La Cleopatra di Netflix che fa arrabbiare gli egiziani

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Dalla pelle chiara e delicata come un petalo di rosa, gli occhi azzurri come un lago profondo”: è questa la descrizione che il danese Christian Andersen aveva fatto della sua Sirenetta, recentemente interpretata nell’ultimo live-action Disney da Halle Bailey, attrice afroamericana e dalla pelle di certo non chiara. Già lo scorso anno, a proposito, un mare di proteste si era levato contestando la scelta della casa di produzione, ritenuta poco fedele all’originale.

Tuttavia, se quella de “La Sirenetta” rimane una fiaba, e la scelta di servirsi di un’attrice dalla pelle nera per il ruolo di protagonista (per quanto ideologicamente orientata) rimane un’operazione legittima, quanto fatto da Netflix con la nuova docuserie “Queen Cleopatra” lascia invece negativamente sbalorditi e disorientati.

Va innanzitutto precisato che ogni ragionamento che qui verrà esposto si basa esclusivamente sul trailer rilasciato, ma già da queste immagini parrebbe chiaro che gli errori storici siano molteplici e, soprattutto, gravi.

Iniziamo da Cleopatra, il personaggio che più di tutti ha suscitato l’indignazione generale di utenti e social. Rappresentare Cleopatra come una regina dalla pelle nera è di certo una grande gaffe storica: per quanto Cleopatra fosse sovrana d’ Egitto, la sua casata era quella dei Tolomei. I Tolomei (o Lagidi) erano un’antica famiglia macedone di nobile stirpe. Tolomeo I, vero fondatore della casata, generale ed intimo di Alessandro Magno, fu un personaggio di tale spessore che, alla morte nel 323 a.C. del sovrano macedone, durante le lotte fra i “diadochi” (letteralmente “i successori”), ovvero i generali di Alessandro Magno, per la spartizione dell’impero, Tolomeo riuscì a ritagliarsi per sé il dominio sull’Egitto. Tolomeo XII, membro di questa dinastia, greca e non egizia, era il padre di Cleopatra. C’è chi ha però sostenuto che ciò non basti a definire il colore della pelle di Cleopatra, dal momento che poco si conosce sulla madre della regina. Effettivamente poco sappiamo sulla madre di Cleopatra: Tolomeo si sposò con Cleopatra VI Trifèna (forse sua sorella o sorellastra), ma di lei non abbiamo più menzioni proprio a partire dalla data di nascita di Cleopatra. C’è chi ha invece sostenuto che la madre di Cleopatra provenisse da una nobile stirpe di origine egizia (ma comunque già legata tramite altri matrimoni alla dinastia macedone), anche se questa ipotesi non ha convinto molto. L’idea, poi, che Cleopatra fosse figlia di una schiava o concubina egizia di suo padre Tolomeo è assolutamente da scartare, anche perché, se così fosse, Cleopatra sarebbe stata una figlia illegittima, e le fonti storiografiche romane coeve avrebbero di certo fatto leva su questo dato. Ma nulla di tutto ciò ci è riportato dagli antichi. Insomma, Cleopatra non doveva certamente avere una pelle nera come quella dell’attrice che la produttrice Jada Pinkett, moglie di Will Smith, e la regista, Tina Gharavi, hanno scelto per il ruolo.

Ma le imprecisioni non finiscono qui. Prima di tutto, Cesare, che nella docuserie è rappresentato quasi biondino, coi capelli corti e gli occhi chiari. Altro clamoroso errore storico. Stando a quanto possiamo ricostruire, da fonti iconografiche e storiografiche, Cesare doveva avere occhi scuri e, per quanto riguarda i capelli, sappiamo soffrisse di calvizie (che cercava di mascherare). Tra l’altro, un recente studio ha sostenuto la tesi che, forse, la sua testa fosse anche deformata a causa di complicazioni durante il parto.

