Attaccano il ministro Giuli ma si scambiano premi da anni

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Bello essere ospiti al Quirinale e potersi dichiarare perseguitati! La cifra dell’intellighentia di sinistra in Italia è quella del “chiagne e fotte”, con la quale la lamentela è costante pur restando sempre al centro dei palcoscenici istituzionali e ricevendo fior di milioni di finanziamenti. Costante ma a targhe alterne: perché se c’è in carica un governo gradito, come quello di Conte o di Mario Draghi durante il regime sanitario, nonostante teatri e cinema sprangati per le “regole anticontagio” e l’obbligo di tessera verde per lavorare, la principale voce di spesa è la crema lenitiva per le mani arrossate a forza d’applausi e le caramelle balsamiche per le gole irritate dal lungo gridare “è un santo! Un apostolo!”.

Ma se il popolo osa mandare con legittime elezioni a Palazzo Chigi un governo di destra, allora si scoperchia il Vaso di Pandora e ne escono tutte le disgrazie, i problemi e i cahier de doleances possibili e immaginabili.

Così durante l’evento del 7 maggio 2025, Geppi Cucciari, conduttrice della cerimonia (non dunque seduta in sedicesima fila…), ha sfruttato la prestigiosa cornice per ironizzare sull’eloquio del ministro Giuli, con una battuta (che anche il ministro ha accolto con un sorriso) sul fatto che i suoi discorsi, se ascoltati al contrario, “migliorano, come i dischi dei Black Sabbath”. Ma, al di là di un motto di spirito ben riuscito, la Cucciari ha portato un attacco contro la gestione della cultura in maniera gratuita e stonata in cotanta cornice, tanto che lo stesso ministro s’è sentito in dovere di ribattere – signorilmente in altra sede più opportuna – che la realtà “è più forte di ogni maldicenza: i dati 2024 ci dicono che i visitatori musei e parchi archeologici statali italiani sono stati 60,8 milioni, il 5,4% in più rispetto al 2023”.

Anche Elio Germano non si è lasciato sfuggire l’occasione di approfittare del David di Donatello per criticare apertamente il ministro, dichiarando: “Ho fatto fatica ad ascoltare il rappresentante della cultura. Il cinema è in crisi per grossa responsabilità del ministero” (pensa un po’: noi credevamo che lo fosse perché la gente non va nelle sale a vedere i polpettoni che si mantengono solo grazie ai soldi del deprecato ministero!). Germano ha anche accusato il governo di “piazzare uomini nei posti chiave come i clan”, ribadendo così il frusto luogo comune che la cultura è “cosa loro” e solo loro possono piazzare uomini facendo spoil system: gli altri, per quanti voti possano aver preso alle elezioni, devono continuare a mangiare in cucina.

Così la replica di Giuli a Germano è stata abbastanza più dura, anche perché se dai un calcio a un alveare non puoi pretendere che le api non ne escano infuriate: e Giuli, nella cornice del convegno “Spazio cultura. Valorizzare il passato, immaginare il futuro” – promosso dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia al Teatro Niccolini di Firenze – intervistato dall’ottima Incoronata Boccia ha fatto notare come la sinistra sia passata mestamente dagli intellettuali organici agli influencer (riscuotendo però una cocente delusione quando li ha scoperti “quattrinari”) e rimanendo solo i comici con le loro battute. In altre parole, alla canna del gas. Ma tranquilli, i premi e i riconoscimenti se li continuano a consegnare tra loro da decenni. Gli stessi volti, le stesse storie. Intanto piangono e gridano al regime con la solita spocchia che assomiglia, quella sì, a qualcosa di poco democratico, soprattutto quando non governano i “loro”.

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