UN LABORATORIO DI IDEE PER RIPORTARE IL CANAVESE “AL CENTRO”

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Con le sue tradizioni e contraddizioni, il Canavese è una terra ricca di potenzialità che da tempo, tuttavia, soffre di “mancanza di orientamento”. Se da una parte le risorse naturali, produttive e paesaggistiche, unitamente all’ostinata operosità del Canavesani, costituiscono un indiscutibile punto di forza, dall’altra una storia industriale traumatica fa ora sentire i suoi effetti: in passato, l’indotto di giganti industriali quali FIAT e Olivetti ha costituito un motore di crescita impareggiabile, ma le rispettive crisi hanno letteralmente ferito il territorio canavesano, lasciandolo senza guide e – soprattutto – senza progetti. O, meglio, senza progetti condivisi: molte sono le piccole realtà a loro modo proiettate verso il futuro. Ciò che manca ancora è una visione che trascenda le singole realtà in ottica di una crescita territoriale armonizzata. E’ su questa base che, in tempi recenti, ha preso vita un vero e proprio “think tank” – o un Hub, come lo definisce il suo fondatore – che fin dal suo nome intende porre il “Canavese al Centro”. Promotore di questo “Hub di idee, persone e politica per il territorio” è Giuseppe Pezzetto, 56 anni, che al suo già vasto curriculum di esperienze in campo finanziario e industriale ha recentemente aggiunto ben due mandati in qualità di Sindaco della Città di Cuorgné. Da sempre promotore di un approccio “polifonico”, ben noto anche durante la parentesi amministrativa, Pezzetto – manager d’eccellenza, profondo conoscitore delle più importanti realtà industriali in ambito sia nazionale che internazionale – lancia oggi il suo progetto che intende unire esperienze individuali per dare un orientamento condiviso alle realtà sociali e produttive del territorio canavesano.

Come lui tesso ci spiega, durante un piacevole momento di approfondimento, “l’Hub “Canavese al Centro” è figlio di un percorso di parecchi anni condiviso con persone di “buona volontà”, o “costruttori” che dir si voglia, che hanno a cuore il Canavese, e che con esperienza e passione intendono mettersi al servizio del territorio, con un approccio  –  per utilizzare una parola forse abusata in questi ultimi tempi –  più “digitale”, per connettere e condividere”.

D – Il vostro Hub si è già posto degli obiettivi iniziali, nell’ambito di un sistema di valori territoriali di riferimento?

R – Come dicevo prima, è importante connettere per fare rete e condividere le tante potenzialità che già insistono sul Canavese. Occorre creare un ponte generazionale ma anche temporale, le tradizioni con l’innovazione, cambiare paradigmi per far incontrare idee e opportunità, partire da quanto abbiamo per costruire passo dopo passo… Avendo però ben presente uno scenario in evoluzione. Il tutto per dare una nuova vocazione al nostro territorio.

D – …ma i Canavesani – come entrambi sappiamo, da veri autoctoni  –  sono gente pratica, e delle grandi visioni vogliono sempre coglierne gli aspetti concreti. Con quali aspetti operativi intendi quindi scendere in campo?

R – Intanto direi “intendiamo”… fortunatamente non è una impresa in solitaria. Come le iniziative che nascono dal basso e a titolo volontaristico, anche la nostra sconta due elementi che sono oggettive criticità, il tempo e il costo, e perciò abbiamo deciso di procedere a step. Il primo consisterà nel raccogliere spunti da soggetti che hanno cose interessanti da dire, e che basandosi sulle proprie esperienze accettano di dare il loro contributo uscendo da quella che potremmo definire la loro “comfort zone”. Il secondo, creare “alleanze” con le esperienze già presenti: vogliamo essere un tassello di un quadro più ampio, non il quadro nel suo insieme. Abbiamo disegnato una strategia, che dovremo sicuramente valutare e rivedere passo dopo passo.

D – Hai accennato alle indubbie potenzialità del Canavese, ma molte sono anche le criticità. Suppongo abbiate cercato di individuare sia le une che le altre, nel definire le vostre priorità. Che quadro ne emerge?

R – Nel risponderti rischio di cadere in un elenco di cose “materiali”, che da anni vengono evidenziate sia per quel che concerne le potenzialità (natura, risorse, patrimonio culturale, ecc…) che le criticità (infrastrutture, marketing territoriale insufficiente, burocrazia…), ma servirebbe a poco. Faccio piuttosto un esempio: ho preso visione del piano strategico della Città Metropolitana, di cui una bella fetta insiste sul nostro Canavese. Gli indirizzi costruiti per intercettare le risorse del PNRR sono condivisibili, ma il tutto suona come una declinazione “tel quel” di quanto definito a livello europeo. Manca un’anima, mancano quegli obiettivi che devono caratterizzare questo pezzo di Italia rispetto agli altri, una vocazione “su misura” per cui chi guarda da fuori  dovrebbe scegliere noi e non gli altri…

D – Esistono modelli a cui ci si potrebbe ispirare?

R – Ma certamente! Non occorre sempre essere i primi, anzi, bisogna guardarsi intorno e prendere spunto da quei modelli che si sono dimostrati efficienti. Tempo fa abbiamo coniato un termine, “Cunevesani”: riferendoci ad un territorio morfologicamente simile al nostro, l’area Cuneese può essere un modello, con la indubbia capacità di fare squadra nei diversi ambiti mettendo al centro l’appartenenza ad un “territorio” e alla sua identità. Questo potrebbe essere un ottimo spunto.

D – Domanda d’obbligo, seppur banale, considerati i vostri intenti: come sognate la futura identità del Canavese?

R – Faccio una premessa. Viviamo –  e dal nostro punto di vista ciò è entusiasmante – un tempo di rielaborazione degli aspetti della vita quotidiana e di potenziali sviluppi della nostra comunità. È un passaggio culturale non semplice da affrontare, ma ineludibile. Nessuno si sente veramente pronto e, soprattutto, prima di raggiungere una cima occorre faticare molto per portare in vetta tutta la cordata… Eppure non solo si può fare, ma dobbiamo comprendere che non vi sono alternative. Dobbiamo trascendere l’individuo e il presente, alzare lo sguardo e lavorare soprattutto per quelli che verranno.

D – Dovremo tenere conto di un certo malcontento, legato a chi intende ancora “vivere di rendita”…

R – Sicuramente, ma per contro occorre liberare le tante potenzialità delle realtà più giovani e non solo, accompagnarle senza imbrigliarle, mettere in discussione rendite di posizione e modelli organizzativi che ostacolano questo percorso virtuoso, ognuno facendo la propria parte. Noi crediamo in un Canavese con tutte le potenzialità necessarie per sapersi re-inventare, con solide radici nel passato e grandi competenze per costruire il proprio futuro.

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