Valditara: “reintrodurre il latino alle medie”. E perché no?

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La proposta, rilanciata dai media, è stata avanzata dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, nel suo libro di recente pubblicazione La scuola dei talenti: reintrodurre lo studio del latino alle scuole medie. In quella sede Valditara riflette sull’importanza di questa materia che, a suo parere – supportato da un ampio ventaglio di studi scientifici – rappresenta un esercizio fondamentale per il ragionamento logico, in grado di dare efficacemente vigore a questa capacità indispensabile nelle ragazze e nei ragazzi. Per questo sarebbe auspicabile riportare l’insegnamento della lingua latina nelle scuole medie, dopo la sua abolizione risalente alle riforme sessantottine. Una reintroduzione che andrebbe articolata ai suoi elementi grammaticali e di costruzione sintattica fondamentali, favorendo un insegnamento che sia meno gravoso rispetto ad uno di tipo liceale.

Della medesima idea è lo stesso sindacato della Uil Scuola che condivide la proposta del ministro: “Anni fa a Bolzano si sperimentò il latino alle scuole primarie. Fu un successo. Si tratta di una materia che rafforza il ragionamento logico. A volte persino più della matematica”.

La riflessione di Valditara parte infatti non a caso da una considerazione sullo studio della matematica che, a suo avviso, non deve essere percepita e insegnata come un’entità astratta, ma come uno strumento utile profondamente attinente e legato alla realtà. Ad esempio, come spiegato dal ministro nel libro, invece di insegnare la fluidodinamica per assiomi, l’insegnante dovrebbe partire da esempi concreti, come il volo di un aereo, così da guidare gli studenti alla scoperta dei principi che stanno alla base di un determinato fenomeno. Dall’esperienza all’astrazione: questo stesso ragionamento può essere applicato per Valditara all’insegnamento del latino, che si declinerebbe in un “apprendimento esperienziale”, in grado non solo di stimolare il ragionamento logico, ma anche di coinvolgere tutte le altre facoltà intellettive come quella visuale o musicale, favorendo una comprensione completa della materia, oltre che maggiormente interattiva.

Anche nel settembre 2023, all’interno della trasmissione Giù la maschera di Rai Radio Uno, Valditara, rispetto al tema della digitalizzazione della scuola e dell’uso dei cellulari tra i giovani, aveva detto: “L’idea è quella di partire dalla realtà e arrivare all’astrazione per attirare maggiormente i giovani allo studio delle varie discipline. Credo che la lingua latina possa servire proprio per quell’impostazione rigorosa verso la logica. Ritengo che lo studio della grammatica latina sia da conservare. La civiltà greco-romana è il pilastro della civiltà occidentale. Non dobbiamo dimenticare il nostro passato”.

In quell’occasione, il ministro aveva inoltre aggiunto: “Non dobbiamo contrapporre l’intelligenza artificiale alle scienze umanistiche. Il tema della digitalizzazione della scuola è la grande sfida del domani. Dobbiamo essere consapevoli dell’importanza, ad esempio, dei libri di testo, della lettura. Bisogna sapere tenere insieme l’innovazione e la centralità del libro scritto e delle poesie”.

Dal latino dipende l’etimologia di gran parte del nostro vocabolario, ma anche quello di lingue straniere non romanze, come l’inglese, che ha oltre un terzo dei propri lemmi mediati direttamente dal latino o da lingue derivate come l’italiano e il francese.

Il latino continua a essere il pilastro fondamentale del linguaggio giuridico ma anche di quello scientifico (si pensi alle nomenclature zoologiche). L’apprendimento della grammatica latina è utilissimo per accedere ad altre lingue, direttamente – come nel caso di spagnolo, francese, portoghese e rumeno – ma anche solo per l’esercizio mentale che esso ha prodotto in chi lo studia. Esistono grammatiche di giapponese che utilizzano le categorie grammaticali latine per rendere comprensibile a una mente occidentale questa lingua così differente dalle nostre.

Il latino è di fatto, insieme al greco, la lingua che ha fatto da sfondo alla nostra civiltà e che per due millenni è stata adoperata da quella che oggi chiamiamo “cultura”. Se si vuole conoscere e non dimenticare il nostro passato, le nostre radici, lo sviluppo stesso della lingua italiana che in buona parte è derivante dal latino, bisogna conoscere quel linguaggio. Nietzsche da buon filologo oltre che filosofo scriveva in Umano troppo umano che “L’uomo pose con il linguaggio un mondo accanto all’altro”: la lingua, le parole, la grammatica sono lo specchio formale della visione che l’uomo si dà del mondo, racchiudono quei significati indispensabili per accedere ad uno studio serio e approfondito di una certa cultura. Si potrebbe affermare dunque che la conoscenza quanto meno basilare del latino sia il motore essenziale per comprendere nei suoi tratti più interessanti e importanti il ricco patrimonio monumentale, artistico, letterario, filosofico, scientifico che la storia ci ha consegnato. Sempre che la storia non si voglia censurare con la cancel culture, beninteso…

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