“Regionalizzare il sistema scolastico è un’idea bislacca”

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Ernesto Galli Della Loggia, docente di Storia contemporanea ed editorialista del Corriere della Sera, è da anni intensamente impegnato in una battaglia politico culturale volta a sensibilizzare politici e opinione pubblica sul tema del rilancio della scuola. Professore perché è una questione così cruciale?

Innanzitutto perché chi fa politica dovrebbe essere provvisto di una visione generale del paese e per esserne provvisti bisogna conoscere la Storia e l’identità della Nazione che si vuole governare. In caso contrario è difficile conseguire risultati positivi. Purtroppo il ceto politico e l’opinione pubblica in Italia sono generalmente privi di una conoscenza del genere. Secondo, oggi nel mondo c’è bisogno di persone istruite per essere competitivi e la scuola italiana non ne produce a sufficienza.

In effetti ci sono dati allarmanti che riguardano il numero dei laureati a confronto con le altre nazioni europee, i libri venduti, i lettori di giornali. Come è possibile che una nazione come la nostra, ritenuta all’estero una superpotenza culturale, si sia ridotta così?

E’ necessario precisare una cosa: l’Italia non è mai stata considerata una superpotenza culturale per il suo modello di istruzione. Abbiamo sempre dovuto fare i conti con un tasso di analfabetismo molto alto, colmato solo di recente. Siamo considerati una superpotenza perché la cultura italiana nel suo complesso ha avuto un grande prestigio, nella letteratura, come nell’arte nella musica e nelle scienze, ma non per lo standard della nostra istruzione pubblica.

Quanto ha inciso il Sessantotto sulla decadenza del nostro sistema educativo?

Moltissimo. E’ vero che all’epoca c’era l’esigenza di cambiare, ma i risultati furono disastrosi. Avevamo due priorità: creare la scuola media unica e, contestualmente, dar vita ai due canali di istruzione: uno per reclutare gli elementi destinati ai licei e un altro per l’alta formazione professionale, come in Germania, dove i ragazzi scelgono gli indirizzi a 11 anni.

E invece?

La scuola media unica l’abbiamo fatta, riempita di ideologia egualitaria e utopistica. Il doppio canale invece no, per quel pregiudizio ideologico secondo cui avrebbe determinato una scuola di serie A e una di serie B. Il disastro è arrivato poi con l’autonomia degli istituti scolastici. Ne è venuta fuori una scuola con la tendenza a non selezionare e a non bocciare. Oggi abbiamo il 98 per cento di promossi, con un’altissima quota di abbandoni: il volto oscuro dell’assenza di meritocrazia.

Come giudica l’operato dell’attuale governo sul fronte istruzione e ricerca?

Perché hanno fatto qualcosa? L’attuale ministro si è limitato, come i suoi predecessori, a cambiare i criteri dell’esame di maturità, sempre nel tentativo di annacquarne l’impianto selettivo. C’è questa idea stupidamente protettiva di non traumatizzare il giovane con interrogazioni ed esami. Come se poi la vita non producesse traumi e scosse psicologiche in abbondanza.

C’è chi vorrebbe riformare la scuola pubblica in senso regionalista, cosa ne pensa?

Regionalizzare il sistema scolastico è un’idea bislacca. L’istruzione deve essere nazionale, guidata dal centro. Scuola, Inps, carabinieri sono le uniche istituzioni nazionali ancora rimaste, bisogne difenderle.

Quali sono i primi tre provvedimenti che lei assumerebbe se fosse chiamato a guidare la pubblica istruzione?

Non sia mai! Sarei costretto come Gentile all’epoca ad avvertire i prefetti di prepararsi a difendere l’ordine pubblico! Innanzitutto abolirei l’autonomia degli istituti scolastici. Poi scioglierei i sindacati e introdurrei la diversificazione retributiva per gli insegnanti. Ancora, metterei fine a questo dramma tutto italiano che sono le graduatorie, questa specie di giostra per cui nessuno riesce ad avere lo stesso insegnante per l’intera carriera scolastica. Poi partirei da una considerazione: in passato, avevamo due punti di forza, la scuola elementare e il liceo classico. Recuperarli è decisivo. Io sono per il maestro unico alle elementari.

In due parole: per lei cosa significa “educare”?

Io sono legato alla vecchia idea secondo la quale l’istruzione è la madre dell’educazione. Chi è ben istruito generalmente è anche un buon cittadino e una persone cortese. Non è l’educazione alla cittadinanza democratica che fa il buon cittadino, come ritiene chi vuole introdurre lo studio della Costituzione e dell’educazione civica obbligatoria. Lo si diventa anche e soprattutto perché si è studiato Dante, si è letto Orazio e si conosce la storia del Risorgimento.