Il cibo è giustizia ma anche ingiustizia

0

Il cibo è condivisione perché “Noi uomini non ci nutriamo l’un l’altro semplicemente per mangiare e bere, ma per mangiare e bere insieme” (Plutarco, Dispute conviviali). Il cibo è arte e cultura: “Detesto l’uomo che inghiotte il cibo senza sapere che cosa mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti” (C. Lamb, 1775-1834). Il cibo è giustizia ma anche ingiustizia. Dal cibo dipende la pace nel mondo e la spaccatura della società in ricchi e poveri, in ingordi e in affamati. Processi e rivolte causa fame, ma anche fake news, hanno segnato la storia perché “L’uomo è ciò che mangia”, e quindi è lo specchio della sua condizione. Nella Napoli del 1600, devastata dal malgoverno dei viceré e dalla mancanza di cibo, veniva finanziata dai nobili, nell’antico Largo di Palazzo oggi Piazza del Plebiscito, la costruzione dell’albero della cuccagna. Si trattava di una maestosa torre, alta anche venti metri, con all’interno e all’esterno beni di ogni genere: dai gioielli al bestiame ancora vivo, formaggi e salumi, maiali e anatre, sacchi di farina e persino i dolci dei banchetti reali.

Il giorno della festa dell’Albero della Cuccagna i nobili assistevano divertiti, dal balcone del Palazzo Reale, allo spettacolo della folla che provava in ogni modo a parteciparvi, tra urla, coltelli e pianti disperati. Spesso, a causa del peso eccessivo, la torre della cuccagna crollava su sé stessa, uccidendo decine di persone sotto le travi di legno marcio. Lo racconta inorridito il Marchese De Sade, nelle memorie del suo viaggio a Napoli. Questi terribili spettacoli di gente affamata continuarono fino a quando Francesco I di Borbone non ne ordinò la fine, disgustato per tradizioni così violente e macabre. “Se non hanno più pane, che mangino brioche” è la frase che i detrattori di Maria Antonietta d’Asburgo Lorena le hanno attribuito per delegittimarla agli occhi del popolo. Frase che la regina avrebbe pronunciato riferendosi al popolo affamato, durante una rivolta per la mancanza di pane. Durante il processo, uno dei tre capi di imputazione di Maria Antonietta fu quello di “aver dissipato il tesoro nazionale”, mentre il popolo moriva di fame. È curioso che nel VI capitolo delle Confessioni, Jean-Jacques Rousseau racconta un aneddoto: nel 1741 (Maria Antonietta nacque nel 1755) una grande principessa a cui avevano detto che i contadini non avevano pane rispose: “che mangino brioche”. Ai tempi di Maria Antonietta era molto in voga leggere Rousseau. La stessa regina si ritirò al Petit Trianon con una ristretta cerchia di amici, preferendo una vita più spensierata e bucolica, di ispirazione rousseauniana. In tempi ancora più remoti, anche un imperatore cinese avrebbe detto, di fronte alle sofferenze del popolo per la mancanza di riso, “Perché non mangiano carne?”