Era una donna di 37 anni e doveva essere importante per la sua comunità. Lo testimonia il ricco corredo funebre e la ricercatezza con la quale venne sepolta. Il capo le fu adornato con una cuffia di piccole conchiglie e denti di cervo, realizzata con cura certosina. Quindi, cosparsa la fossa che l’avrebbe accolta e il suo corpo con ocra rossa, fu adagiata su un fianco con le gambe leggermente piegate verso il bacino e le braccia al petto. Visse 24.000 anni fa ed è stata soprannominata la “Dama del Caviglione”, dal nome della grotta in cui furono trovati i suoi resti nel corso delle prime campagne di scavo nell’area preistorica dei Balzi Rossi di Ventimiglia.
Le indagini nella serie di grotte e ripari del sito iniziarono nella seconda metà dell’Ottocento in un momento in cui stava fiorendo tra gli scienziati del settore il dibattito sull’origine umana, in una zona che aveva già destato interesse tra studiosi che ne capirono le potenzialità. Da allora le ricerche nell’area non sono mai terminate, continuando a rivelare, tramite gli scavi stratigrafici, scoperte che riguardano l’evoluzione dell’uomo nel corso del Paleolitico. A partire da 250.000 anni fa. Lo testimonia un osso di bacino di donna preneandertaliana ritrovato nella “Grotta del Principe” e custodito nel Museo dei Balzi Rossi, tra i più importanti musei preistorici d’Europa, come l’omonimo sito, conosciuto a livello planetario e nelle cui sale sono esposti i reperti rinvenuti nelle adiacenti grotte, tra i quali resti di fauna, anche specie estinte, dei climi caldi e freddi e di cui si cibarono i nostri antenati. E se nel percorso museale spicca l’evoluzione dell’uomo sotto il profilo scientifico-anatomica, lavorazione della pietra e usi dal pre-Neandertal al Sapiens, non passa inosservata la spiritualità ai suoi albori. Rapporto vita-morte, conservazione del corpo del defunto, continuazione dell’esistenza in un aldilà.
Da qui, secondo studi, un corredo che potesse accompagnare il defunto e rappresentarlo in un’altra dimensione. Le scoperte nel resto del mondo testimoniano che già i Neandertaliani avevano sviluppato forme di rituali funerari. Ma è con il Sapiens che si assiste all’affermazione del culto dei morti. Ne danno significative interpretazioni non solo la “Dama del Caviglione”, il cui volto esposto nel Museo è stato ricostruito tramite studi e moderne tecnologie, ma anche le altre 15 inumazioni del Paleolitico superiore trovate nelle caverne dei Balzi Rossi, tra le quali la famosa “Triplice sepoltura” risalente a 25.000 anni fa e scoperta nella “Barma Grande”. Si tratta di un adulto e due adolescenti imparentati tra loro, come ha rivelato il DNA, deposti nella stessa fossa con ricco vestiario, corredo e strumenti per la caccia. In parallelo, emergono le prime forme di arte dell’uomo, di cui i Balzi Rossi ne hanno restituito immagini considerevoli. Esponenti di spicco, 15 Veneri paleolitiche, sculture che hanno dai 29.000 ai 21.000 anni alte dai 10 ai 20 cm raffiguranti la fertilità femminile. Manufatti che, secondo ricerche, potevano essere oggetti di buon auspicio da portare con sé durante la caccia, principale forma di sostentamento dell’uomo preistorico, nomade che seguiva lo spostamento stagionale degli animali.
La zona dei Balzi Rossi era propizia alla caccia poiché la vasta pianura, assai distante dal mare, che si estendeva davanti alle caverne e dove gli animali andavano a cibarsi ne rendeva più facile l’accerchiamento e la cattura. Dell’ambiente di quel tempo oggi si può ancora osservare l’alta falesia di calcare dolomitico del Giurassico superiore, ai piedi della quale si aprono le grotte e i ripari, a due passi dal mare. Immediato l’impatto visivo. E la mente non può che correre a quel lontano passato remoto delle nostre origini.