Battisti rivive col volto e il nome di Gianmarco Carroccia

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Gianmarco Caroccia con Mogol

Se esiste ancora una certezza nella musica italiana, si può definire con un nome e un cognome ben precisi: Lucio Battisti. Non si offendano tutti gli altri interpreti e compositori della nostra canzoni, ma le melodie di quello straordinario cantautore scomparso prematuramente nel 1998 restano qualcosa di magistrale che ancora adesso fa di Battisti un genio assoluto. Capace di emozionare 50 anni fa come nel 2024, ma al tempo stesso incredibilmente all’avanguardia all’epoca e altresì ultramoderna oggi: la musica di Lucio fa da strada maestra per chiunque voglia avvicinarsi alla sua stessa professione. La sua carta vincente sono la semplicità (si pensi alla facilità con cui si impara La canzone del sole suonando la chitarra) e l’immediatezza con cui arrivano quei ritornelli. Battisti ebbe l’intuito che la poesia d’amore potesse esistere ancora, ma attraverso le sette note.

Ci voleva coraggio per farlo nei tempi in cui se ne accorse lui, quando per arrogarsi il riconoscimento di cantautore bisognava fare solo canzoni di protesta contro il sistema politico e sociale, naturalmente assecondando puntualmente la classe operaia di sinistra. E questo è il motivo per cui Battisti, insieme a Baglioni, rifiutando di mischiare la politica con le emozioni, venne accusato di essere fascista. Tabù per qualcuno ancora da sfatare e persino ridicolo, ma sappiamo come funziona quando non si partecipa alle feste dell’Unità. La verità è che a Battisti la musica non servì a trascinare campagne elettorali di sindaci o a diventare la colonna sonora di una singola manifestazione in piazza: gli fu utile per diventare immortale. Un’autentica icona identitaria della cultura italiana che, con Mogol prima e con Pasquale Panella dopo, ha sfornato i brani più cantabili di sempre. Si prenda un suo qualunque Lp: si avrà sempre la sensazione di avere a che fare con un Best of, tanto sono diventate famose tutte le tracce di quel disco. Per anni è stato difficile abituarsi a interpretazioni delle sue melodie con altre voci: Battisti è inimitabile, si diceva. Lo è ancora, ma finalmente da qualche tempo c’è chi sa cantare quelle canzoni con medesima energia e identico trasporto emotivo. Si chiama Gianmarco Carroccia: riempie i teatri (come ha fatto lo scorso 3 novembre al Lirico di Milano) con uno show musicale insieme a Mogol, con lui sul palcoscenico a raccontare i brani scritti per Lucio. Tutto supportato da una straordinaria orchestra e da una voce eccezionale di Carroccia, che non cambia una nota ai brani e ricorda davvero il grande Lucio. Nel 2025, dopo le date di Palermo e Catania a fine novembre, è atteso da piazze come Roma, Torino, Spoleto, Bari, Taranto, Lecce, Genova e tante altre.

Gianmarco, cosa rappresenta per te Lucio Battisti?

È la mia infanzia. Passavo interi pomeriggi ad ascoltare i suoi dischi insieme a quelli di altri cantautori italiani. È qualcosa di bello e genuino, dove ogni ascoltatore può ritrovarsi nei piccoli gesti quotidiani, anche grazie alla penna di Mogol che ha saputo leggere benissimo nella musica di Battisti e sfornare quei testi che tutti conosciamo. Un’alchimia fortissima che ha consentito a quelle canzoni di arrivare fino ad oggi.

Tu sei del 1988, quindi fai parte di una generazione che non ha fatto in tempo a vedere Battisti cantare in televisione perché si era già ritirato dalle scene.

È una musica senza tempo la sua. Ci è stata trasmessa dai nostri genitori e noi siamo stati bravi a recepirli positivamente.

Con quale brano hai capito che Battisti oltre che emozionante è all’avanguardia?

Pensieri e parole: nessuno è riuscito più a concepire una canzone simile, con due melodie e due testi che si vanno a incrociare. Rivoluzionaria all’epoca, ma direi anche oggi. E poi Anima Latina, di una bellezza unica e sperimentale, con continui cambiamenti.

Come nasce la tua alchimia con Mogol?

Ho frequentato la sua scuola nel 2010: lo vedevo sporadicamente a lezione. Nel 2014 lo invitai a un mio concerto a Sperlonga e gli chiesi di raccontare con un percorso genealogico alcuni brani. Iniziammo lentamente a collaborare, poi il successo consentì di trasformare il lavoro. La gente è sempre più numerosa nei concerti e questo non può che farci felici.

La tua voce assomiglia tantissimo a quella di Battisti, non ti spaventa questa responsabilità?

No, vivo tutto con estrema naturalezza. Anche perché è una cosa voluta, le cose casuali non possono spaventare. Voglio piuttosto trasmettere emozioni a chi mi ascolta, insieme alla bellezza di questi brani che conosciamo tutti. Mi metto prima dalla parte dell’ascoltatore e poi del compositore, cantando nel massimo rispetto della storia.

La qualità più grande di Lucio?

Pur essendo stato schivo e riservato, come lo sono io, era il più popolare di tutti.

Quali sono le canzoni che, nell’immensità del repertorio di Battisti, ti dispiace lasciare fuori dalla scaletta del tuo spettacolo?

Ancora tu, Sì viaggiare, Perché no, Una giornata uggiosa. E tante tante altre. Per motivi di tempistiche e di scaletta non possono rientrare: non basterebbero tre concerti per farle tutte.

Qualcuno lo accusava di essere fascista.

È pazzesco. Credo che l’arte debba essere indipendente da qualsiasi colore politico: l’arte appartiene a tutti. Mogol mi ha detto chiaramente che Battisti era forse l’unica persona a cui non interessava parlare di politica, in un mondo in cui si ama etichettare a tutti i costi chiunque da una parte o dall’altra.

Com’è lavorare con Mogol?

Adoro la sua umiltà: si mette in discussione continuamente, mi ha insegnato la disciplina nel lavoro, con onestà e professionalità.

Essere ancora così legati alle canzoni di Battisti conferma più la genialità di Lucio o testimonia la povertà della musica di oggi?

Penso entrambe le cose. Battisti ebbe il coraggio di sparire dalle scene presto, creando maggiore interesse nei suoi confronti, insieme alla sua arte impareggiabile. Oggi viviamo un periodo storico più sterile a livello artistico: tanti contenuti, ma pochi rimarranno. Gli artisti vivono oggi un successo di poche settimane, senza poter maturare perché oggi va tutto molto velocemente.

Tu canti con la tua voce che, appunto, somiglia molto a quella di Lucio, ma ormai si potrebbe fare cantare qualunque brano a Battisti con l’intelligenza artificiale.

È una cosa che mi spaventa un po’: ne ho sentito parlare, si può scrivere in pochi secondi. Spero che si faccia buon uso dell’AI, senza esasperarla. Mi piace che ci si possa identificare e fare riconoscere con una voce vera, non con un computer.

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