Paola Tavoletti, “poesie-quadro” (in)visibili

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Invisibilità tangibile tecnica mista su carta- Paola Tavoletti

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Paola Tavoletti è artista e scrittrice, quindi artista a tutto tondo. Romana, artisticamente ispirata al futurismo (specie declinato al femminile), piace pensare che sui suoi quadri accenti, dettagli e materiali applicati assolvano alla funzione verbale della parola scritta. Del resto la sia produzione include poesia, brevi racconti, graphic novels, pittura, illustrazione, disegni. Non a caso le sue opere sono generalmente dette “poesie-quadro”, qualcosa però di molto diverso (e concettualmente meno cerebrale) della poesia verbo-visuale che la storia dell’arte ci ha consegnato a partire dalla seconda metà del Novecento.

Se prendiamo ad esempio in considerazione la tecnica mista intitolata Invisibilità tangibile ci troviamo innanzitutto davanti a un ossimoro molto eloquente: una “cosa” non visibile che è tangibile. Ma anche una “cosa” non scritta eppure detta. La composizione in oggetto, dominata dall’armonizzazione dei colori rosso e bianco dettagliati da linee e marcature nere scabre e nervose, è più di un paesaggio (quale che possa essere il paesaggio), di più di una dechirichiana piazza metafisica, di più di un coordinamento di elementi come ad esempio Il ritratto di Apollinaire, sempre di De Chirico, dedicato al poeta e scrittore francese affine alla metafisica: qui il campo della composizione è idealmente scomposto da “pannelli”, su un lato la turris eburnea affiancata da un’eterea silhouette femminile in ascensione, sull’altro elementi che sembrano non c’entrar niente (un volto femminile forse ritratto in uno specchio rovesciato, un rapace disegnato di sotto in su), come avviene nel succitato Ritratto di Apollinaire, mentre i petali di rose rosse giustapposti a sinistra di fianco alla torre sembrano lapilli di parole scaturenti da un’esplosione di colore. E infatti la poesia omonima che accompagna l’opera cita espressamente quella “[…]leggerezza filtrata attraverso le crepe di pietre antiche”, quelle “[…] emozioni colate lungo rocce vulcaniche”.

Sangue Invisibile
tecnica mista su carta- Paola Tavoletti

Discorso non dissimile che interessa l’opera intitolata Sangue invisibile, dove però l’Artista sembra meno irruenta, più quieta: il sangue del titolo può far pensare alla sofferenza, ma del resto non è anche vero che attraverso la sofferenza, per esempio, la donna dà la vita? E non è il sangue l’elemento primordiale legato alla vita nelle tradizioni di ogni epoca e latitudine? Non è del resto il sangue Il sugo della vita (per citare un libro per niente famoso, almeno a livello dei non addetti ai lavori e qui l’arte c’entra niente)? In Sangue invisibile le nere marcature nervose cedono il passo a filamenti cromatici tenui, quasi gessetti colorati, mentre ritroviamo le applicazioni coordinate sulla composizione, fatte qui di pattern coloristici che schiudono all’osservatore un giovane volto femminile, anch’esso eburneo come la torre di cui sopra, su cui fiammeggia di nuovo il rosso, armonizzato nel turbinio dello stesso colore che caratterizza i pattern che sembrano in ceto senso farlo sopravvenire dal film pittorico. Ancora l’invisibile/percepibile, ancora il rapporto di specchi fra parola e figura, ancora l’apporto (o il supporto?) verbo/visivo nella composizione che accompagna l’opera riconoscendola: “Il mio sangue invisibile, fluido / come mercurio che misura il mio spazio / in-between / quella che sono che ero che sarò, / un vivido flusso di incoscienza, / lucido e concentrato”. Certo, roba tosta, con quell’intercalare dell’Inglese nell’Italiano come nella musica di Pino Daniele, che spesso per pura assonanza inseriva nei testi delle sue canzoni le parole della Perfida Albione raggiungendo un risultato foneticamente (e musicalmente) straordinario.

Di Paola Tavoletti ci eravamo occupati nel recente passato, quando per Annuario Artisti 2022 scrivemmo di quei […] “Volti e corpi stilizzati al massimo grado, uso ricorsivo del colore, margini marcatissimi, come silhouette, segno nervoso. Il protagonista dell’opera di Paola Tavoletti non ha volto, può essere un poeta, un artista o un sacerdote, passa tra la folla colorata come l’eremita di Nietzsche in Così parlò Zarathustra”.

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