La sinistra spara sulla Meloni in difesa della Salis e dei diritti, ma su tutti gli altri casi analoghi, silenzio assoluto. Ci risiamo, nuovo caso, nuovo espediente e nuovo motivo di attacco alla medesima vittima, la premier Meloni. Questa volta trattasi dell’amicizia con il tremendissimo presidente ungherese Orban, il quale, discutibile che sia il metodo, pretende che le regole del suo paese vengano rispettate e che chi sbaglia paghi.
Così è stato infatti anche per l’eroina delle recenti prime pagine Ilaria Salis, reclusa da un anno in un carcere in Ungheria in attesa di giudizio. Tralasciando il merito della sua detenzione (la partecipazione ad assalti antifascisti nella capitale ungherese per i quali avrà modo di provare la sua innocenza), e il metodo, già ampiamente discusso e condannato, vorremmo soffermarci sul vero motivo di tutta questa polemica, ovvero l’attacco a Giorgia Meloni.
Perché un dubbio, a noi malfidati della prima ora, sorge subito di fronte l’improvviso turbamento di questa sinistra sul mancato rispetto dei diritti umani per l’imputata anarchica. Trattamento, specifichiamo, incivile e decisamente poco democratico da parte della giustizia ungherese, ma che chiunque subito ha condannato e condannerebbe, in primis proprio la premier che ha subito chiamato Orban.
Ma perché allora tutto questo turbamento non si è verificato anche per l’ex vicepresidente del PE Eva Kaili, che qualche mese fa, a seguito del Qatargate, ha denunciato lo stesso identico trattamento da parte della giustizia? Forse perché la giustizia apparteneva al democratico Belgio e non alla sovranista Ungheria?
Perché nessuno sgomento per tutti gli italiani arrestati all’estero nelle stesse condizioni? Per i vari Chico Forti o i due maró in India?
Forse perché Orban è il pericoloso sovranista amico della Meloni, quindi ideale per sparare a zero proprio su quest’ultima. E forse anche perché la maestra elementare imputata è la perfetta eroina antifascista oppositrice del governo che rende tutta la vicenda ancora più allettante per gli amici compagni.
E allora, a questo punto, non ci resta che ricordare agli stessi che rivendicano l’indipendenza della Magistratura dal potere della politica e del governo, che appunto Orban non è la giustizia del suo paese e che di conseguenza non ha potere né voce in capitolo su questa o altra vicenda, perché le questioni giudiziarie, come è ben risaputo, non le definisce il primo ministro, né che si chiami Victor Orban, né che si chiami Giorgia Meloni.
In conclusione, non sarà anche questa, l’ennesima caccia alla strumentalizzazione contro il governo?