Agatha Christie al Manzoni non smette di stupire

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Fa il suo debutto il 17 ottobre sul palco del Teatro Manzoni Il Testimone d’accusa, diretto dalla sapiente regia di Geppy Gleijeses. In questo dramma giudiziario dal fascino sempiterno, Agatha Christie non smette di stupirci con una trama irriverente e realistica, che fa vivere i personaggi attraverso dinamiche d’azione intessute a opera d’arte.

Un cast invidiabile di undici attori, Michele Demaria, Antonio Tallura, Sergio Mancinelli, Bruno Crucitti, Paola Sambo, Francesco Laruffa, Erika Puddu, Lorenzo Vanità, tra cui spiccano nei personaggi più caratterizzati una irraggiungibile e affascinante Vanessa Gravina nei panni di Roamine Heilger, Giulio Corso interprete dello sfaccendato e ingenuo Leonard Vole e Paolo Triestino, formidabile nella “toga” del saggio avvocato Sir Wilfrid Robarts.

La trama è apparentemente semplice e l’unicità della Christie emerge proprio nella splendida capacità di tenere tutto in un limbo sospeso fino alla fine, nella quale il velo di ogni sospetto cadrà per mostrare un mondo di tradimenti e ipocrisia.

Leonard Vole è un giovanotto fin troppo seducente e ingenuo per aver commesso l’omicidio dell’aristocratica “signorina” di cinquantasei anni Emily French, eppure tutti gli indizi lasciano pensare il contrario, come il testamento redatto dalla French una settimana prima della morte e completamente a favore di Vole.

La moglie di Vole inizialmente difende il marito davanti all’avvocato di questi, Sir Wilfrid ma in tribunale la stessa dice di voler dire unicamente la verità e parla contro Leonard, come tutte le altre testimonianze, stravolgendo completamente le carte in tavola. Si crea un cono di luce su Vole: è colpevole. Ma i colpi di scena ricominciano immediatamente con l’arrivo di lettere che mettono la testimonianza di Roamine in dubbio, ancorché ne rivelino la natura astuta e geniale.

Non sveliamo il finale, ovviamente, per amor dell’arte e del teatro, ma fino all’ultimo lo spettatore viene catapultato in una scia di tradimenti, ragionamenti diabolici, amori, supposizioni e ipocrisie, che fanno da leitmotiv all’intero spettacolo.

Si fa notare l’ottima resa camaleontica di Vanessa Gravina che riesce ad interpretare prima il ruolo di Roamine, bionda algida e austera, per poi trasformarsi in una mora volgare e sciatta, senza incorrere in forzature e attraverso un uso decisamente formidabile di corpo e voce. Molto apprezzato dal pubblico anche Paolo Triestino nei panni dell’avvocato Robarts, che ha saputo rendere carismatico, ironico e perfettamente credibile, proprio come da copione.

Le luci soffuse presenti sulla scena e il ticchettio asfissiante dello stenografo in tribunale creano l’atmosfera di tensione perfetta per l’intreccio giudiziario, che vedrà anche il coinvolgimento di sei giurati scelti tra il pubblico che dovranno emanare il fatidico verdetto.

Insomma, il continuo susseguirsi di avvenimenti inaspettati e repentini pianificato dalla Christie e la maestria di interpretazione di tutti gli attori in scena sono riusciti a rendere questo dramma unico nei suoi meccanismi “infernali” e all’interno di uno iato prolungato tra realismo e finzione. Andate!

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