Zeno/Haber nella travolgente “Coscienza” di Svevo

0

È in scena fino al 3 novembre, al Teatro Carcano di Milano, La coscienza di Zeno (produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Goldenart Production) di Italo Svevo, diretto da Paolo Valerio che ne ha adattato il testo con Monica Codena. Ecco la recensione.

IL CAST

Alessandro Haber, Alessandro Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo. Scene Marta Crisolini Malatesta, Luci Gigi Saccomandi, Musiche Oragravity, Video Alessandro Papa

IL TARGET

Dai 15 anni in su

LA TRAMA

Zeno Cosini, uomo anziano e con qualche acciacco fisico, viene invitato dallo psicoanalista a scrivere la propria autobiografia. Anche se non se ne accorge, Cosini sta di fatto acconsentendo a ciò che ha sempre rifiutato: una seduta psicoanalitica. Il racconto che fa non avviene in ordine cronologico, ma secondo le tematiche più rilevanti che immancabilmente lo riconducono alla figura di suo padre, tanto detestabile in vita quanto apprezzabile nei gesti ora che Zeno si rende consapevole di somigliargli. Il vizio del fumo lo coinvolse sin da ragazzino per colmare un vuoto di regole, ma al tempo stesso rappresentava una sfida nei confronti del padre privo di affetto ed empatia, traducendosi però in una personale mancanza di forza di volontà. Non a caso quel vizio finì alla morte del genitore, evento che tuttavia aprì a nuove difficoltà psicologiche con ripercussioni sulla sua vita da inetto, succube del giudizio altrui (compreso quello del padre trapassato). Ecco che quindi fece una proposta di matrimonio a quattro sorelle benestanti, dovendosi accontentare della meno attraente, che condivideva con lui la necessità di ritrovare nel partner una figura genitoriale. Il difficile rapporto col cognato, sposato con la ragazza che aveva rifiutato Zeno, fu tra i motivi di rivalsa sociale che indusse Corsini a trovarsi un’amante, salvo poi sentirsi in colpa nei confronti della moglie incinta. Ora Zeno è confuso dopo una vita che non lo ha mai reso protagonista come avrebbe desiderato.

LA MORALE

È l’eterna insoddisfazione umana a creare il nostro atteggiamento di diffidenza rispetto al mondo, o al contrario è una società poco attenta ai reali bisogni altrui che ci spinge lentamente verso una depressione? La domanda che Italo Svevo si pone sembra non avere una risposta certa, ma porta a un assioma che riassume il finale de La coscienza di Zeno: il male di vivere appartiene, in un modo o nell’altro, a tutta l’umanità. Siamo noi a scegliere come rapportarci a sentimenti e fatti concreti, optando per la vita autentica piuttosto che per la vita inautentica, dicendola come Martin Heidegger. Tuttavia il libero arbitrio non ci consente di decidere il nostro destino. Ce ne accorgiamo quando scopriamo che principi su cui abbiamo fondato la nostra esistenza, perdono di senso di fronte a eventi ben più importanti e vincolanti: alcune scelte qualcuno le chiama “ripieghi”, altri le considerano “capacità di adattarsi”. L’interpretazione che diamo alla vita ci dà la definizione esatta.

IL COMMENTO

Ogni tanto è bello ricordarci che in Italia possiamo vantare autori in grado di realizzare testi straordinariamente eterni, come La coscienza di Zeno. Ci rendiamo conto soprattutto oggi di come  Italo Svevo, con questo romanzo, abbia scritto cento anni fa un vero manifesto dell’umanità, nonché dell’identità italiana descrivendone vizi e costumi che trapelano tra un racconto e l’altro. Ci si ritrova a fare una psicoanalisi con se stessi ne La coscienza di Zeno che, come tutti i testi intramontabili, trova maggiore forza e nuova linfa vitale a ogni rappresentazione di rilievo che ne venga fatta. Questa, diretta da Paolo Valerio, è una di quelle: la più convincente degli ultimi anni perché fedele alla scrittura di Svevo, con scelte registiche efficaci e originali ma non al punto da stravolgerne il significato o deviare dal senso originale del testo. Il rischio, che talvolta si corre con capisaldi della letteratura, è di renderli caricature di se stessi pur di non appesantirne la lettura impegnativa: non accade con questa produzione, ironica, attuale e capace di rendere un buon servizio a uno degli scrittori principali del nostro Novecento.

IL TOP

Alessandro Haber è da standing ovation: la sua capacità di dare una personalità completamente diversa a ogni personaggio che interpreti, trova l’ennesima conferma ne La coscienza di Zeno che lo vede coinvolgente come pochi altri. Il suo Corsini è il più credibile che si sia mai visto e anche in questo caso quel che il pubblico apprezza maggiormente, ogni volta con rinnovato entusiasmo, è l’intensità con cui Haber si cala nel protagonista di una storia. Vedere Haber sul palcoscenico è sempre una lezione di teatro per tutti: quando accade con capisaldi della letteratura, è ancora più bello. Inno alla nostra cultura.

LA SORPRESA

Bellissima la scenografia, coadiuvata anche da uno schermo su cui compaiono immagini descrittive della narrazione dando un ritmo addirittura cinematografico all’opera. Cast eccezionale che rispetta tempi precisi, in un testo non facile. Azzeccatissima la scelta registica di mantenere Haber continuamente in luce, anche quando la scena si svolge con il Corsini giovane: si può guardare il giovane e intanto ascoltare ciò che suggerisce quello più anziano, da cui il ragazzo sembra dipendere, pur essendo sempre lo stesso personaggio. Il tutto infatti sembra giustificare un dialogo tra il presente onnisciente ed esperto e un passato inetto, che pure guardava già verso l’esperienza come autentico obiettivo del suo futuro. Capolavoro psicologico.      

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

uno × 1 =