Il Centro di Arte Moderna e Contemporanea compie vent’anni e riapre in una veste nuova a cura di Gerhard Wolf.
L’ICOM, International Council of Museums fondato nel 1946, definisce così il museo e le sue funzioni socio-culturali: “Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze”.
Uno dei principi essenziali del codice etico dell’Icom è la consapevolezza che ogni azione pertinente alle funzioni istituzionali si ripercuote sulla collettività e sulle generazioni future. Un museo ha chiare e definite funzioni istituzionali: l’inventariazione e catalogazione, la ricerca scientifica, la conservazione e la sicurezza, l’archivio, la promozione, i rapporti con altre istituzioni, l’educazione, l’inclusione.
E’ sotto questa nuova visione, che compie un marcato superamento evolutivo di Museologia e Museografia, che il CAMeC riapre al pubblico con un restyling degli ambienti espositivi e la valorizzazione delle Collezioni Giorgio Cozzani e Ferruccio Battolini, e le opere del Premio del Golfo nato nel 1933 da F.T. Marinetti in un fulgido periodo storico nel quale La Spezia fu la capitale del “secondo” Futurismo. Ricordiamo in quegli anni la presenza di intense attività culturali e la frequentazione nella nostra città dei maggiori interpreti del Movimento Futurista nato nel 1909 a Parigi. E’ dello stesso anno la costruzione del palazzo delle Poste di piazza Verdi di Angiolo Mazzoni.
Alla presenza del sindaco Pierluigi Peracchini e Andrea Corradino, presidente della Fondazione Carispezia, è stata imponente la partecipazione dei cittadini e l’interesse per l’apertura alle Collezioni Cozzani e Battolini e le opere del Premio del Golfo che si collocano in adeguati e coerenti spazi espositivi, in linea con i principi delle due mission dei musei dettati dalle normative: conservazione e valorizzazione storico-culturale. Narrare la storia attraverso l’arte e promuovere la cultura come previsto dall’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.

Il prof. Giorgio Cozzani (1910-2002) nella sua casa di Via Tolone raccolse più di 1100 opere, appese ovunque, persino nei soffitti, restituendo alla vista una sensazione di horror vacui, risultato del suo percorso di collezionista che dal ’46 lo conduce attraverso gallerie, importanti mostre (Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Documenta Kassel in Germania), animato da una straordinaria passione per l’arte. Attento nelle scelte anche agli artisti di nuova generazione, indirizza il suo interesse verso le correnti del ‘900 italiano con uno sguardo alla pittura d’oltreoceano ed europea. E’ riuscito, nel suo articolato cammino animato da puro e limpido entusiasmo e competenza, a raccogliere i più importanti artisti del XX secolo: Fontana, Dalì, Mirò, Chagall, Depero, Magnelli, Munari, Fontana, Hartung, Appel. Cozzani ha anticipato con ispirata intuizione le tendenze dell’arte successivamente consacrata dalla critica internazionale. Acquisisce, negli anni in cui era prevalente la figurazione e la pittura della tradizione, importanti opere di correnti quali l’astrattismo, l’informale, l’espressionismo astratto, il postcubismo, sino alla transavanguardia degli anni ’70 di De Maria, Chia e Paladino, alla Pop Art di Andy Wharol e il Nouveau Realisme di Rauschemberg, ma con un “occhio” anche al figurativo italiano di Guttuso, Sassu, Guidi, Sironi, Carena, Brindisi, Maccari, Migneco.
Il museo fu inaugurato nel maggio del 2004 con una importante mostra di Tinguely e Munari grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale che sapientemente restaurò il vecchio Palazzo di Giustizia. L’edificio, risalente alla fine dell’800, sede di una scuola elementare e successivamente del Tribunale negli anni ’20, fu distrutto con i bombardamenti del ’43 e ricostruito negli anni ’50. Dopo la realizzazione del nuovo Tribunale nel 1994 il palazzo rimase inutilizzato sino all’apertura del CAMEeC nel 2004.
Grazie alla sinergia tra Amministrazione Comunale e Fondazione Carispezia si celebra un momento significativo per la città che apre a nuove prospettive di conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali. Si auspicano iniziative che possano dare impulso e stimolino la partecipazione dei cittadini quali mostre, laboratori per artisti, incentivazione alla creatività e allo studio.
La struttura del museo è concepita anche per un coinvolgimento delle nuove generazioni con un look accattivante nelle scelte estetiche degli spazi ideati da Wolf. Una nuova offerta culturale che invita alla riflessione e all’approfondimento, come dalle parole scelte da Wolf all’ingresso: aprire-guardare-connettere-gioire-dialogare-riflettere.