Terzo errore: Marco Antonio. Ancora oggi nella nostra lingua utilizziamo l’espressione “essere un marcantonio” per indicare una persona robusta e prestante, non di certo l’esile personaggio della serie. In aggiunta, Marco Antonio la barba non la portava certamente, come nessun politico o generale romano di età tardo-repubblicana o alto-imperiale. La rasatura, simbolo molto probabilmente di cura del corpo, autorità e disciplina (specie fra i soldati), era una pratica molto diffusa a Roma, mentre la barba risulta un elemento estetico legato più al mondo greco.

Ovviamente, in tutti questi casi non sarebbe lecito chiamare in causa a giustificazione degli scivoloni sopracitati la “libertà artistica” nella reinterpretazione delle vicende rappresentate, dal momento che di storia si tratta e che, di conseguenza, una docuserie dovrebbe avere come proprio obiettivo quello di raccontare, per quanto in maniera avvincente, una verità storica.

Decisioni mirate per creare polemica e far parlare della serie prima ancora della sua uscita, semplice ignoranza e pressapochismo nella ricerca storica (e quindi spia della scarsa capacità critica dei nostri tempi), o scelta che proprio perché ideologicamente orientata per strizzare l’occhio ad una sinistra arcobaleno si ritorcerà contro alla serie stessa? Noi non lo sappiamo, ma ci limitiamo a constatare che dall’Egitto un avvocato fiero della propria identità nazionale ha deciso di intentare una causa contro la stessa Netflix perché non poche sono state le voci a considerare offensiva questa rappresentazione dell’ultima regina tolemaica.

E ancora, i nostri lettori ci permetteranno altri due simpatici appunti, volti solo a stuzzicare le menti di chi, davanti a fatti come questi, reso cieco da una malsana ideologia, è spinto non solo a giustificarli, ma anche ad additare come razziste le voci di chi si permettesse di notare la follia di queste rappresentazioni televisive.

Primo: il bellissimo nome “Cleopatra” nella lingua greca ha il significato etimologico di “gloria patria”, un sintagma che di certo sarebbe poco gradito al mondo fucsia nostrano.

In secondo luogo, nell’Egitto tolemaico vigeva una forte, fortissima, separazione etnica tra egiziani (indigeni), ebrei e greco-macedoni-alessandrini, caratterizzati da costumi e leggi differenziate. Un dato che forse farebbe rivoltare contro il suo stesso Egitto gli stessi ipotetici sostenitori di una Cleopatra nera.

Ovviamente queste osservazioni, per quanto storicamente vere, non sono che pura ironia. Dati che manderebbero su tutte le furie solo chi, intriso di ideologia, cercherebbe nella Storia non le risposte ai perché dell’oggi, ma solo soggetti da processare secondo i criteri morali contemporanei.

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3 Commenti

  1. hanno perfettamente ragione, e’ ora di finirla con questa idiozia del policall correct, e loro hanno iniziato avanti cosi’

  2. Basta con il nero per forza. Ora ogni pubblicità c’è una mulatta dai capelli ricci. Cos’è, una provocazione? Io tanto boicotto i loro prodotti. Persino in L’Erdità, in Rai gioco preserale hanno cacciato tutte le bianche ed inserito una di colore. Non ce la fanno proprio. Io sono nato con la bambolina nera con i grossi orecchini a cerchioni, non mi facevo problemi, oggi che sembra quasi una invasione fatta apposta, no, dico non mi piace più.

  3. Mi sembra che alla stessa epoca c’erano almeno due regni in Africa subsahariana, che hanno prodotto magnifiche opere d’arte: il regno di Kush nell’odierno Sudan e il regno di Axum nell’odierna Etiopia.
    Perché gli americani non hanno scelto di produrre un film su una regina di questi regni? Non sono abbastanza interessanti per il pubblico americano?
    Con questa ennesima falsificazione della storia, gli americani non hanno glorificato le popolazioni subsahariane e i loro discendenti, hanno solo mostrato il loro disprezzo totale per le vere culture subsahariane.

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