A pensar male si fa peccato ma… Arriva puntuale come un treno giapponese il bell’assist del Consiglio d’Europa alla polemica nostrana sul respingimento dei clandestini: le forze dell’ordine italiane sarebbero “razziste”. Parola della Ecri, la commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa. 92 minuti d’applausi dagli spalti della sinistra italiana.
La colpa dei nostri uomini in divisa? Fare “profilatura razziale” dei sospetti. Un’accusa tendenziosa e ingiusta, tanto che perfino il Colle, di norma così attento e abbottonato nelle sue dichiarazioni, avrebbe espresso “stupore”, facendo poi seguire una telefonata di solidarietà al capo della Polizia Vittorio Pisani, premunendosi di farlo sapere urbi et orbi con un comunicato stampa. Un dettaglio non dappoco.
Le accuse dell’Ecri sembrano compilate da un campus universitario dell’Oregon. Si parla di “razzismo sistemico”, uno dei termini woke in voga fra quegli ambienti che negli USA hanno portato alle virulente campagne “defund the police”, “taglia i fondi alla polizia”, seguite alla morte durante il suo arresto del pregiudicato George Floyd. Campagne che – quod erat demonstrandum – sono finite in rovinose retromarce quando intere metropoli – come Chicago – sono sprofondate in preda alla microcriminalità e i cittadini, anche di sinistra, hanno iniziato a protestare con le amministrazioni dem.
Ma ovviamente, essendo la matrice ideologica di queste iniziative del tutto scorrelata con la realtà (anzi, la realtà viene detestata e maledetta perché contraddice ogni tre-per-due le loro affermazioni ideologiche), gli emuli europei delle trovate d’oltreoceano affiliati all’“internazionale dem” sembrano non aver appreso nulla. E pensano bene di alzare la palla alla polemica italiana montata attorno alla controversa sentenza del Tribunale di Roma che ha imposto alle autorità di far entrare nel nostro paese i primi clandestini portati in Albania.
La verità è che se esiste una discriminazione in Italia, quella è proprio contro le forze dell’ordine. Basta parlare – a microfoni spenti, beninteso, perché per rispetto delle consegne nessuno farebbe dichiarazioni ufficiali – con un qualunque uomo in divisa e la storia è sempre la stessa: “noi li arrestiamo, poi i giudici li rimettono in strada”. E spesso e volentieri al danno s’aggiunge la beffa, poiché i delinquenti rilasciati si permettono di sbertucciare gli agenti che li hanno arrestati ostentando la loro impunità.
E la realtà è dunque esattamente l’opposto di quanto denunciato dal’Ecri: non sarebbe “razzista” l’azione delle forze dell’ordine, ma è la statistica stessa ad esserlo (ça va sans dire), quando evidenzia che la sproporzione dei reati commessi dagli immigrati rispetto agli italiani è nei numeri (che non sono un’opinione) e di conseguenza arresti e detenzioni non possono che essere sbilanciati “razzialmente”.
E c’è di più: all’interno della comunità immigrata in Italia non è tutta un’erba un fascio: ci sono gruppi etnici più dediti a certe attività e altri che invece sono più pacifici, rispettosi e integrati con gli autoctoni. Basti vedere le statistiche ufficiali, per esempio, sul gruppo etnico magrebino e su quello filippino, rispettivamente ai due opposti delle classifiche dei detenuti in Italia. Questo sarebbe “razzismo”?
Se tre indizi fanno una prova, dopo l’uscita del Tribunale di Roma e l’assist dell’Ecri, arriva il terzo piede di questo sgabello pronto per essere dato in testa alla maggioranza: la creazione di un “George Floyd” de noantri, attorno al maliano Moussa Diarra, ucciso da un poliziotto mentre cercava d’aggredirlo coltello in pugno. Per lui fiori, preghiere in piazza, striscioni, manifesti. Nulla di simile si vede quando a finire male – come Christian De Martino, poliziotto, nove coltellate alla stazione di Lambrate, vivo per miracolo ma senza più un rene – è un membro delle forze dell’ordine. Nihil sub sole novi: negli USA era già pronto un bis sotto elezioni di George Floyd (con il codazzo di manifestazioni violente tollerate, città messe a ferro fuoco e cittadini inermi uccisi per non essere abbastanza solidali con il Black Lives Matter) attraverso il caso di Sydney Wilson, una cestista afroamericana uccisa da un poliziotto. Peccato che Elon Musk e altri abbiano diffuso su X il video della bodycam dell’agente, mostrando che la Wilson s’era scagliata contro il poliziotto con una lama cercando di colpirlo a più riprese. Dettaglio che a tutta prima era stato – stranamente! – omesso da chi ha subito urlato al “razzismo sistemico” della polizia.
Il “razzismo sistemico” è dunque nel cervello di chi ne parla. Mentre c’è ben altro ed è sistematico, non sistemico: l’attacco alle forze dell’ordine da parte della sinistra. La microcriminalità, infatti, è instrumentum regni. È il poveraccio che fa i conti quotidianamente con le gioie della “diversità”: rapinatori, pazzi a piede libero, spaccio e vandalismo, occupazione degli immobili e se chiama le forze dell’ordine spesso sente rispondersi uno sconsolato “non possiamo far nulla”… E intanto lorsignori delle elite vivono ben protetti dalle scorte di quegli stessi agenti su cui vomitano odio.