La musica dello Spirito resiste nei secoli

0

Nell’epoca dove i nostri figli ascoltano la trap, parlare di musica sacra risuona quasi come qualcosa di talmente tradizionale da diventare avanguardia. Eppure ascoltare note e melodie, quel suono che sembra angelico e che pare provenire da un’altra dimensione ancora ci tocca e smuove l’anima. Chi di noi non si è emozionato sentendo vibrare quelle note in una chiesa mentre la voce del coro si propagava tra le navate durante un matrimonio o un funerale?

Provate a leggere questo numero di «CulturaIdentità», dedicato alla musica che nasce nella fede, nell’anno del venticinquesimo Giubileo della Chiesa Cattolica e nei 500 anni dalla nascita del più grande compositore di musica sacra di tutti i tempi, Giovanni Pierluigi da Palestrina, e il vostro spirito si placherà, fermando per qualche minuto i pensieri che più vi turbano. Strumenti come l’organo, l’arpa o il liuto pare si connettano al Paradiso e si fanno ponte tra terra e cielo. Il mistero della fede trova in questa musica l’espressione artistica più alta. Del resto tutta la musica è propagazione di una scintilla divina e oltre i grandi compositori del passato molti cantautori italiani della nostra epoca si sono lasciati ispirare nei testi delle loro canzoni o nelle melodie dal bisogno di religiosità che in fondo è insito in ogni essere umano. In teatro poi la musica sacra fatta vibrare sul corpo e la parola degli attori ha un impatto ancora più forte sull’emozione del pubblico. Pensate al «Dies Irae» della «Messa da requiem» di Verdi, dedicato alla morte di Alessandro Manzoni, quante volte è stato usato in scena o in un film. Ne faccio uso e abuso anche io nel finale dello spettacolo dedicato alla vita di Giuseppe Mazzini in «Inimitabili».

Un altro grande maestro, questa volta contemporaneo Ennio Morricone, trasforma il tema principale di un film capolavoro come «Mission» in un componimento quasi sacro dove dalle note dell’orchestra sembrano uscire angeli celestiali. La musica sacra secondo un regolamento indicato da papa Pio X nel 1903 si identifica con l’evoluzione del canto gregoriano verso le forme polifoniche dopo che nei secoli erano stati introdotti altri strumenti oltre l’organo. L’immenso Claudio Monteverdi inserisce all’inizio del ‘600 alcuni episodi strumentali in una messa. Nel ‘700 e nell’800 la musica profana inizia ad invadere il campo così arriva all’inizio del’900 il diktat di Pio X che ristabilisce che nelle chiese la musica a cappella e il canto gregoriano tornino ad essere in uso. Certo Pio X si sarà rivoltato nella tomba dopo che in questi ultimi anni alcuni sacerdoti eccitati dalla nuova moda woke si sono cimentanti in canti stile karaoke durante la messa. Insomma la musica per la liturgia fa parte della nostra cultura cattolica ed è influenzata dalle contaminazioni della varie epoche ma resta un pilastro della nostra identità musicale capace di resistere nei secoli a qualunque conclave. Soprattutto quando qualcuno per finzione, sul set, propone un papa arcobaleno.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

sei + quattro =