“Essere mamma la cosa più bella del mondo”. Il dolce grido della Mennuni

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“Mia madre mi diceva sempre: qualsiasi aspirazione tu abbia – e io volevo fare politica a 12 anni -, ti devi ricordare che hai l’opportunità di fare quel che vuoi ma non devi mai dimenticare che la tua prima aspirazione deve essere quella di essere mamma a tua volta. Allora, secondo me, questa è una cosa che anche le donne della mia generazione di 46-47 anni deve ricordare alle nostre figlie”. Le parole della senatrice Lavinia Mennuni, FDI, intervenuta su La7, nonostante la loro cristallina condivisibilità hanno scatenato una valanga di polemiche e attacchi da parte del fronte femminista e wokeista sui social. CulturaIdentità ha intervistato la determinata senatrice, recentemente promotrice anche di un DDL per tutelare il presepe.

Senatrice, cosa ci sarebbe di tanto orribile nel dire che è bello e giusto diventare madre?

La senatrice Lavinia Mennuni (FDI)

Ovviamente nulla. Faccio fatica a comprendere la levata di scudi che certo mondo vetero femminista ha attivato immediatamente nei mie confronti. Evidentemente il pensiero unico non tollera un pensiero dissonante. Credo di aver semplicemente richiamato un verità inconfutabile. Per una donna essere madre è una bellissima missione, un completamento della propria natura, senza che questo debba impedire le legittime aspirazioni professionali che ogni donna deve poter coltivare. Ma essere mamma è certamente la cosa più bella del mondo! E questo dobbiamo dirlo con forza, farlo comprendere alle ragazze di oggi che devono e possono coltivare il sogno di divenire le mamme di domani.

Come padre di una bambina, aggiungerei che la cosa vale anche per i maschi. E anche che mi sento perfettamente in diritto di giudicare il me stesso di prima della nascita di mia figlia come una persona meno completa e meno adulta di quanto lo sia adesso. Esagero?

Assolutamente no. La paternità è altrettanto importante e fondamentale per la vita di un uomo e per lo sviluppo e la crescita dei figli. È un immenso arricchimento che completa la figura materna e fornisce quel necessario equilibrio, indirizzo e se serve autorità che sono fondamentali nella vita e nella formazione di un bimbo. E non è bellissimo un papà che si occupa dei propri figli?

Mi permetta di sparare più alto. Seguendo la teoria del «gene egoista» di Richard Dawkins se l’individuo non è altro che uno strumento che il DNA utilizza per replicarsi, colui che non vuole riprodursi sta in qualche modo venendo meno alla sua funzione… In altre parole, che sia la Bibbia o la genetica a dire «crescete e moltiplicatevi», l’imperativo è il medesimo…

Non vi è dubbio che una delle nostre funzioni primarie su questa terra sia quella della procreazione. Siamo progettati per questo. La differenza profonda che va rimarcata da certe teorie scientifiche è che un bambino nasce da due esseri umani, uomo e donna, per un atto di amore. E l’amore di un genitore verso i propri figli è il sentimento più forte e profondo che possa esistere e che li legherà per sempre. Una magia che inizia al primo vagito del bambino che riconosce il profumo della mamma e che ricambierà questo sentimento profondo con i propri genitori in ogni età della sua esistenza.

Tutte le statistiche indicano per l’Italia un futuro demograficamente fosco. Arrestare e invertire la tendenza rendendo di nuovo la maternità centrale nella nostra società è praticabile?

Deve essere praticabile, perché assolutamente necessario. L’Italia è oggi fanalino di coda nel mondo occidentale come numero di nati. Dobbiamo fare ogni sforzo per invertite l’inverno demografico e fornire ogni sostegno, economico e sociale, ai giovani che intendono formare una famiglia e arricchirla mettendo al mondo dei figli.

Quali sono i nemici di questa strategia?

Una visione miope ed edonistica della società probabilmente avvalorata da precise strategie commerciali. Per le quali i single sono i perfetti consumatori. Single senza una famiglia, apolidi, senza radici , spostati come birilli da una città o da una nazione all’altra, presi totalmente dalla carriera o dal dio denaro, senza poter coltivare l’ambizione di fare una famiglia o di avere dei figli. Un modello sbagliato, che purtroppo viene enfatizzato. La battaglia per la maternità e per la famiglia deve necessariamente spostarsi sul piano culturale oltre che su quello economico e sociale.

Che altre mosse lei auspica per combattere l’inverno demografico?

Dobbiamo importare gli esempi positivi che ci vengono da altre nazioni europee come Francia e Ungheria che da tempo hanno capito che bisogna favorire in ogni modo la natalità. Misure di sostegno economico ma anche interventi sociali profondi.

Oggi su X ha citato Orwell. La società che il fronte liberal vorrebbe costruirci non somiglia sempre più a un «1984» con un buon ufficio marketing? Penso per esempio alla «città dei 15 minuti» che dopo Milano, anche Roma sta implementando.

C’è questo pericolo. Che si perdano di vista le reali priorità di una nazione e dei suoi cittadini. Oggi la classe media è in severa difficoltà, difficile difficilissimo per una coppia giovane avere un lavoro stabile, acquistare una casa, decidere di mettere su famiglia. Eppure il mainstream continua ad indicare altre priorità realmente lontane dalle esigenze primarie dei cittadini. Ritengo che si debba rimettere l’uomo al centro dell’azione politica. Sicuramente è anche necessario adottare politiche economiche forti, incisive e rapide a sostegno della natalità ma il tema culturale, riscoprire quanto sia attraente è meraviglioso avere un figlio, oggi penso sia fondamentale.

Lei ha recentemente proposto un disegno di legge per impedire la cancel culture del presepe. Noi di «CulturaIdentità», dandone notizia, abbiamo salutato questo DDL come il primo vero e serio contrattacco in Italia nell’ambito della «guerra culturale» che il wokeismo ha dichiarato alla nostra civiltà. Se passasse, per il duplice significato simbolico, di esaltazione della tenerezza della maternità, e culturale (sia per i credenti che per gli atei), lo possiamo considerare un vero uno-due contro l’ideologia woke?

È in atto da tempo nel mondo occidentale una precisa strategia culturale e politica finalizzata a recidere le nostre tradizioni, a rimodellare la nostra cultura, a cancellare i nostri usi e costumi. Al contrario ritengo che solo avendo un identità forte si possa affrontare le mille sfide che questa difficile contingenza temporale ci pone di fronte.

Fra gli attacchi che le sono arrivati, senza troppa fantasia, la parola più ricorrente era «medioevo». Cosa si sente di rispondere loro?

Suggerirei di studiare meglio la storia di quell’epoca. Molti ricercatori e studiosi danno una interpretazione del medioevo tutt’altro che negativa. La realtà è che chi utilizza questo termine non ha molti argomenti per controbattere le idee e le affermazioni altrui. Sicuramente poi, vorrei conservare le nostre tradizioni con l’obiettivo di camminare decisi nel presente, progettando il futuro.

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