È in scena al Teatro Arcimboldi di Milano fino al 13 aprile Sapore di mare di Enrico Vanzina, Fausto Brizzi e Maurizio Colombi (produzione Alverare Produzioni, Savà Produzioni Creative, Gli Ipocriti). Due atti, durata 130 minuti più intervallo. Ecco la recensione
IL CAST
Fatima Trotta, Paolo Ruffini, Edoardo Piacente, Giulia Carra, Luca Quarchioni, Lorenzo Tognocchi, Marta Melchiorre, Paky Vicenti, Paolo Barillari, Anna Foria, Carllotta Sibilla, Elisa Filace, Giuseppe Galizia, Renato Tognocchi, Alex Botta, Pietro Mascheroni, Francesco Bianchini, Claudia Campolongo, Marta Bitti. Regia di Maurizio Colombi.

IL TARGET
Dai 14 anni in su.
LA TRAMA
Forte dei Marmi, estate 1964. Come ogni anno, arrivano in Versilia tante famiglie per trascorrere le vacanze. Molti ragazzi e ragazze si conoscono già da tempo, essendo habitué del posto: tra loro ci sono, per esempio, Luca e Felicino Carraro. I due fratelli sono inguaribili playboy che con la loro simpatia fanno conquiste tutte le estati: questa volta, Felicino è accompagnato da Susan, inglesina bionda con fisico atletico e corteggiata da tutta la spiaggia. Anche il napoletano Paolo, che insieme alla sorella Marina (persa per Luca) è nuovo nella compagnia, si scopre subito innamorato di Susan, ma la timidezza e il rispetto nei confronti di una ragazza fidanzata, gli impediscono di fare il primo passo. La bionda scatena anche le gelosie delle altre ragazze, tra cui Giorgia, adolescente dagli ormoni più che mai vivaci che prova a mettersi in competizione coi più grandi tra dispetti e tentativi di essere al centro della situazione. L’unica coppia pura e stabile della compagnia è formata dalla bellissima Selvaggia e dal dinoccolato e intellettuale Gianni, sempre alle prese con i libri di filosofia. Eppure anche tra loro sembra scricchiolare l’intesa, quando il ragazzo per la prima volta pensa al sesso, lasciandosi ammaliare da Adriana, una quarantenne amica dei suoi genitori trascurata dal marito e appassionata di poesia. Testimone e narratore di questi intrecci amorosi è Cecco, il fotografo della spiaggia e amico di tutti, un po’ come Morino, bagnino scorbutico ma in fin dei conti sempre complice dei ragazzi. E intanto dal jukebox e dal palco della Capannina risuonano ogni giorno canzoni che diventano la colonna sonora di un intero decennio…
LA MORALE

Cosa sarebbe la nostra vita senza un po’ di spensieratezza? Come potremmo essere felici se non ci lasciassimo coinvolgere da ciò che ci appassiona veramente, senza condizionamenti esterni e con la voglia di coltivare le nostre speranze? Gli anni ’60 sono passati alla storia per questo e, riguardandoli col senno di poi, avremmo tanto bisogno che ritornassero per insegnarci nuovamente la genuinità quando ancora non esistevano i cellulari e occorreva scrivere a mano un bigliettino per dire “Sei sempre la più bella”. Vacanze italiane in un’epoca che sapeva apprezzare viaggi dentro i confini; rispetto per le generazioni più adulte, pur con la voglia di trasgredire: perché guardando Sapore di mare sembra che abbiamo perso ciò che, nonostante tutto, ci appartiene ancora e potremmo avere quando lo desideriamo?
IL COMMENTO
Gli amanti del musical si domandavano da tanti anni come fosse possibile che non esistesse ancora un prodotto teatrale dedicato a Sapore di mare, la commedia dei Vanzina ricca di belle canzoni italiane: eccoli soddisfatti, con un testo basato principalmente proprio sui brani diventati simbolo degli anni ’60. Ce ne sono di tutti i tipi, andando quindi anche oltre quelli presenti nel film (si pensi a Si è spento il sole, Se mi vuoi lasciare e tante altre), con l’aggiunta di qualche canzone creata ad hoc per il musical. Il pubblico dell’Arcimboldi canta a squarciagola e l’età media è di 40 anni, dunque gente che non ha vissuto in prima persona quell’epoca ormai leggendaria. A differenza della pellicola, dove le canzoni fanno da sfondo alla trama, qui si ribaltano i ruoli: la storia (si parla del primo dei due Sapore di mare) appare quindi più superficiale e sommaria, ma a teatro funziona comunque meravigliosamente grazie al coinvolgimento musicale che trasporta direttamente nell’atmosfera di Forte dei Marmi. Le scenografie, con tanto di cabine da spiaggia e colori pastello che regalano vivacità, sono un valore aggiunto, anche per la creatività: chi è seduto in platea ha la sensazione di vedere davvero i protagonisti nuotare nel mare mentre si muovono dietro a cartonati che rappresentano le onde. Due le note da rilevare: una scritta con l’apostrofo sbagliato (Miss Versilia 64′) e I watussi cantata con un cambio di parole che non serve né al politically correct né alla storicità che viene raccontata. Sono comunque solo dettagli, che non offuscano la leggerezza e il dinamismo di una commedia intramontabile, paradigma di atteggiamenti entusiastici e costumi tipicamente italiani, a cui dobbiamo quasi tutto il bello di ciò che abbiamo oggi.
IL TOP
Competere con un cast come quello del film sarebbe stato impossibile, quindi spazio soprattutto al talento musicale: la trovata registica infatti è quella di fare cantare i brani direttamente ai protagonisti della storia e si scopriranno acuti eccezionali, che meriterebbero di essere più conosciuti. Marta Melchiorre, si conferma tra le migliori performer che abbiamo in Italia, ma anche estremamente simpatica e divertente, con un personaggio (Susan) diverso da quello già apprezzato in questa stessa stagione in Dirty Dancing: una delle artiste più complete. Applausi per Fatima Trotta (la romantica Marina, qui in una versione anche più comica e persino più apprezzabile del film) e Paolo Ruffini, che nei panni del fotografo fa da narratore e interloquisce col pubblico coinvolgendolo con improvvisazioni. Portare un cult del cinema a teatro non è mai facile e spesso si incappa in flop incredibili: sfida riuscita, ora ci si goda il successo della tournée e si pensi a replicare lo stesso effetto con Vacanze di Natale.
LA SORPRESA
Edoardo Piacente (Luca), Giulia Carra (Adriana), Anna Foria (Selvaggia), Renato Tognocchi (dottor Balestra) riprendono atteggiamenti e modi di parlare dei personaggi come li conosciamo dal film, in un modo talmente preciso da non temere paragoni. Sono loro a creare il maggiore collante con la pellicola, mantenendo quindi una continuità nel passaggio dal cinema al teatro. I ritmi frizzanti degli anni ’60 sono ancora integri: per qualcuno sarà sorprendente, per chi come noi crede da sempre nei valori identitari italiani, questa non è che una bellissima conferma.