Alla fine lo ha ammesso: “ci hanno pressati sul figlio di Biden e sul Covid”. Lui è Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta e proprietario di Facebook, Instagram e Whatsapp.
Mentre al Cremlino hanno il mal di pancia perché temono che il proprietario di Telegram Pacel Durov , arrestato sabato scorso all’aeroporto di Le Bourget, canti e riveli informazioni sensibili all’Occidente (è tornata la Guerra Fredda grazie a Biden bellezza e tu non puoi farci niente), negli USA Zuckerberg lancia la bomba nel cortile, nella fattispecie nella Commissione Giustizia della Camera di Washington, a maggioranza repubblicana.
Cosa è successo? Cos’ha detto? Quello che tutti sapevamo (e dicevamo): nel 2021 lo staff di Zuckerberg aveva “subito pressioni” dalla Casa Bianca per controllare e censurare alcuni “contenuti” che potevano essere pubblicati su Facebook e Instagram.
E che cos’erano erano questi “contenuti”? Ecco svelato il segreto di Pulcinella: i suoi social avevano messo la mordacchia a “determinati contenuti sul Covid“. Perché? Per “proteggere la salute e la sicurezza pubblica”, dice l’amministrazione Biden, che ha ammesso le responsabilità senza negare l’accusa e nello stesso tempo cercando di difendersi.
E non finisce qu, perché ora sappiamo, sempre per bocca di Zuckerberg, che dai suoi social erano stati oscurati anche alcuni contenuti relativi al figlio di Biden, Hunter Biden, nei guai giudiziari non solo per il suo passato di membro del cda di una società petrolifera ucraina con una proprietà accusata di corruzione, ma anche per la vicenda del suo laptop dimenticato in un negozio e i cui contenuti sono poi finiti in mano all’FBI.
Questa è la dimostrazione lapalissiana di quanto sia fragile la libertà d’espressione in Rete e, di conseguenza, di quanto distorta, partigiana e carente possa essere l’informazione di cui usufruiscono i cittadini, quegli stessi cittadini che spesso e volentieri sono i destinatari delle decisioni prese dal potere: Zuckerberg aveva buttato fuori da Twitter il Presidente USA Donald Trump e non si era mai visto nella storia che un Presidente degli Stati Uniti venisse zittito, “eliminato”, da un organo di informazione (perché Zuckerberg è un editore. E quindi il suo gruppo editoriale non dovrebbe essere legibus solutus, come non lo sono tutti gli altri editori del mondo), ma allora tutti zitti, anzi “ha fatto bene!” dissero.
Oggi al Congresso USA si scoprono gli altarini e lo dice a chiare lettere: ci hanno pressati sul Covid e su Biden junior.
Ci aspetteremmo un’ondata di sdegno da parte degli stessi che avevano fatto spallucce quando ad essere censurato era stato il cattivone Trump (così cattivo che è stato l’unico a non aver bombardato nessun Paese straniero durante la sua amministrazione a differenza del Premio Noble per la Pace Obama che invece di Paesi ne aveva bombardati 5 in 8 anni), ci aspetteremmo pensosi editoriali sulla libertà di informazione e qualche mea culpa sul periodo buio del Covid quando a ricevere la mordacchia erano quei medici, quei giornalisti, quegli intellettuali, che osavano avere dei dubbi sulla narrazione scientifica dominante.
Ci aspetteremmo approfondimenti sulla privacy e quant’ altro ma immaginiamo che ciò non accadrà, la notizia sarà relegata dopo la rava e la fava del campo largo dei Five Stars e delle salamelle della Festa dell’Unità. Noi, invece, ve lo diciamo qui con titolo a 9 colonne.