Secondo il filosofo napoletano Giambattista Vico [leggi la recensione alla biografia di Vico scritta da Marcello Veneziani NdR] la storia non segue un percorso lineare e progressivo, ma alterna corsi e ricorsi, evoluzioni ed involuzioni, ascese e cadute. Nulla è acquisito una volta per tutte. É sempre possibile ricadere nella barbarie, azzerando, per così dire, il cammino fatto, com’era stato per l’Impero romano, laddove una civiltà che aveva coperto tutte le tappe dello sviluppo, giungendo alla piena maturazione, era finita rovinosamente.
A uguali dinamiche storiche corrispondono il ripetersi di eventi e vicende simili, come se l’umanità tornasse a ripercorrere strade già battute, come se, dibattendosi nei suoi limiti creaturali, finisse per incorrere negli stessi errori.
Conseguentemente Vico ha tematizzato la decadenza dell’Occidente secoli prima che questa si materializzasse, quella decadenza in cui noi oggi siamo coinvolti.
Ne ha pure tracciato i motivi. Ha scritto che nell’essenza stessa della ragione agiscono forze disgregatrici, distruttive, negative, cosicché ad un certo punto il suo uso, che pure aveva portato allo sviluppo, evapora in un formalismo senza nerbo e sostanza. In particolare, il ricorso si verifica quando una civiltà, che ha conosciuto la piena maturità, si isterilisce in sofisticate astruserie, pervertendo la sapienza nell’inutile e vano esercizio di solitari dotti (i radical chic di oggi!), quando, perduta la memoria del passato, le energie vive che si collegano all’infanzia dello spirito, si esauriscono.
Della libertà poi, tanto decantata dagli illuministi che sarebbero venuti dopo di lui, ha sostenuto che può corrompersi nella “sfrenata libertà de’ popoli liberi”, ossia nella schiavitù delle passioni, del lusso, dell’avarizia, dell’invidia, della superbia e del fasto.
Seguono poi il declino delle virtù pubbliche, l’aspirazione generale al denaro e al potere, il disprezzo delle leggi, l’assolutizzazione della vita privata con la conseguente spoliticizzazione delle masse e, infine, la dissolutezza morale con la corruzione generalizzata dei costumi. Prevalendo la presunzione di progettare la storia a misura puramente umana, s’inverte allora il corso che indirizza alla verità, alla giustizia, al rispetto della sacralità della vita e il bene comune viene sostituito dal capriccio individuale.
Ma Vico ha indicato anche una soluzione a tutto questo “nella ritornata primiera semplicità” affinché i popoli tornino ad essere “religiosi, veraci e fidi; e così ritorni tra essi la pietà, la fede, la verità, che sono i naturali fondamenti della giustizia”, dicendoci in sostanza che dobbiamo abbeverarci alla memoria per riscoprire quello che siamo veramente oltre le mode, oltre le esaltazioni e oltre il nichilismo del presente. Dove la memoria non è tanto o solo quella storica, ma più profondamente quella spirituale la quale fa grande l’uomo come le civiltà che egli edifica.