Eugenio Finardi, il gigante del blues

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foto di Fabrizio Fenucci - Hasselblad H2 - Phase One P45+, CC BY-SA

Dopo il progetto “Euphonia” e lo spettacolo teatrale “Voce umana”, arriva un nuovo album di inediti che rompe un silenzio lungo 11 anni

E’ disponibile in pre-order “Tutto”, il ventesimo album di inediti di Eugenio Finardi, che all’età di 9 anni ha inciso il primo vinile per l’etichetta Angelicum. Si tratta di un EP rarissimo dal titolo “Palloncino rosso fuoco” ricercatissimo dallo zoccolo duro del cantautore di “Extraterrestre” e “Musica ribelle”. Venerdì 16 maggio al Teatro Astoria di Fiorano Modenese, in provincia di Modena, si terrà la data zero del tour “Tutto 75/25”, un’anteprima dello spettacolo che il musicista milanese sta provando in questi giorni con il fido Giovanni Maggiore in arte Giuvazza e che festeggerà i 50 anni dalla pubblicazione del primo album.

Un disco nuovo con 11 canzoni tra cui “La mano di uno che sa”, dove Finardi cita Fabrizio De Andrè e canta “E’ una notte di metà agosto e ho visto Nina volare sopra il cielo di Genova, ma tutti guardavano il mare. Stanotte cadono le stelle, lo ha detto il telegiornale, ma non riuscirò a vederle tra le luci della tangenziale”. Lo incontro durante la tappa genovese di un altro progetto ambizioso e molto interessante dal titolo “Voce umana”, un mosaico teatrale composto da fotogrammi (monologhi e canzoni) che sviluppano racconti e riflessioni ispirati dalla lunga vita artistica e umana.

Benvenuto a Genova, anzi bentornato perché tu Genova la conosci in lungo e in largo, anche se noi l’ultima volta ci siamo visti a Teramo per il concerto di Filippo Graziani in occasione della finale del “Pigro”, il contest dedicato a Ivan Graziani. E’ passato pochissimo tempo. Tu ci hai sorpreso alla grande con “Il prete di Anghiari”, io ero lì sotto al palco e vedevo questo gigante della nostra musica che cantava la meravigliosa canzone di Ivan.

“Signori attenzione c’è il prete di Anghiari” (canta)

Come mai hai scelto questa canzone che non è tra le più conosciute?

Perché Filippo mi aveva chiesto di cantare “Agnese dolce Agnese” che ha un sacco di cambio di tonalità ed io onestamente non amo molto le canzoni d’amore come si evince anche dal mio spettacolo. Ascoltando l’album di “Agnese”, subito dopo lasciando scorrere il disco c’è appunto “Il prete di Anghiari” e mi ha colpito subito l’ atmosfera, ci sono questi suoni modernissimi, gli inneschi di chitarra perché Ivan era un chitarrista straordinario e ha questo testo misterioso che era un po’ la cifra di Ivan, quest’Italia arcaica ma elettrica, molto bello.

Invece stasera vedremo e ascolteremo “Voce umana”, questo nuovo spettacolo teatrale e canterai anche “La battaglia”, un brano dal nuovo album “Tutto” dove citi Macondo che oltre ad essere la cittadina immaginaria del romanzo “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez, è una canzone del tuo fratellone Alberto Camerini che raccontava la storia del Macondo milanese, quel locale magico. Che ricordi hai di quella Milano?

Lo racconto nello spettacolo. Era una Milano in cui era facilissimo fare incontri straordinari, fai conto che Gaber, Jannacci e Dario Fo li ho conosciuti tutti al Macondo e lo avevamo dipinto tutto noi, io e Mario Camerini lo avevamo affrescato come un cielo stellato e quando entrò Jannacci disse: AZZ! è come la Cappella Sistina prima del Michelangelo. Io sono rimasto un po’ così, poi anni dopo ho saputo anni che prima di dipingere la Cappella Sistina, appunto era un cielo dipinto di stelle.

