Alessandro Miani: “La globalizzazione rende più probabili le epidemie nel mondo”

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Alessandro Miani è medico chirurgo, professore aggregato di Prevenzione Ambientale presso l’Università Statale di Milano e professore di Environmental Medicine presso l’International University of Goradze, sede di Sarajevo. Ha all’attivo 7 monografie e oltre cento pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali e nazionali. E’, inoltre, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale e di Confassociazioni Ambiente e Salute.

Professore, il nostro Sistema Sanitario sta affrontando una dura prova, l’emergenza Coronavirus. Sta dando una risposta adeguata?

Possiamo dire che il nostro sistema sanitario sta reagendo bene nel suo complesso, anche se purtroppo si evince un’impreparazione di fondo ad affrontare un’emergenza simile su base nazionale.

Cosa la preoccupa?

Ad esempio le prime linee di emergenza soffrono la mancanza dei dispositivi di protezione individuale (mascherine professionali, occhiali e indumenti speciali), che scarseggiano anche per gli operatori – medici, infermieri – che devono fronteggiare il contenimento nelle zone rosse e che sono in contatto con i potenziali contagiati. Si tratta di un problema elementare, ma decisamente grave.

E poi?

…e poi stiamo riscontrando una significativa mancanza di personale, non a caso sono stati pubblicati bandi di reclutamento. Un altro problema è rappresentato dalla scarsezza dei posti letto, sia in corsia, sia in terapia intensiva.

Disponiamo di pochi posti letto?

Al contrario. Ma i contagiati da Coronavirus devo essere collocati in un ambiente diverso rispetto agli altri pazienti e questo spiega le difficoltà. A mio parere sarebbe necessario, trattandosi di una situazione speciale, che il governo predisponesse un piano di emergenza volto a creare corridoi preferenziali per le quarantene presso gli ospedali militari situati nelle città e che spesso sono sottoutilizzati o in disuso. Sarebbe un modo per salvaguardare il funzionamento complessivo del comparto sanitario. Che resta eccellente, uno dei meglio costruiti al mondo! I problemi dipendono da una mancanza di previsione. Speriamo che questa epidemia ci sia di monito…

Sul Coronavirus girano molte tesi. Lei si sarà fatto un’idea…

Quando arriva un “nuovo” virus dobbiamo innanzitutto chiederci da dove è venuto e determinare, analizzando la sequenza genetica, se è destinato a causare un’epidemia acuta e rapida oppure se ha caratteristiche diverse. Sono numerosi gli studi necessari per dare una risposta certa. In questo caso noi sappiamo che la proteina di aggancio del nuovo coronavirus ha sei mutazioni, lascia dunque aperta qualunque tipo di ipotesi sulla sua nascita, ma è probabile che provenga da un serbatoio naturale.

E’ un fatto positivo?

Purtroppo un virus che fa il salto di specie è solitamente destinato a rimanere nel tempo nel suo nuovo ambiente, in questo caso la popolazione umana. Se al contrario fosse un virus artificiale uscito da esperimenti più o meno riusciti e sfuggiti di mano, non rimarrebbe a lungo in circolazione. In ogni caso il sistema immunitario ha bisogno di tempo per reagire.

Cambierà qualcosa nella sanità italiana dopo questa esperienza?

L’augurio è che continui ad eccellere, ma che sappia tenersi pronta per eventuali pandemie future causate da nuovi virus.

Dobbiamo aspettarcene altre?

Stando alle serie storiche è possibile e la globalizzazione le rende più probabili.

Spesso si parla di malasanità, ma abbiamo detto che il Sistema Sanitario italiano è un’eccellenza mondiale. Dov’è la verità?

La sanità italiana eccelle senza dubbio, ma come in tutti i settori ci sono le pecore nere. In ogni caso, la qualità media nazionale è ottima. Laddove le cose funzionano peggio, o non funzionano, spesso la causa va attribuita a una scelta non meritocratica riguardo ai responsabili delle strutture, che spesso coincidono con le realtà in cui si fa poca ricerca.

Uno dei fattori critici è rappresentato dalle differenze tra nord e sud. Questo gap può essere superato?

Puntare su ricerca e innovazione è l’unica soluzione per ridurre le disparità sanitarie. Oltre mezzo milione di cittadini italiani si spostano dal Sud al Nord Italia perchè credono di ricevere cure di migliore qualità dove queste sono associate alla ricerca.

Sulla ricerca di base l’Italia è un paese molto forte, ma subisce il potenziale economico dei grandi player mondiali su brevetti e innovazione di sistema. La nuova Agenzia Nazionale per la Ricerca può essere la soluzione giusta?

Potrà esserlo se sarà ben finanziata. Spesso in Italia i ricercatori sono lasciati soli a cercare finanziamenti privati, mentre in questo campo il ruolo dello Stato è fondamentale, soprattutto per la proprietà dei brevetti che altrimenti finiscono per viaggiare verso altri paesi. E voglio aggiungere una cosa…

Cosa?

Noi formiamo ottimi medici e ricercatori, che poi però emigrano per mancanza di fondi. Insomma, in Italia di Agenzie ce ne sono tante, speriamo che quella destinata alla Ricerca sia uno strumento operativo e non l’ennesimo ente creato per dare poltrone a qualcuno. Gli incarichi vanno assegnati in base ai meriti, possibilmente certificati attraverso una metodologia scientificamente fondata. Il neo-ministro Gaetano Manfredi è persona esperta e capace, speriamo riesca nell’impresa.

Cos’è la SIMA? Di cosa vi occupate?

E’ una società scientifica che, prima in Italia, si occupa del binomio ambiente-salute. Il nostro è un approccio multidisciplinare, produciamo studi scientifici che hanno lo scopo di evitare che l’ambiente, il contesto in cui viviamo e operiamo, possa diventare fattore scatenante di malattie, infortuni, morti premature. In questa ottica, elementi inquinanti, virus reali o potenziali, standard di qualità di prodotti alimentari e non solo, sono il nostro pane quotidiano. Noi come SIMA facciamo anche formazione e in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità Dipartimento Sanità Pubblica siamo impegnati affinchè via sia una corretta comunicazione istituzionale sui temi legati ad ambiente e salute e, dunque, anche sul Coronavirus.

Come vede il futuro della sanità italiana?

Credo che manterrà la sua articolazione su base regionale, che ha ben funzionato in alcune Regioni. Bisogna continuare così, provando ad esportare le buone prassi, soprattutto in termini di gestione delle risorse e ottimizzazione della spesa. Credo inoltre che debba continuare ad essere fondata sul pubblico, anche volendola aprire maggiormente ai privati, soprattutto per trovare risorse da destinare alla Ricerca. Il modello sussidiario può essere quello vincente. In fondo la sanità privata ci ha insegnato in questi anni a razionalizzare meglio le spese e migliorare in questo senso può garantire al nostro sistema, sostenibilità a lungo termine.