Perdersi e ritrovarsi con le installazioni d’arte di Silvia Scaringella

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Se volete conoscere meglio il linguaggio dell’arte contemporanea, incontrare artisti che prima di tutto sono consapevoli di quanta artigianalità sia necessaria per realizzare un’opera, il consiglio che posso dare è quello di andare oltre i percorsi museali suggeriti da forti investimenti in termini di comunicazione, così da abbandonare, ogni tanto, le strade già tracciate dove è più facile perdersi, per imboccarne alcune che, dandoci una forte scossa tensiva, ci permettono di ritrovarci. Con questo spirito ho visitato sabato scorso, accompagnato dall’artista, la mostra di Silvia Scaringella, nello spazio espositivo di via Belsiana 92 a Roma.

Può capitare che, in una piccola superficie, sia racchiusa, fino a disvelarsi, la grande poetica che questa scultrice ha saputo scavare nella propria anima, così come nel gesto che compie per realizzare le sue opere plastiche. La prima sensazione che può cogliere il visitatore è quella dell’inconsapevole volontà dell’autrice di rappresentare il disagio della pesantezza del vivere, scegliendo come metafora di questo stato d’animo l’utilizzo di vetri rotti. Silvia mi ha precisato di averli raccolti, nello stato in cui li ritroviamo, nelle vetrerie di Carrara, dove non solo si è formata ma, per alcuni anni, ha avuto lo studio prima del ritorno a Roma sua città natale.

Il disagio nasce certamente dalla percezione della sofferenza che l’artista manifesta nell’unire i vetri rotti alle api marmoree dalle zampe bronzee presenti nel suo lessico, fino a trovarne liberazione nella profonda bellezza estetica del segno dove l’ape, lasciato il marmo bianco statuario della tradizione carrarese, si trasforma in impronta della china su carta in “Aneurisma”, opera composta da cinque doppi pannelli dalle dimensioni complessive di 250 cm per 170.

Un contrasto di linguaggio solo apparente, che invece altro non è che l’altare in cui si compie la catarsi di quello sciame d’api bianco che forma un flusso leggero e fuoriesce dal rubinetto installativo ready made, dal titolo “Sciame” (2016), con cui Silvia fa il verso all’orinatoio di duchampiana memoria. Consiglio la visita (dalle 9 alle 19 telefonando per appuntamento al numero 380 316 0018), per maggiori notizie sull’artista il link da consultare è www.silviascaringella.com

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