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“Il borghese è il proletario alla prima opportunità”. L’aforisma fulminante deve appartenere a Gomez Davila, se ricordo bene.
Parafrasandolo ne verrebbe in mente uno più cattivello:” Il bianco sfruttatore è il negro alla prima opportunità”, perché è questo che si adatta meglio alla figura di Soumahoro, con nuovi importanti novità che emergono dal giro di affari delle cooperative gestite dalla suocera o da chi per lui. Lo ricordate? Le sceneggiate con gli stivali davanti al Parlamento, le cialtronate da Martin Luter King dei poveri nel campo Borgo Torretta, che arringa tra i poveri africani sfruttati e che tuona contro Michele Emiliano e la Regione Puglia. Soumahoro che fa la raccolta fondi per i bambini per 16 mila euro, anche se di bambini nel campo non ce ne sono e si viene a sapere che con la sua Lega Braccianti incassava quasi 200mila Euro solo nel periodo della pandemia. In più stipendi non pagati. Come se non bastasse sua moglie fa la Ferragni in versione afro su Instagram e tra un selfie e l’altro apre un mutuo di 250mila Euro per una villa da 450mila: tu chiamala se vuoi, cooperazione. Non c’è crimine peggiore di lucrare sulla pelle dei propri connazionali.
Eppure don Andrea Pupilla, direttore della Caritas di San Severo, come riferisce a Repubblica, aveva avvertito Fratoianni di non fidarsi e che candidarlo nelle liste del suo partito sarebbe stato un clamoroso autogol. Adesso che si aspetta un riscontro giudiziario, la sinistra tutta vive uno psicodramma collettivo che si aggrava scandalo dopo scandalo. Prima Mimmo Lucano inguaiato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poi Saviano denunciato per aver dato di “bastardi” a Meloni e Salvini, i contributi non pagati alle colf dalla Boldrini, ora lo scandalo del sindacalista ivoriano, astro nascente ma già in caduta libera del PD: la sinistra vive una crisi di identità a tutti i livelli. La difficoltà nella individuazione di un leader che la rappresenti, con patetici psicodrammi nelle kermesse dei suoi congressi, è molto più della rielaborazione di una sconfitta elettorale. La sinistra progressista è ormai entrata in una crisi antropologica, persa tra i meandri di ideali astratti e fumosi: ma i progressisti lo capiranno mai? La sinistra uscirà mai dal concentrato di stereotipi ed ipocrisia che la caratterizzano da anni? Quando capirà che non è affidandosi a nuovi “santini” che riuscirà a dimostrare la sua superiorità umana e valoriale?
Nell’establishment editoriale si intravedono le divisioni regnanti tra le forze di opposizione che non riescono a tenersi insieme nemmeno in funzione antigovernativa. Lo stato di confusione è massima. Se poi si aggiunge una tragicomica capacità di farsi del male con scandali che si ripetono in maniera cadenzata, allora la crisi è un tunnel che non vede mai la luce all’uscita.
Il vertici del PD sembrano smarriti, stentano a rimodellare una propria identità ed insistono nella ripetizione dei propri errori ideologici, come l’abbraccio fanatico a tutte le cause della correttezza politica.
La candidatura di Elly Schlein come guida del PD, è il sintomo di una radicalizzazione su istanze lontane anni luce dal popolo, e se tale linea dovesse prevalere, non è difficile immaginare un governo guidato da Giorgia Meloni per altri 10 anni, come ricorda il politologo Orsina in una intervista.
Gli scandali come quello di Soumahoro e dei suoi familiari sembrano il naturale contrappasso di chi predica rispetto, diritti, lotta alle discriminazioni e poi fa tutt’altro. Se la sinistra cade sempre sui suoi principi fondamentali, che sventola di fronte ai suoi avversari, e poi dà prova dell’esatto contrario, una ragione ci dovrà essere. Non bastano un paio di stivali sporchi per darsi una patente di immacolabili, adesso lo sapete.
Roberto Gervaso sosteneva che “molti moralisti sono solo peccatori senza occasioni”. Censurabili sì, però mai come chi fa il moralista anche dopo averle trovate.
Uno è bianco, l’altro è nero. Ma emanano la stessa ombra ingannevole. Non per niente sono piegati su se stessi come un cane che si rincorre la coda o caccia ombre o mosche che non esistono.
Non credo che la sinistra potrà mai uscire dalla sua crisi d’identità. Sempre Gomez Davila scrisse che “il socialismo è la filosofia della colpa altrui.” La sinistra sale al potere solo quando riesce a irretire una massa di disperati additando il presunto responsabile, sia esso il fascista, l’omofobo, il padrone, l’evasore, ecc.
Dopo di ché non è in grado di fare nulla e, tra la massa di disperati, pian piano, qualcuno si rende conto di esser stato preso in giro e cambia idea. Ed ecco che allora torna alla ricerca di altri disperati, con nuovi nemici, gli stessi che, fino a pochi anni prima, pretendeva di difendere. Il cane che si morde la coda e, visto che non puoi difendere i presunti diritti di tutti, senza neppure un dovere, alla fine scatta il corto circuito.
Un pensiero che, fin dalle origini, nasce sulla menzogna e sulla demonizzazione artefatta dell’avversario, non può che trovare carrieristi alla Soumahoro o alla Lucano, alla Boldrini o al Fico di turno. Finché riuscirà a pagare avrà elettori fidati ma, finiti i soldini, crolla miseramente.