Palestrina: il «principe e salvatore» della musica

0

I 500 anni di Giovanni Pierluigi da Palestrina, il più grande autore di musica sacra di tutti i tempi, si intrecciano alle celebrazioni del XXV giubileo della Chiesa cattolica

Il Giubileo della Chiesa quest’anno si sovrappone a quello di un gigante della storia artistica italiana e mondiale: Giovanni Pierluigi da Palestrina, il «principe della musica», che quest’anno avrebbe compiuto 500 anni. Anche se incerto, l’anno di nascita di Palestrina è infatti fissato storicamente al 1525 e dunque quest’anno è un’occasione speciale per ricordare la figura di un compositore divenuto nei secoli il maggiore rappresentante della musica sacra. Una doppia celebrazione per la Chiesa e per l’Italia, non a caso aperta dal concerto giubilare straordinario della Cappella pontificia Sistina nella basilica di Sant’Apollinare a Roma, lo scorso 22 dicembre, dedicato proprio al Principe della Musica, oltre che agli altri due grandi direttori del coro papale, Lorenzo Perosi (1872-1956) e Domenico Bartolucci (1917-2013).

Il XVI secolo non fu dei migliori per l’Italia: il terribile sacco di Roma (1527) sembrava segnare la fine del nostro Rinascimento e la contemporanea espansione della Riforma protestante poneva grosse limitazioni alla Chiesa Cattolica costringendola a un riordino politico e spirituale. Il Concilio di Trento (1545-1563) riuscì a contrastare la rivoluzione luterana e spinse la Chiesa ad una riforma a sua volta, amministrativa e liturgica, che coinvolse anche la musica. Le forze conservatrici non vedevano di buon occhio il fascino seduttivo della musica, ma la pura e serena polifonia di Palestrina apparve come il giusto compromesso tra le esigenze liturgiche e la bellezza affascinante delle note. Da qui nacque la leggenda di Palestrina come «salvatore» della musica che altrimenti rischiava di finire stritolata dalle rigide regole della Controriforma, in cui forte era la corrente di chi si opponeva all’estetica della polifonia rispetto alla secolare tradizione del canto monodico gregoriano.

Nato a Palestrina (RM), a dieci anni Giovanni Pierluigi è già cantore presso la basilica romana di Santa Maria Maggiore; nel 1544 torna nella sua città, dove viene nominato organista e maestro di canto del Duomo sotto la protezione del cardinale Giovanni Maria del Monte, vescovo della cittadina, che, divenuto papa Giulio III nel 1550, lo volle con sé a Roma. Nel 1554 appare il «Primo libro di messe» e nel 1555 Palestrina è cantore della Cappella papale Sistina, dalla quale viene però estromesso perché sposato. Sarà poi maestro a S. Giovanni in Laterano, a S. Maria Maggiore e, dopo qualche anno al servizio del Cardinale d’Este (tra il 1567 e il 1571), diverrà maestro di cappella a S. Pietro, ruolo che ricoprirà fino alla morte (1594). La sua produzione è vastissima: 250 mottetti, numerosi madrigali profani e spirituali, molteplici inni e più di 100 messe tra le quali la famosa «Missa Papae Marcelli».

Fu considerato tra i massimi compositori di scuola romana del XVI secolo e ritenuto modello ideale per la composizione polifonica sacra per aver saputo conciliare, in modo magistrale, quella che era la funzione propriamente sacra della musica cattolica con gli aspetti più apertamente estetici. Purtroppo le composizioni sacre italiane fra i secoli XV e XVI sono in gran parte perdute e, anche se Roma riveste una posizione centrale – che le vicende religiose del secolo accentuarono – non possiamo tracciare un’accurata storia della musica di quel periodo; certo è che il genio di Giovanni Pierluigi da Palestrina doveva basarsi su solide radici che gli permisero di esprimere appieno le sue notevoli doti di contrappuntista.

Palestrina è forse il primo «classico» nella storia della musica Occidentale, il primo musicista le cui composizioni non hanno mai smesso di essere eseguite, fin dal momento della creazione. Giuseppe Verdi definiva i musicisti italiani «discendenti di Palestrina», che era il suo compositore prediletto. L’originalità dell’invenzione musicale palestrinana si limita all’elaborazione formale, ma il lavoro compositivo – artigianato, diligenza, assiduità – sale ad esiti trasfigurati di fluente efficienza ed illuminata bellezza sonora. Nel divenire dell’opera, Palestrina accentua la trasparenza, l’essenzialità, l’equilibrata esattezza dei suoi congegni polifonici; nei mottetti – liberi da quel vincolo che hanno le messe, dal testo sempre uguale – c’è grande varietà e flessibilità nell’uso di materia sonora originale. Lo stile è così variegato, pur se sottoposto ad un controllo ferreo, che non è possibile redigere un catalogo di schemi costruttivi e forse è proprio questo il bello della musica palestriniana. Talvolta dal testo stesso l’autore estrae dei bellissimi spunti di «pittura sonora» ovvero la capacità della musica di descrivere una parola o un’emozione; cosi nelle prime battute del celebre mottetto «Super flumina Babylonis» sembra proprio di sentire scorrere le acque del fiume, come pure nelle lunghe note dell’incipit del mottetto natalizio «O magnum mysterium» vediamo lo stupore dei pastori dinanzi alla capanna di Gesù. Nella pur vasta produzione profana, Palestrina sembra semplicemente riadattare a testi non liturgici le maniere mottettistiche e questo, ancora di più, ci conferma che il suo stile è unico (a prescindere dal tema trattato) e divenne per questo esemplare.

La musica palestriniana ha visto la sua eclissi con la riforma liturgica del Vaticano II, che beffardamente venne aperto proprio con la monumentale esecuzione della «Missa Papae Marcelli» da parte della Cappella Sistina diretta da Domenico Bartolucci. Proprio questo grande e tenace musicista toscano riuscì a riportare in auge il «Principe della Musica», anche se quasi sempre in contesti concertistici, fuori dalla liturgia, dove invece trovò ostacoli insormontabili da parte dei «progressisti». Così, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso c’è stato un revival palestriniano, soprattutto in area anglosassone, rimanendo invece isolata in Italia la lezione di Bartolucci, ancorché il più raffinato interprete e studioso di Palestrina, pour cause creato cardinale da Benedetto XVI, in riconoscimento dei suoi meriti artistici. Ma il buon seme sta germinando, e gli allievi del maestro mugellano stanno dando vita anche nel nostro Paese a una rinascita palestriniana, nella quale si segnala da qualche anno proprio il coro della Fondazione dedicata a Bartolucci, sotto la direzione del «sistino» Adriano Caroletti, che recentemente ha inciso una eccellente versione della «Missa Papae Marcelli» inserita perfettamente nel solco bartolucciano.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

quindici − 12 =