Quella stampa che s’inchinava ora vuole fare le pulci al Premier Meloni

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Neppure uno sguardo. Mascherina d’ordinanza in volto mentre scriveva chissà cosa. Mario Draghi premier durante la conferenza stampa non degna neppure di uno sguardo la giornalista Barbara Fiammeri del Sole 24 Ore. E pensare che lei in preda all’emozione e con voce rotta si abbandona all’ormai leggendario “…vorrei dire che se non ci fosse lei presidente del consiglio saremmo proprio terrorizzati”. Il linguaggio del corpo accompagnava questo appello con un movimento ritmico delle braccia: dal centro verso l’esterno e con qualche sbuffetto a rimarcare la solennità del complimento. Ma lui nulla. Aveva altro cui pensare. Il viaggio nel tempo per ripercorre l’atteggiamento della stampa nei confronti di Palazzo Chigi ai tempi di Draghi porta a galla deliziosi ricordi. Come non ricordarsi il solo apparentemente inspiegabile applauso da parte dei giornalisti all’ingresso di Mario Draghi in Sala Stampa nell’ultima conferenza stampa prima di Natale del 2021? Avevano fiutato come cani da tartufo che quella sarebbe stata forse l’ultima volta di Super Mario a Palazzo Chigi; dato da loro -ma solo da loro- sul punto di salire al Quirinale come successore di Sergio Mattarella. E quindi un applauso al prossimo Presidente della Repubblica chi può negarlo? Peccato soltanto che presi dal loro racconto non vedevano quello che tutti in Parlamento davano per certo. Il presidente della repubblica lo eleggono i parlamentari nel segreto di un’urna. E quasi nessuno in Transatlantico vedeva come il banchiere sarebbe potuto salire al Quirinale. Rivendicano con indignazione il proprio ruolo di fronte alla “cattivissima” Giorgia Meloni che avrebbe semplicemente voluto congedarsi dopo aver illustrato la legge di bilancio e risposto ad alcune domande dei giornalisti non fosse altro perhé la stava attendendo un’assemblea generale e nazionale di Confartigianato. “Avrebbe potuto ridurre il tempo dedicato all’introduzione della legge di bilancio” è la bislacca osservazione di uno dei guardiani del potere seduto fra i giornalisti. E certo! Un Premier convoca una conferenza stampa per illustrare la legge di bilancio ma comprime al minimo i tempi dell’illustrazione della legge di bilancio per lasciare i giornalisti tromboneggiare su fascismo e antifascismo. Che due coglioni. I nostri ovvio. E Massimo Giannini rincara la dose “cara Presidente Meloni, i giornalisti stanno al mondo per fare domande, i politici per rispondere”. Con tanto di citazione cinematografica: “E’ la stampa bellezza!”. A chi gli fa beffardamente notare come sia stato immortalato in video mentre si inchina due volte di fronte all’allora ministro Speranza (lasciate che ve lo ripeta… Roberto Speranza) lui tiene a farci sapere che era chiaramente una gag. Sarà così certo! Ma magari però per scherzo di tanto in tanto, caro Massimo, potrebbe esserci anche lo scrivere che il Presidente del Consiglio ha detto una cazzata. Qualora la dica. Sia chiaro. La memoria corre all’11 maggio 2022 quando Mario Draghi esorta non si sa bene chi a non lesinare sforzi per combattere contro Putin. Gigante tutt’altro che invincibile. E per farlo usa un’immagine biblica non proprio calzante. Tipo: “La Russia non è Golia”. La Stampa riporta la frase con tanto di paginone. Senza minimamente sognarsi di far notare la siderale puttanata pronunciata dal Premier. Avrebbe dovuto dire semmai “La Russia è come Golia”. Essendo Golia, appunto, l’emblema del gigante vincibile con l’astuzia e l’ingegno del piccolo David. Ma probabilmente Giannini aveva altro cui pensare in quel momento. È la Stampa bellezza. La Stampa… con la s maiuscola.

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1 commento

  1. Due cose saltano agli occhi. Il dente avvelenato della cosiddetta stampa dalla schiena dritta nei confronti del premier in carica e l’inconsistenza, a 360 gradi, del Pci, Pds, Ds, Pd e suoi derivati. E la cosa strana è che la prima e i secondi sono in perfetta simbiosi. Ideologicamente abbracciati, insomma. A dimostrazione degli intrecci incestuosi che da sempre intessono.
    Intanto, Soumahoro, orbo, sordo ed eternamente intontito non vedeva e non sentiva niente e, di conseguenza, non sapeva della condizione dei centri. Prendendo per buono tutto quello che l’onorevole dice, insomma, la sinistra sinistra dello Stivale, con l’approvazione di Letta e tutto il resto dell’arcipelago sinistro, ha candidato e portato in Parlamento uno che non capiva quello che gli succedeva sotto gli occhi. Non sentiva le lamentele delle persone di cui doveva curare gli interessi lavorativi. Voltava gli occhi dall’altra parte, invece di sbarrarli e rendersi conto di quello che le sue antenne di sindacalista gli dicevano e gli suggerivano, tutte le volte che visitava quei centri.
    Eppure, di questo zombi la sinistra tutta ne ha fatto un eroe. L’ha mitizzato. L’ha innalzato agli alteri dell’ammirazione collettiva. L’ha venerato come un nuovo messia. L’ha cooptato e acclamato come il migliore di loro. E, poi, per fare arrivare questo messaggio agli angoli più sperduti del resto del mondo, l’ha portato in Parlamento. Adesso, è chiaro, chiarissimo, del perché in 11 anni di governo ha desolato lo Stivale. Davvero un peccato, che i suoi elettori abbiano capito con molto ritardo di che erba è fatta quella compagine di cosiddetti difensori del Popolo e, in modo particolare, dei poveri e degli oppressi.

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