da frequentare, interessantissima e piacevole, col suo vezzo per le freddure e l’abilità nel raccontare aneddoti. La sua scomparsa prematura è fonte di una grande amarezza, che trova consolazione solo nell’enorme eredità lasciata dal suo lavoro di storico e di formatore di tanti giovani speranze nel mondo della ricerca.

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