Venerdì 24 febbraio alla Camera dei Deputati, nella Sala del Cenacolo, dalle ore 12 inaugura la mostra di Gian Marco Benedetto (Gian Marco Benedetto. Bambini che diventano adulti), serie di scatti realizzati sul fronte ucraino (Redazione)
Diceva Henri Cartier-Bresson che fare una fotografia vuol dire allineare la testa, l’occhio e il cuore. È un modo di vivere. Gian Marco Benedetto, con le sue immagini fa esattamente questo, ovvero sviluppa un pensiero fondante di ogni sua immagine, che realizza con una straordinaria sensibilità visiva, per poi lasciare nel fotogramma finito, lo spazio in cui il suo cuore incontra il nostro. In tutto questo traspare la responsabilità sociale di chi vuole essere testimone di un evento feroce come la guerra, mettendo a rischio la propria stessa vita. Ciò non viene meno neppure con le immagini più complesse, che riguardano i bambini, evitando di prestare l’opera a una facile banalizzazione del tema della sofferenza. E’ per questo che i suoi ritratti mi ricordano quelli di John Florea che, dopo aver esordito come fotografo ritrattista delle dive hollywoodiane, divenne poi uno dei più grandi fotografi di reportages durante la seconda guerra mondiale con straordinarie immagini di ritratti pubblicate su Life. In Benedetto c’è la stessa capacità di cogliere da uno sguardo l’anima di chi è ritratto, la sua disperazione e, al tempo stesso, la grande dignità con cui viene affrontata la vita tra le macerie disseminate dagli uomini. Benedetto, allo stesso modo di John Florea, ci comunica, attraverso gli occhi dei propri soggetti, la narrazione dell’angoscia, della paura e della distruzione. Il suo modo di fotografare mi ricorda anche il disincanto e la poesia delle immagini di un altro grande fotografo: Werner Bischof. In lui c’è la stessa volontà a ricercare comunque la bellezza, anche nello sprofondo umano della guerra, l’odio e la ferocia dell’uomo. Benedetto usa il linguaggio della contemporaneità senza dunque venir meno alla tradizione della fotografia realizzata dai grandi reporter free lance nei teatri di guerra. Il lavoro che vediamo in questa occasione, trova poi sublimazione grazie alla musica composta appositamente da suo fratello Luca, capace di scandire, immagine dopo immagine, con strumenti orchestrali combinati con suoni elettronici, un percorso narrativo che tocca le corde più intime dell’osservatore.