Andrea Pancani: “Virologi ed esperti li conosco da anni, fra talenti e vanità”

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Informazioni e gestione covid, giustizia, elezione del prossimo Presidente della Repubblica e bipartitismo in Italia sono le tematiche affrontate nell’intervista ad Andrea Pancani, vicedirettore del TG La7, già conduttore di “Omnibus”, è autore e conduttore di “Coffee Break”.

In qualità di giornalista come valuta il lavoro svolto dalla sua categoria nel corso di questa emergenza?

L’informazione tutta ha svolto un ruolo molto importante. Nella mia attività di giornalista a tutto tondo mi occupo da sempre, a differenza di alcuni colleghi, di sanità e salute, quindi molti dei virologi e degli esperti ho avuto modo di incrociarli negli anni imparando a conoscerne sia i talenti sia le vanità. Sicuramente non è stato un bello spettacolo vedere come qualcuno ha trasformato la pandemia in uno scontro tra fazioni e ovviamente in questo ha giocato un ruolo fondamentale il mondo della scienza che ha fatto parecchia confusione. Raccontando la pandemia ho sempre cercato di evitare le opinioni estreme, cercando di dare spazio a tutti coloro i quali, in un senso o nell’altro, avessero autorevolezza e competenza per parlare. L’eredità positiva della pandemia è che finalmente si è cominciato a parlare di sanità, di ricerca scientifica al grande pubblico, materie prima erano relegate agli addetti ai lavori.

Pensa che eventuali green pass e obblighi vaccinali possano ritenersi efficaci, oppure si rischiano di limitare le libertà senza neanche produrre i tanto sperati benefici?

In Italia i No-Vax sono sicuramente minoritari rispetto alla Francia e non li si riuscirà a convincere. Ma è anche giusto che ci sia, come in tutte le democrazie, una parte che si oppone al mainstream. Credo comunque che si siano ridotti di numero. In primis davanti al tragico bilancio di morti e terapie intensive traboccanti, in seguito grazie alla campagna vaccinale: molti italiani, obtorto collo, hanno capito che è l’unico modo per evitare guai peggiori. Tuttavia, tra coloro che nutrono sospetti sui vaccini o protestano contro il green pass ci sono persone rispettabili che sono state spaventate, disorientate da informazioni spesso contraddittorie. Insomma avere dei dubbi è più che legittimo. Per quanto riguarda i vaccini, la campagna informativa è stata insufficiente e schizofrenica ed ha generato molte incertezze.

Per quanto riguarda la battaglia referendaria promossa dal Partito Radicale e dalla Lega, lei cosa ne pensa?

Penso che il vero problema sia il rapporto tra magistratura e politica, intreccio perverso che esiste da decenni. Palamara nel libro “Il Sistema” racconta il segreto di Pulcinella: come tutti sanno che la Rai è lottizzata, tutti sanno e sapevano che la magistratura fosse lottizzata. Sono favorevole a tutti i quesiti referendari anche se non so quale sarà l’approdo ma sono anche consapevole che ci sono tantissimi magistrati che svolgono egregiamente il proprio lavoro. Una riforma profonda della giustizia e della magistratura è comunque necessaria, poi ci vogliono più giudici e più cancellieri, siamo sotto organico rispetto ad altri Paesi europei. E dovrebbero essere maggiormente ascoltati gli avvocati e tutti coloro i quali si misurano quotidianamente nei tribunali con i problemi piccoli e grandi. Mi auguro quindi che questo referendum possa attirare l’attenzione anche su questi aspetti. In Italia poi resta sbilanciato il rapporto accusa-difesa e questo è insopportabile. Dobbiamo partire dai grandi problemi, dal riforma del processo penale che attrae sempre maggiori attenzioni, per arrivare alle criticità della giustizia civile e di quella amministrativa. Senza dimenticare che vanno riscritte le regole per il CSM e quelle che riguardano gli avanzamenti di carriera e le sanzioni per quei magistrati che sbagliano.

Invece per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica, lei come la vede la partita?

Tutte le elezioni del capo dello Stato sono difficilissime da preventivare e mai come questa volta è arduo fare un pronostico. Ci sono due scuole di pensiero: la prima sostiene che Mattarella debba restare almeno fino a fine legislatura, quindi con un supplemento di mandato come accadde per Napolitano, consentendo così la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi per poter implementare e seguire il PNRR. L’altra ipotesi vedrebbe Draghi, grazie ad un patto tra grandi elettori, planare sul Colle con tutte le conseguenze di una tale scelta: la formazione di un nuovo governo di continuità o il ritorno anticipato alle urne. Draghi è sicuramente la personalità che più di altri può garantire il PNRR con l’Europa ed io mi iscrivo tra coloro i quali credono che sarebbe opportuno fargli terminare la legislatura come capo del governo. Certo, Mattarella in più occasioni ha fatto sapere che non ha intenzione di allungare la propria presidenza, ma sarebbe una soluzione per tutti i partiti, anche quelli che strepitano per tornare alle urne. Sarà comunque una partita molto delicata e complessa.

Stabilità e coalizioni. Come vede la eventualità che si crei un Grande Partito Repubblicano da una parte e un Grande Partito Democratico dall’altra?

Credo che se si riuscissero ad avere due grandi partiti sarebbe un bene per il Paese, anche per dare maggiore stabilità. Tenendo presente che anche nei Repubblicani e Democratici americani ci sono posizioni diverse all’interno, non sono dei monoliti ma sai comunque che la scelta è per l’uno o per l’altro. Se anche da noi maturassero le condizioni per andare in quella direzione la domanda che dobbiamo porci è: con che legge elettorale? Ma soprattutto andrebbe cambiata tutta l’architettura istituzionale. Bisognerebbe andare verso il Presidenzialismo all’americana o il semipresidenzialismo alla francese. Poi ci si deve chiedere, per le forze politiche che esistono adesso, quale sarebbe la collocazione che questo ipotetico partito Unico Repubblicano andrebbe ad assumere in Europa. Dovrebbe essere univoca, perché attualmente Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno tre collocazioni diverse in Europa. Certo, se l’alleanza di centro-destra è più coesa dal punto di vista del programma elettorale, quella di centro-sinistra è più omogenea sulla collocazione in Europa. Chi andrà a governare dovrà avere un rapporto costante e non contrapposto con l’Europa, anche in virtù del PNRR, quindi quale sarà l’atteggiamento di questi due ipotetici partiti verso l’Europa? Soprattutto quale atteggiamento avrà il centrodestra? Come molti, peraltro, vorrei un sistema elettorale in cui la sera delle elezioni si sa chi governerà per i prossimi cinque anni. Speriamo insomma che maturi una stagione di riforme costituzionali nella quale si faccia anche un tagliando al rapporto tra Stato e regioni: così com’è funziona male, con anomalie, contrasti e potentati locali che crescono. Comunque mi piacerebbe che le forze politiche guardassero oltre il loro ombelico e che, in nome dell’interesse generale, riuscissero a dialogare per il bene del Paese ma soprattutto per le tante sfide future: la riforma dell’Europa, la transizione ecologica, la sovranità tecnologica.

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