Durante lo spettacolo teatrale parli di Lucio Battisti. Che personaggio era?

Come hai sentito nelle prove, andavo spesso a trovarlo al Dosso in Brianza, con lo scooter carico di vinili comprati in America per farli ascoltare a Lucio che era una persona normale, io non sono mai stato colpito o inibito da quasi nessuno e quindi lo trattavo molto normalmente, sai tra musicisti ad un certo punto si parla di musica , ci si concentra sulla musica. Erano dischi originali, che in Italia arrivavano in ritardo perchè in Italia li traducevano, nei mitici anni sessanta erano tutte cover perchè c’era un inghippo nella S.I.A.E. che se tu traducevi il testo di una canzone poi tutte le royalties che questa canzone avrebbe guadagnato in Italia, anche nella versione originale, venivano poi pagate in parte anche a te. Era tutta un’altra storia.

Finalmente esce un disco nuovo che è il modo migliore per festeggiare 50 anni di carriera dal primo album “Non gettate alcun oggetto dai finestrini”. Dopo “Voce umana” comincerai un Tour di promozione?

In realtà sono 52 tenendo conto del primo singolo “Spacey stacey” inciso per la Numero Uno di Lucio Battisti.

Beh io ho trovato anche il tuo primissimo singolo “Palloncino rosso fuoco” di quando eri un bambino, però come dicevo prima questo nuovo album che esce anche in vinile è po’ un pretesto per celebrare i tuoi 50 anni di musica da professionista iniziati con il primo album della Cramps prodotto da Massimo Villa e Alberto Camerini. Ogni volta che ascolto “Se solo avessi” con Lucio Fabio al violino, Camerini alla chitarra, Calloni alla batteria affiora davvero un’energia pazzesca. Eravate dei ventenni scatenati e c’era anche Franco Battiato ai synths con uno pseudonimo strano, che però incideva per la Bla Bla.

Le tracce che usiamo nello spettacolo sono proprio le tracce originali che abbiamo ritrovato e Giuvazza ha creato questo in modo che io possa cantare con la voce di oggi sulla base di allora. Ovviamente ad inizio carriera l’energia era davvero tanta, il primo album non aveva neanche un singolo particolare perchè la Cramps non ragionava a singoli, la Cramps aveva altri obiettivi, non era una casa discografica normale, noi avevamo totale libertà, se pensi che “Sugo” si apre con “Musica ribelle”, il secondo pezzo è “La radio” e il terzo pezzo è uno strumentale. Nel disco di un cantautore, un pezzo strumentale! Non seguivamo logiche del mercato, la stagionalità di Sanremo, il disco per l’estate, il disco per Natale, eravamo totalmente liberi.

Dopo i primi 5 dischi con la Cramps è arrivato l’album di “Trappole” che ti ha proiettato in un altro decennio, forse un po’ più confuso, un po’ più complicato.

Sì, gli anni 80 per me sono Stati un decennio abbastanza pesante, ho avuto anche storie personali, nell’82 ho avuto una figlia con la sindrome di Down e quindi la mia primogenita. Infatti poi nasce “Dal blu” che è un disco molto introspettivo, intimista, anche malinconico se vogliamo.

A proposito di padre e figli, nel nuovo album canti: “Quando vedo un genitore e un figlio, vedo due persone che hanno attraversato una lunghissima battaglia…il desiderio del padre di insegnare qualcosa e quello del figlio di imparare, ma anche di staccarsi, anche di andarsene”. Si chiama “La battaglia”, lo hai cantato per la prima volta nella trasmissione di Enrico Ruggeri. Sarà il singolo?

No, però siccome il soggetto della trasmissione di Ruggeri trattava l’argomento genitori e figli, ho scelto “La battaglia” che è la risposta, il sequel di “Mio cucciolo d’uomo” che diceva “Quando sarai grande spero di insegnarti a volare”.

Qual è l’album della tua carriera che ti rappresenta di più?

“Anima Blues”, la realizzazione di uno dei sogni della mia vita.

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